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Anno IV, n. 37, settembre 2010
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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno IV, n. 37, settembre 2010

Zoom immagine L’università italiana
analizzata tra ombre
scandali e processi
dei casi più eclatanti

di Marina Bisogno
Un volume sulla crisi e la corruzione
del sistema universitario, per Dedalo


L’università dovrebbe garantire la formazione di una cultura specializzata, critica e funzionale al mondo del lavoro; alla luce di questo, dovrebbero emergere i migliori tra professori, in maniera quasi spontanea, attraverso esami, concorsi e pubblicazioni. La cronaca ci insegna che, purtroppo, questo sistema è utopico e che i suoi ingranaggi sono minati da una ruggine  insidiosa: la corruzione.

Cristina Zagaria, giornalista de la Repubblica e scrittrice, nel suo Processo all’università (Dedalo edizioni, pp. 336, € 16,00), ripercorre le vicende giudiziarie dei più prestigiosi atenei italiani negli ultimi anni, lasciando emergere le zone d’ombra, le colpe e le mancanze del sistema universitario. Un’accusa grave, drammatica, che non è frutto di un’astrusa congettura, ma di una ricerca meticolosa e puntuale. I risultati si traducono in una fuga dei meritevoli all’estero, lasciando la solita lobby di professori ai posti di controllo, anno dopo anno; inoltre, nonostante la consapevolezza di un’organizzazione fallace, sopraggiungono immancabili la rassegnazione e l’adeguamento da parte di docenti e studenti.

 

I soliti baroni

Anche lo storico Paolo Prodi nel suo libro Il potere e l’impotenza dell’università ha denunciato i frequenti scandali sui concorsi e sulle procedure di reclutamento, la cui chiarezza è oscurata da parentele di ogni ordine e grado. Spesso e volentieri nella stessa università lavorano giovani al di sotto dei trent’anni, che, nel 90% dei casi, sono figli dello stesso professore che da anni regge il dipartimento.

Di questo fenomeno non ci sono statistiche certificate, ma, da Palermo a Milano, gli assistenti e i ricercatori dal cognome importante colonizzano laboratori, cattedre e dipartimenti. «Una marcia di conquista sotterranea, silente, pericolosissima. A volte, addirittura, gli insegnamenti vengono creati ad hoc: ci sono corsi di Architettura a Veterinaria o un fondamentale esame di Diritto europeo al Politecnico. […]. Ed ecco le inchieste giudiziarie e gli scandali che negli ultimi anni hanno fatto tremare gli atenei italiani». Quella che emerge dal testo di Zagaria è un’immagine pietosa dell’istruzione accademica: vengono riportati uno per uno i casi più eclatanti, analizzandoli da tutti i possibili punti di vista. L’autrice indaga e lo fa ottemperando al principio di terzietà del giornalista. Osserva, legge, studia e scrive; poi porge ai lettori e a tutti gli italiani dei quesiti di natura etica e morale.

Talvolta i docenti coscienziosi insorgono, avanzando idee di cambiamento e radicale rivoluzione. Tra tutti emerge Raffaele Simone, ordinario di Linguistica generale all’Università di Roma tre, che stila un elenco delle leggi scritte e delle sei leggi non scritte sulle modalità di accesso alla qualifica di professore. Dalla lettura di queste “regole” emerge l’essenzialità del vincolo di sangue, che si fonde con un altro dictat: lo ius loci. Le speranze di vincere un concorso sono minime se il concorrente non ha sgobbato per anni nell’istituto o nell’ospedale che lo accoglie. Nella facoltà di Medicina, ad esempio, gli step sembrano infiniti, tanto da scoraggiare chiunque. Il rischio è quello di lasciare spazio ai mediocri, a coloro che sono disposti a vendersi, favorendo sempre e comunque la pochezza intellettiva.

 

Titoli in vendita

«Mettere un piede nell’università, come ricercatore o addirittura professore, costa. Costa sacrifici e anni di studio. Ma a volte anche anni di lealtà, soprusi, rinunce. Quando la cooptazione del migliore, al di là dei concorsi ufficiali, perde la sua genuinità e diventa un affare privato, l’assegnazione delle cattedre diventa un mercato, gestito da organizzazioni togate. C’è anche, però, un traffico più basso, quello dei singoli esami». L’università diviene, allora, una fetta di mercato in cui ognuno ci guadagna qualcosa, dai professori agli assistenti e talvolta anche gli studenti. In questo giro di giostra impazzita una laurea perde tutto il suo valore e costituisce una mina vagante, specie in settori quali Medicina e Giurisprudenza, dove il traffico di esami sembra essere più copioso. «C’è l’offerta di chi lucra, mettendo in un cassetto la propria morale. E c’è la domanda di studenti ricchi e fannulloni, pronti a staccare assegni a e fare regali, pur di superare un esame fondamentale». Ma le forme di abuso sono spesso subdole: alcuni professori costringono i ragazzi ad acquistare direttamente in ateneo dispense, i cui contenuti cambiano di un paragrafo a ogni sessione d’esame. Per essere certi che non via sia “evasione”, le dispense vengono distribuite solo dieci giorni prima dell’esame direttamente agli studenti interessati. L’acquisto suddetto costituirebbe, quindi, una condicio sine qua non ai fini dell’esame stesso. Altra prassi diffusa è quella della firma sulla prima pagina di copertina del libro scritto dal professore: il più delle volte si tratta di un docente che ha “strappato” la pubblicazione alla casa editrice promettendo la vendita di un determinato numero di copie. Al di là di queste pratiche, inaccettabile è ancor più la richiesta di prestazioni sessuali. Nel volume l’autrice ripercorre – spesso recandosi in prima persona all’interno delle facoltà sospette – i casi giudiziari di professori che hanno costretto le loro studentesse a prestazioni sessuali. Il “caso Capizzano” suscita rabbia e sdegno e Zagaria non ci risparmia i particolari. Per capire la vicenda e descriverla si è recata a Camerino, sede dello scandalo, spacciandosi per una studentessa, riportando impressioni, dialoghi ed estratti degli atti giudiziari.

Dopo questa serie di accadimenti vergognosi, i ministri dell’Istruzione che si sono succeduti hanno indetto una serie di riforme, volte a ripristinare la meritocrazia violata.

 

Un’amara conclusione

Il sistema universitario presenta ancora tante zone d’ombra ma l’aspetto più dannoso è che l’università reagisca agli scandali «non espellendo il tumore, ma riassorbendolo al suo interno con il minor rumore possibile e con nuovi compromessi, che cementificano il sistema e premiano l’omertà». Un testo specchio di uno spaccato di società, quella di oggi e, ahimè, di domani.

 

Marina Bisogno

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 37, settembre 2010)

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