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Anno IV, n. 37, settembre 2010
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno IV, n. 37, settembre 2010

Zoom immagine La chiesa degli umili
è lontana anni luce
dai palazzi del potere

di Paola Zagami
Per Castelvecchi un testo da dedicare
a tutti i sacerdoti “scomodi” di periferia


Seguendo un ipotetico gioco di libera associazione mentale a partire dalla parola “chiesa”, i concetti a essa collegati sono molteplici. Si può pensare all’edificio chiesa, ai sacerdoti in abito talare, ai sacramenti e alla messa domenicale. Viene in mente qualsiasi immagine ma fa fatica a farsi spazio tra le varie idee quella di chiesa come comunità di fedeli comprensiva certamente di sacerdoti e riti ma con al centro la figura del credente.

È più facile vedere la chiesa come qualcosa di altro dai credenti laici, legata ad una in un’istituzione gerarchica con al vertice il Papa, capo persino di un piccolo stato, il Vaticano. E questa parziale e limitante percezione pare rafforzarsi in occasione di ambigue collusioni di prelati con la politica e di scandali subito dimenticati, in contrapposizione a pedisseque condanne di ciò che è comunemente e largamente accettato, come l’omosessualità o la scoperta del sesso prima del matrimonio.

Queste e altre contraddizioni accendono i riflettori solo sul Vaticano, punta poco brillante del variegato iceberg che è la Chiesa cattolica, all’interno della quale però si muovono senza sosta tanti esempi di umanità e amore per il prossimo. Di questo squilibrio si parla in Nonostante il Vaticano di Gianluca Ferrara (Castelvecchi editore, pp. 128, € 12,00).

L’autore, non nuovo a saggi di tematica sociale, da cinque anni porta avanti la casa editrice Edizioni creativa, da cui successivamente è nato anche il marchio editoriale Dissensi, ma se lo si definisce “editore” non si sente rappresentato: più che a un imprenditore preferisce essere paragonato a «un seminatore d’idee», come scrive nella Premessa al testo.

A firmare l’Introduzione è Beppe Grillo, che non risparmia critiche sferzanti alla chiesa gestita in Vaticano come una multinazionale, sempre troppo buona coi potenti di turno e purtroppo poco “militante” tra i più bisognosi.

 

La fede minacciata da quotidiane mistificazioni

La prima parte del testo, difficilmente etichettabile per nuclei tematici, è una lunga riflessione dell’autore che spazia dall’interpretazione dei messaggi evangelici alle parole di tanti sacerdoti o semplicemente uomini di pace che hanno segnato per conoscenza diretta o meno il suo percorso spirituale. In questo iter non manca la condivisione con il lettore di ricordi personali, come la rinuncia al rigido protocollo propedeutico all’incontro con Papa Giovanni Paolo II per rendere un po’ più lieta la giornata di alcune vecchiette in un ospizio di Velletri.

Un po’ diario e un po’ saggio, il testo procede per contrapposizioni: la sontuosità del Vaticano contro la semplicità della comunità di don Milani a Barbiana; l’affettata gentilezza di alti prelati a politici di dubbia onestà accompagnati da consorti ingioiellate e impellicciate contro la capacità di accogliere gli ultimi della società da parte di don Antonino Bello. E lo sdegno cresce al pensiero di molti potenti che baciando l’anello del Papa si sentono talmente cristiani da avallare leggi e provvedimenti contro gli immigrati o gli omosessuali senza turbamento alcuno alla propria coscienza.

Tra eroi e antieroi si pone la grande moltitudine di gente comune che si professa credente accontentandosi del rispetto dei rituali, nella coincidenza tra fede e religione, o che si pone interrogativi più profondi: «Bisogna fare una scelta di campo; decidere se seguire il perverso fascino del potere e del denaro, o optare per il Gesù che vive e soffre povero e darsi da fare per la giustizia. Se si sceglie la prima opzione si avranno soddisfazioni e successi, si farà carriera, se si opta per la seconda si verrà marginalizzati e magari etichettati politicamente. Ma la decisione va presa, rimanere una vita intera al bivio e non avere il coraggio è umiliante».

