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Anno IV, n. 39, novembre 2010
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno IV, n. 39, novembre 2010

Zoom immagine Luci ed ombre
di un viaggio
senza ritorno

di Agata Garofalo
Inedition editrice pubblica
l’emozionante autobiografia
di una giovane giornalista


Studiare i segreti del linguaggio, imparare a scrivere di arte, eventi ed attualità e sentire un giorno il bisogno di parlare di sé stessi, di scoprirsi e raccontarsi attraverso un fiume incontenibile d’inchiostro. Perché, prima o poi, arriva il momento di guardarsi allo specchio, ed in quello specchio si riflette magicamente tutto il nostro passato, visto però da una prospettiva nuova, diversa, più consapevole. È quello è successo a Katia Manenti, giovane giornalista siciliana autrice di Bagliori di luna. Taccuino intimo di un percorso incompiuto (Inedition editrice, pp. 66, € 12,00). A soli trentasei anni Katia ha sentito il bisogno di raccontarsi, cosciente di aver vissuto una vita semplice ma piena e di avere gli strumenti per narrarla: «il rischio è quello di annoiare, – come dichiara lei stessa – ma non tentare neanche sarebbe se non altro vile».

 

Una vita dedicata alla comunicazione

Manenti comincia la sua carriera nel mondo del giornalismo dopo un’iniziale parentesi come assistente di volo. Si dedica da allora all’informazione ed alla promozione di eventi, attività che considera accomunate poiché, anche se con diversi strumenti e finalità, ruotano entrambe intorno ad un unico fulcro: la comunicazione. Il suo impegno si manifesta in diversi settori di competenza: s’interessa, ad esempio, di semiotica e di stampa, arte e televisione, cultura ed istituzioni. Attualmente dirige l’ufficio stampa per un centro sanitario e collabora con riviste e web magazines.

Sfogliando tra le pagine della vita dell’autrice si scoprono gli episodi più significativi delle sue esperienze di studio e di lavoro, e su ognuna di esse l’autrice si sofferma spiegando gli insegnamenti che ne ha tratto a livello umano oltre che professionale. Lo stesso accade con gli episodi di vita affettiva, come ad esempio il racconto di un tradimento subito: «da allora la mia fiducia nel genere umano è radicalmente mutata. Rimango sempre una sognatrice, ma meno disincantata, un po’ più scettica».

L’autrice ci rende infatti partecipi anche delle sue storie d’amore e d’amicizia e del rapporto coi genitori, fatto d’affetto ed incomprensioni taciute. Quest’ultimo è rivisto ed analizzato alla luce dell’esperienza personale di madre, che offre una nuova prospettiva nei confronti della vita e della figura genitoriale, spesso erroneamente idealizzata: «Genitori non si nasce. E io aggiungo che a volte non lo si diventa mai».

 

Giochi di luce e di memoria

Il titolo dell’opera rispecchia il suo andamento narrativo e ricorda la particolare maniera dell'autrice di concepire l’autobiografia come un gioco di riflessi di luce. Nel libro, infatti, si susseguono gli episodi come squarci di vita, sprazzi di un’esistenza che vediamo scorrere veloce sotto i nostri occhi e che ricorda l’inarrestabile avvicendarsi dei cicli lunari, manifestandosi come bagliori di luna nel cielo. Si spiega così il titolo di un’opera breve ma intensa, che narra il viaggio di una vita ancora tutta da scoprire. La viaggiatrice prende per mano il lettore guidandolo attraverso le tappe di un percorso incompiuto, come recita il sottotitolo, poiché ancora non giunto a destinazione bensì aperto a tutte le sorprese che riserva il futuro, il quale regalerà senz’altro anche nuovi punti di vista sul passato.

Il libro è il racconto disarmante delle emozioni di una vita e seguendo le sue vicende il lettore attento è consapevole che l’autrice sta mettendo ordine nella sua vita mentre le racconta. È eloquente, a questo proposito, il ricordo dei rapporti d’amicizia alle elementari: «le altre erano più altezzose, già femmine nel senso più sprezzante del termine. Io comunque stavo continuamente con i maschi. Ho sempre legato con loro, tutt’ora è così. Una volta fondammo due bande rivali, maschi contro femmine. Indovinate chi era il capo della banda dei maschi? Non ero violenta, ma avevo uno spirito ribelle e autonomista».

 

Una scelta precisa e coraggiosa: l’autobiografia

Il segreto del genere autobiografico sta nel suo potere di coinvolgere il lettore. Egli può facilmente trovare negli avvenimenti narrati situazioni ed emozioni che lo portano ad immedesimarsi nel protagonista ed a paragonare le sue vicende alle proprie. Rispecchiandosi in una storia semplice chiunque può immaginarsi un eroe. E quella di Manenti è la storia semplice di una donna eroica. Racchiudere la propria vita in cinquanta pagine è senz’altro operazione complessa e coraggiosa, pubblicarle lo è ancora di più.

Manenti non usa giri di parole o metafore, va dritta al punto. Il ritmo perciò è veloce e diretto, le vicende sono narrate quasi come aneddoti che si susseguono in uno stile lineare, spontaneo, immediato e scorrevole. Racconta come ad un diario, con tratti amichevoli e discorsivi. Il lettore che si confronta con le pagine di questo taccuino intimo si ritrova inevitabilmente faccia a faccia con la propria vita, secondo un meccanismo implacabile che innesca un gioco di specchi ed identificazioni. È la magia della scrittura, un incantesimo che, sapientemente congegnato, tocca le corde dell’empatia e stimola alla riflessione.

 

Agata Garofalo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 39, novembre 2010)

 

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