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Anno IV, n. 38, ottobre 2010
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Marilena Rodi) . Anno IV, n. 38, ottobre 2010

Zoom immagine Le prospettive della sinistra
italiana: dalla crisi profonda
degli ultimi anni alla nuova
fabbrica di idee della Puglia

di Giuseppe Licandro
Il progetto politico di Nichi Vendola
in un saggio edito da Manifestolibri


Alle elezioni politiche del 2006, allorché il centrosinistra prevalse di misura sul centrodestra, un contributo rilevante per la vittoria dell’Unione fu fornito, accanto ai Democratici di sinistra e alla Margherita, dai tre gruppi politici che in quel momento costituivano la sinistra radicale: Partito dei comunisti italiani, Partito della rifondazione comunista, Federazione dei verdi.

Sommando i rispettivi voti di lista, i tre partiti raggiunsero il 10,2 per cento dei consensi alla Camera dei deputati e l’11,5 per cento al Senato.

Alle elezioni politiche del 2008, quando è stato il centrodestra a prevalere, il cartello elettorale “la Sinistra - l’Arcobaleno” (che riuniva Pdci, Prc, Sinistra democratica e Federazione dei verdi, allora in rotta con il Partito democratico), si è fermato al 3,08 per cento dei voti alla Camera e al 3,2 per cento al Senato, senza ottenere seggi, causa la legge bipartisan che fissa lo sbarramento al 4 per cento. Perché la sinistra radicale ha perso in due anni gran parte dei consensi acquisiti?

Le risposte a questa domanda sono molteplici: l’astensionismo di tanti suoi ex sostenitori disincantati dall’esito del secondo governo Prodi, la forza di attrazione che altri partiti hanno esercitato sull’elettorato di sinistra, sedotto dal voto utile o da quello di protesta, le scissioni all’interno del Prc con la conseguente dispersione di voti.

 

La fabbrica di Nichi

Non avendo conquistato seggi alle elezioni politiche (e neppure a quelle europee del 2009, anche qui a causa dello sbarramento al 4 per cento), i partiti della sinistra radicale hanno dovuto rinunciare a una parte consistente dei finanziamenti pubblici (elargiti sotto forma di rimborsi elettorali), con l’inevitabile ridimensionamento degli organici e la chiusura di tante sezioni locali.

La loro presenza sul territorio, pertanto, è diventata quasi impalpabile.

Le liste della sinistra radicale presenti alle elezioni regionali del 2010 – Federazione della sinistra (Pdci+Prc), Sinistra ecologia libertà, Federazione dei verdi – hanno conquistato complessivamente il 6,7 per cento dei voti, lasciando trasparire una ripresa di suffragi rispetto al 2008, che comunque non è servita ad arginare la debacle del centrosinistra in varie regioni.

Qualcosa di nuovo, tuttavia, è emerso nelle amministrative del 2010: Nichi Vendola, governatore uscente della Puglia e leader di Sinistra ecologia libertà, ha vinto le elezioni regionali, sconfiggendo non solo gli avversari del centrodestra, ma anche una parte del centrosinistra che non ha creduto in lui e ne ha contrastato la candidatura.

Al fondatore del Sel è dedicato il saggio-intervista, a cura del giornalista Cosimo Rossi, La fabbrica di Nichi. Cosimo Rossi intervista Nichi Vendola (Manifestolibri, pp. 128, € 12,00), che ne ricostruisce la storia personale e politica.

Il libro è stato pubblicato subito dopo le primarie del centrosinistra, indette per scegliere il candidato governatore e che hanno visto prevalere Vendola su Francesco Boccia del Pd, ma prima delle elezioni amministrative del 28 e 29 marzo.

La fabbrica di Nichi, quindi, può considerarsi come una sorta di manifesto programmatico del leader politico barese, che ha poi affrontato con determinazione la successiva tornata elettorale, risultando anche questa volta vincitore.