Se si ha il coraggio di seguire il Cristo dei diseredati si riconosce un mondo che va al contrario, con bambini che muoiono di fame e altri obesi nella massa corporea e nel conto in banca. Questo fa male al cuore e alla coscienza come ammettere la grande verità pronunciata da Papa Giovanni XXIII: «Il superfluo si misura dal bisogno degli altri».

 

I preti “scomodi”

La seconda parte del testo raccoglie le testimonianze di tre sacerdoti scelti dall’autore, anticipate dalle loro biografie. Ognuno ha una propria peculiarità: dalla scelta di approfondire talune tematiche di impatto sociale allo stile stesso in cui esprimono, sempre informale e incisivo.

I loro scritti non sono preghiere, non sono orazioni in odore di santità ma colgono l’essenza più ruvida, spesso sgradevole, dei problemi che affliggono la società: la povertà, la dipendenza dalle droghe, le ricadute disastrose della globalizzazione.

Don Andrea Gallo, parroco di Genova per molto tempo, sembra aver vissuto molte vite: appena ventenne in Brasile, partecipe dello spumeggiante clima sessantottino, impegnato nella lotta contro la tossicodipendenza e soprattutto l’Aids. Fu autore della frase ironicamente equivoca a favore della contraccezione, vista come un’accusa al clero: «Ai nostri vescovi diciamo che, siccome lo spirito è forte ma la carne è debole, se vanno a puttane usino il preservativo!». E il suo impegno sociale non si ferma qui: vicino alla famiglia di Carlo Giuliani, morto negli scontri durante il G8 di Genova nel 2001, ha chiesto più volte una commissione parlamentare d’inchiesta che chiarisse tutte le responsabilità.

Non è da meno Don Vitaliano Della Sala, che conduce vere e proprie battaglie contro intolleranze e squilibri sociali anche a costo di usare e farsi usare dai mezzi di comunicazione. Per la sua visione anticonformista della Chiesa cattolica è stato più volte richiamato: «L’ecumenismo vero è rendersi conto che non si può litigare per imporre la propria idea di Dio, imporre le proprie tradizioni. L’ecumenismo vero ci sarà quando ci vorremo bene tutti quanti senza partire dall’assioma che dobbiamo credere nelle stesse cose».

Chiude il testo la testimonianza di padre Alex Zanotelli, in perenne ricerca di una «terra di missione». Prima l’ha individuata a Korogocho, una baraccopoli nella città di Nairobi. Per aiutarne gli abitanti in condizioni di grave degrado ha voluto sperimentare su di sé le loro esperienze quotidiane: la mancanza totale di igiene, la lotta alla sopravvivenza contro il proprio vicino, la paura per la propria incolumità. Dodici anni a Korogocho, troppi per chiunque, sono forse il miglior background per affrontare una diversa ma difficile realtà, quella di Napoli. Tanti sono i problemi di questa splendida città del Meridione, tormentata dalla criminalità e dal malcostume dei governanti, soprattutto in tema di rifiuti e ambiente. Ma padre Zanotelli non si perde d’animo, all’impegno tradizionale di sacerdote affianca iniziative di sensibilizzazione locale per rendere consapevoli e anche critici tutti i cittadini, primo vero passo verso il cambiamento.

Questi sono solo alcuni esempi del complesso universo che è la chiesa, a questo punto ci si domanda cosa voglia fare del proprio futuro quella parte di essa, la più potente, concentrata in Vaticano. Basterebbe rispondere a una delle domande poste dal priore di Tiazé, Frère Roger nel 1974: «Chiesa, che dici del tuo avvenire? Diventerai popolo delle beatitudini senz’altra sicurezza che il Cristo, popolo povero, contemplativo, creatore di pace, portatore di gioia e di una festa liberatrice per gli uomini, a rischio di essere perseguitata per causa della giustizia?».

 

Paola Zagami

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 37, settembre 2010)

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