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Anno I, n° 3 - Novembre 2007
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Editoria varia (a cura di Anna Guglielmi) . Anno I, n° 3 - Novembre 2007

Zoom immagine Il “taccuino segreto” di un giornalista di Reggio
di Antonello Placanica
Gli ultimi sei decenni della storia reggina rivissuti sul filo della memoria
da Antonio La Tella, in un volume pubblicato da Città del Sole Edizioni


Sessant’anni di storia di Reggio Calabria tra ricordi, testimonianze, episodi inediti. Tutto questo è Taccuino segreto. Memorie di un giornalista tra cronaca e storia (Città del Sole Edizioni, collana Miliaria, pp. 270, € 15,00) di Antonio La Tella. È un testo che spazia, appunto, tra storia e cronaca, senza un rigoroso ordine cronologico per «il desiderio di dare spontaneità e freschezza alla rievocazione di cronache dimenticate», con uno stile spesso colloquiale, sebbene talvolta faccia capolino una comprensibile nota di autocelebrazione.

Giornalista reggino, ottantaquattro anni, La Tella ha collaborato a diversi quotidiani e periodici, è stato a lungo redattore de Il Tempo, infine direttore di una tv privata cittadina, Tvr e del settimanale I Giorni, che ne ha interrotto le pubblicazioni in coincidenza con alcune vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto negli anni Novanta. Arrestato nel 1992 per le accuse di estorsione e concussione a lui rivolte dall’allora dimissionario sindaco di Reggio, Agatino Licandro, nel 2005 è stato assolto con formula ampia per l’insussistenza del fatto.

 

L’enigma degli archivi della Prefettura

Il racconto parte dall’affidamento a La Tella dell’Ufficio stampa presso la Prefettura di Reggio da parte del Governo militare alleato nel gennaio 1944: «Chi cercasse una rappresentazione dei fatti fondata su ricerche sistematiche – spiega l’autore – farà bene a rivolgersi altrove; ma “un altrove” non esiste a causa dell’inadeguatezza degli strumenti disponibili. Biblioteche ed archivi dicono molto su quello che già si sa, ma quasi nulla su aspetti della vita pubblica dell’ultimo sessantennio rimasti sinora sconosciuti. Mi propongo di colmare una lacuna sui due memorabili anni dell’Amgot, rimossi dalla memoria collettiva, sui quali si è scritto poco o niente. Un racconto che raramente si discosta dall’inedito, a vantaggio di quanti vorranno dedicare tempo a pagine non irrilevanti di eventi locali, ma anche di storia italiana». Con un’avvertenza, per certi versi inquietante: «Chi tentasse di farlo prescindendo dalla mia esclusiva testimonianza incontrerebbe difficoltà insormontabili», perché negli archivi della Prefettura mancano le annate dal ’43 al ’45. «Un fatto inspiegabile per i funzionari dell’archivio, ma non per me – evidenzia La Tella –.Con il deposto regime era compromessa gran parte della città, interessata alla cancellazione della memoria. Per raggiungere lo scopo c’era un solo mezzo, la distruzione degli archivi».

Uno spazio della narrazione è riservato al dopo terremoto, uno dei momenti più fertili e speranzosi per il futuro della città, con il ricordo di personaggi che col loro comportamento positivo ed appassionato hanno dato un grande contributo alla collettività: «Pubblici amministratori che molto si preoccupavano del decoro pubblico», il cui lavoro è stato regolarmente contrastato da miseri interessi privati. «Il brutto piano regolatore di Reggio non è il risultato di un errore – scrive l’autore – bensì il frutto di un compromesso al ribasso. Lo staff dei progettisti si svegliava con un’idea in testa e chiudeva la giornata avendola dovuta cambiare una, due, dieci volte. I titolari di terreni edificabili conoscevano bene le porte alle quali bussare ed ottenevano sempre udienza perché il consenso non si otteneva con proposte credibili verso gli elettori, ma elargendo favori».

 

I “Fatti di Reggio” e le colpe della classe dirigente

Non poteva, ovviamente, mancare un riferimento partecipe ai “Fatti di Reggio”, la rivolta della città al tempo dell’assegnazione del capoluogo di regione, nel 1970, ed insieme la sottolineatura dell’accordo tra la classe politica catanzarese e quella cosentina «con l’obiettivo, allora come probabilmente ancora oggi, di ridurre la città ad un borgo» e con la complicità ed «il tradimento di settori rappresentativi della città, in fila col cappello in mano per ottenere dai politici più contestati dalla piazza una commessa, un incarico, una consulenza, un posto». In questa fase della storia cittadina è nato il sodalizio «che durò fin che durò, fra dissensi e contrasti» tra La Tella e Ludovico Ligato, deputato reggino Dc e presidente delle Ferrovie dello Stato, ucciso in un agguato di stampo mafioso nell’estate 1989.

Particolarmente interessante, inoltre, un capitolo dedicato alla “Repubblica Rossa di Caulonia”, nata nel 1945 e drammaticamente conclusasi dopo pochi giorni di vita.

Una pecca, tuttavia, emerge dalla lettura del volume. Se la parte storica è davvero godibile, quella riferita agli anni più recenti della città, probabilmente perché, parafrasando una frase dell’autore, sentimenti e passioni non si sono completamente sedimentati, risulta talvolta incomprensibile, forse, anche a causa di troppi sottointesi. Tuttavia, si tratta sempre di una narrazione di momenti di storia politica, sociale e giudiziaria intrecciata con cronache di costume con la riscoperta di personaggi dimenticati, raccontate da un autore che, in ogni pagina, fa trasparire l’amore verso la sua città, ma che amaramente è costretto a riconoscere che «l’ultimo sessantennio si segnala per il riproporsi di comportamenti meschini da parte di una classe dirigente incapace di trasmettere valori positivi, che spiegano a sufficienza i motivi della crisi che travaglia questa parte d’Italia, ultima nelle graduatorie del benessere e delle conquiste civili, ma prima nell’offrirsi ai potenti di turno».

 

Antonello Placanica

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 3 novembre 2007)

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