 

Un nuovo modo d’intendere la politica

Nell’Introduzione Rossi afferma che Vendola «diventa, e si conferma, l’incarnazione di un’altra politica. Populista? Forse. Personalista? Anche. Plebiscitaria? Pure». Come Barack Obama, infatti, egli «fa politica puntando sul web […] youtube, facebook, twitter, blog, web 2.0», cioè prova a coinvolgere i cittadini, sondandone gli umori e ascoltandone i suggerimenti.

Un modo d’intendere la politica che alla fine paga, visti i risultati fin qui conseguiti.

All’inizio dell’intervista, Rossi chiede a Vendola di chiarire il suo programma politico: egli risponde che la sua progettualità è «tutta giocata sull’idea che la Puglia possa essere veramente l’altro sud: il sud che non è Gomorra, che non è inghiottito nel buco nero delle mafie para-istituzionali e della mafiosità come cifra di regolazione sociale».

Nella prima parte del libro il leader barese riassume quanto di buono è riuscito a realizzare come governatore della Puglia tra il 2005 e il 2010: dalla raccolta differenziata dei rifiuti alla produzione di energia eolica, solare e fotovoltaica, dallo sviluppo dei servizi sociali alla lotta contro il lavoro nero, dalla incentivazione del turismo low cost all’imponente crescita delle attività culturali.

Ci sembra opportuno, in tal senso, evidenziare l’efficace metodo adottato da Vendola – con la collaborazione della Guardia di finanza e di esperti del mondo dell’impresa – per indurre le aziende pugliesi a regolarizzare ben 44 mila lavoratori senza contratto: «L’imprenditore che garantisce non solo un contratto regolare, ma per esempio anche un alloggio, beneficia di vantaggi e incentivi significativi. L’imprenditore che invece viola le regole fondamentali di tutela del lavoro e dei lavoratori viene escluso dal meccanismo di tutti i finanziamenti pubblici: regionali, nazionali e comunitari».

Non mancano le domande di Rossi su quello che, invece, non ha funzionato, ad esempio la sanità pubblica, messa a soqquadro da alcuni scandali che hanno coinvolto anche qualche esponente della giunta regionale. Vendola, a tal proposito, proclama di essere del tutto estraneo alle malversazioni e rivendica la propria buona fede, ammettendo però che, per quanto riguarda la sanità locale, «è difficilissimo poter disporre di un quadro veramente informato e dettagliato», poiché il suo funzionamento in passato «è stato frammentato in milioni di pezzi e ogni pezzo è stato buttato nei fondali di un mare magno, in modo tale che nessuno potesse conoscerlo effettivamente».

Vedremo se, nei prossimi cinque anni di governo che lo attendono, Nichi riuscirà a rimettere in sesto il sistema sanitario pugliese.

 

Tra personale e politico

Nella seconda e nella terza parte del libro viene delineata la personalità di Vendola e si ricostruisce la sua biografia, a partire dall’infanzia e dall’educazione ricevuta in famiglia. Ne viene fuori un’immagine inedita dell’uomo politico barese: Nichi, infatti, è cresciuto in una famiglia cattolica e comunista, che teneva esposti in casa due ritratti, «quello di Yuri Gagarin e quello di Giovanni XXIII».

Questo dualismo, apparentemente contraddittorio, è stato vissuto senza traumi da Nichi che alla fede cattolica ha affiancato fin da ragazzo la militanza nel Partito comunista italiano, iscrivendosi alla Federazione giovanile comunista italiana all’età di quattordici anni e, in seguito, diventando funzionario del Pci.

Quella di Vendola è, a suo dire, «una religiosità inquieta, grondante di domande, esigente, capace di smarrirsi continuamente», plasmata soprattutto dall’ex vescovo di Molfetta, don Tonino Bello, il prelato pacifista che è stato presidente di Pax Christi dal 1985 al 1993 e ha esercitato un forte influsso su tanti giovani pugliesi.

Pure l’adesione al comunismo è stata sui generis, dato che Nichi fin dall’adolescenza ha manifestato un naturale rifiuto della violenza, poi maturato compiutamente dopo la lettura delle opere di Martin Luther King e di Gandhi (accompagnata, però, anche da quella dei testi di tanti autori marxisti).

