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Anno I, n° 3 - Novembre 2007
Il nuovo trattato dell’Ue nato al vertice di Lisbona
di Mariangela Monaco
Il negoziato portoghese ha riavviato, dopo una forte crisi, il processo
d’integrazione. Differenze e affinità con il precedente progetto fallito
Il 18-19 ottobre si è tenuto a Lisbona il vertice europeo da cui è scaturito l’accordo per il nuovo Trattato dell’Unione Europea, che ha chiuso una lunga fase di negoziazione dei 27 membri e che sarà firmato a Lisbona il prossimo dicembre. Accantonato il progetto di Costituzione europea, bocciato dai no referendari di Francia e Olanda, e anche dalla perplessità della Gran Bretagna, e che aveva gettato l’Ue in un periodo di crisi (tra l’altro, appena dopo le spaccature sulla guerra irachena), l’Europa sembra voltare pagina.
La trattativa si è conclusa fino a tarda notte, e il suo successo è rimasto appeso ad un filo fino all’ultimo, in particolare per le pretese della Polonia.
Rispetto al progetto costituzionale – per quanto, giuridicamente parlando, fosse improprio parlare di Costituzione – ci sono stati diversi cambiamenti, spesso, naturalmente, al ribasso, anche se comunque, come ha notato Antonio Villafranca, molti contenuti scaturiscono dal lavoro della Convenzione, che quindi non è andato perduto. Ciò che conta è che comunque l’Europa dovrebbe essere uscita da quell’empasse in cui era precipitata, anche se, come vedremo, rimangono nodi da risolvere. È in ciò che si possono ben comprendere le parole e i visi soddisfatti dei leader europei per l’esito del negoziato, a cominciare dal Presidente di turno dell’Ue, il portoghese Josè Sòcrates, oltre che di coloro che, come Lech Kaczynski, hanno certamente ottenuto un successo.
Innovazioni generali e differenze rispetto al progetto costituzionale
Come accennavamo, ci sono stati alcuni cambiamenti: vediamo i più importanti. Intanto, il Trattato di Lisbona non sostituisce in toto i vecchi trattati, ma si limita a modificarli. Queste modifiche riguardano il Trattato dell’Unione Europea (l’originario, firmato a Maastricht nel 1992), che mantiene il suo nome, e il Trattato che istituisce la Comunità europea (ovvero, il Trattato di Roma del 1957) che diventa Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Poi mancano quei riferimento agli elementi di forte significato simbolico quali la bandiera, l’inno e il motto.
Il Presidente dell’Ue, che la rappresenterà all’esterno, avrà un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta: si pone così fine alla procedura di rotazione semestrale, e la nuova figura entrerà in carica nel giugno del 2008.
Non c’è più il ministro degli Esteri, ma un Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e
Importante novità anche nella Commissione, dove, a partire dal novembre del 2014, non siederà più un rappresentante per paese membro ma un numero di commissari pari a due terzi degli stati membri.
Per quanto concerne il Parlamento europeo, esso sarà composto da 750 membri (e non 736, come prevedeva invece il progetto costituzionale): l’Italia è riuscita ad ottenere 73 seggi, recuperando così la parità con
Inoltre, l’assemblea europea vedrà un aumento dei suoi poteri, grazie ad un ampliamento delle materie oggetto di codecisione e alle disposizioni sulle cooperazioni rafforzate (attivabili da un minimo di 9 stati membri). Nuove norme anche sul ruolo dei parlamenti nazionali nel controllare l’applicazione del principio di sussidiarietà.
Una delle modifiche più importanti è senza dubbio quella del meccanismo di voto per maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Abbandonati i farraginosi parametri di Nizza, a Lisbona si è deciso di prendere in considerazione il numero dei paesi membri (55%) e la popolazione europea (65%): peccato che questa procedura entrerà in vigore solo a partire dal 2014 (e non del 2009, come prevedeva il progetto costituzionale) e che fino al 2017 un paese potrà richiedere la verifica della maggioranza secondo le regole di Nizza. Tale proroga è una concessione fatta alla Polonia, che si è opposta con fermezza al nuovo meccanismo, e praticamente è una riedizione della cosiddetta “clausola di Ionnina” (dal nome della città greca in cui venne definita: prevede che un gruppo di paesi possa congelare per alcuni mesi una decisione del Consiglio presa a maggioranza), che però acquista lo status di legislazione primaria dato che è stata inserita in un protocollo.
Un punto di partenza
Il nuovo trattato sicuramente dà una nuova linfa al processo di integrazione e contiene importanti innovazioni. Ma ancora molti nodi restano da sciogliere: in particolare, nella Pesc/Pesd (Politica estera e di sicurezza comune e Politica europea di sicurezza e di difesa), dove l’ormai “obsoleta” – in relazione alla velocità decisionale imposta dalla globalizzazione – regola dell’unanimità, causa di un’incapacità quasi totale dell’Ue di gestire la propria politica estera, dovrebbe essere superata e sostituita con la maggioranza qualificata. Del resto, più in generale, gli allargamenti futuri che vi saranno (al momento, Croazia, Macedonia e Turchia hanno lo status di paesi candidati) rischiano di riaprire ancora una volta la questione dell’efficienza della macchina comunitaria.
Luigi Grisolia
PER APPROFONDIRE:
- Antonio Villafranca, Il Trattato di Lisbona: fine di una crisi?, Ispi Policy Brief n. 63;
- Gianfranco Baldini (a cura di), Quale Europa? L’Unione Europea oltre la crisi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005;
- Franco Bassanini, Giulia Tiberi (a cura di),
Per i testi dei trattati e dei protocolli annessi, clicca qui.
Nell'immagine: il Presidente di turno dell'Ue Josè Sòcrates.
(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 3, novembre 2007)