Vendola ha deciso, dopo lo scioglimento del Pci, di non aderire al Partito democratico di sinistra, bensì al Partito della rifondazione comunista, perché era convinto che «si buttava a mare il bambino con l’acqua sporca» e che il Prc rappresentava allora «l’unico punto di resistenza rispetto all’omologazione della sinistra storica sul terreno del pensiero unico del mercato».

Nei capitoli centrali del libro si affrontano, inoltre, altri importanti aspetti della vita di Nichi: dall’impegno antimafia, che lo ha visto in prima linea e lo ha costretto a chiedere l’ausilio di una scorta, alle sue scelte in ambito sessuale, che lo hanno spinto a essere tra i promotori dell’Arcigay e della Lega italiana per la lotta contro l’Aids.

 

Il futuro della sinistra

Nell’ultima parte de La fabbrica di Nichi si parla delle ragioni che hanno convinto Vendola a uscire dal Prc e a creare, nel 2009, Sinistra ecologia libertà.

Egli, innanzi tutto, chiarisce che il secondo governo Prodi è fallito perché «ibernato», cioè ancorato a una visione anacronistica della realtà italiana e attento quasi esclusivamente al «tema del risanamento del bilancio».

Ciò che il centrosinistra non ha capito, quando governava, è che il ceto medio stava «scivolando paurosamente verso una condizione di instabilità e precarietà», senza assumere idonei provvedimenti sociali. I partiti di sinistra sono stati penalizzati da questa traumatica esperienza di gestione del potere, che ha prodotto «un effetto di devastazione della loro credibilità e del loro insediamento sociale ed elettorale».

Vendola, in secondo luogo, è convinto che la vita politica italiana sia sempre più contrassegnata dal populismo demagogico della destra che vuol far credere «ai più poveri tra gli italiani che i loro nemici principali sono i più poveri tra gli stranieri».

Come operare, allora, per contrastare efficacemente l’attuale governo?

Secondo Nichi «bisogna evocare un’altra idea di popolo», cioè ripartire dal basso coinvolgendo la gente sui temi del lavoro e dei diritti, andando oltre la forma-partito classica che gli appare ormai superata, anche perché i partiti, oggi, sono solo «contenitori di clan, sottogruppi, enclave, lobby».

È stato perciò necessario dar vita a «un nuovo soggetto politico unitario e plurale a sinistra» che, pur criticando il capitalismo, si orienta verso il definitivo abbandono «senza se e senza ma degli errori e gli orrori legati al totalitarismo e allo stalinismo».

L’obiettivo ambizioso è quello di rilanciare «una nuova grande sinistra», dai connotati socialisti, ambientalisti e libertari, che colmi il vuoto venutosi a creare dopo la scomparsa dei Ds e la crisi dei vecchi gruppi politici esistenti a sinistra del Pd.

È questa, in sostanza, la «Fabbrica di Nichi»: un laboratorio per rinnovare dal basso la politica, in nome di un «riformismo radicale», cioè un riformismo «non immobile, non autoreferenziale, non velleitario», che non si lasci sedurre dall’ossessione per la sicurezza tipica della destra, non sia disponibile agli “inciuci” con Berlusconi e provi a ricostruire su nuove basi la coalizione di centrosinistra.

Quello del Sel è un progetto politico interessante, che ha già dato i suoi primi frutti in Puglia, ma che a livello nazionale dovrà fare i conti con una realtà sociale assai disgregata e con un dato di fatto inoppugnabile: in questo momento una parte consistente della popolazione italiana dimostra scarso interesse per la politica, mentre la stragrande maggioranza di coloro che vanno a votare risulta poco sensibile alle proposte della sinistra radicale.

Recuperare la fiducia degli elettori è il gravoso compito che attende Nichi nei prossimi anni. Di sicuro lo affronterà con la determinazione e la forza di volontà che finora ne hanno contraddistinto l’agire politico.

 

Giuseppe Licandro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n.38, ottobre 2010)
Redazione:
Agata Garofalo, Francesca Rinaldi, Antonietta Zaccaro
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