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Anno I, n° 3 - Novembre 2007
Un ponte tra l’immagine canonica
e quella fantastica del Medioevo,
tra il religioso e il boccaccesco
di Giusy Patera
In cinque racconti editi da Tabula Fati
è restituito il fascino dell’Età di mezzo
Nell’immaginario di ogni bambina c’è un momento in cui ardentemente ha desiderato essere una principessa, prigioniera in una torre al cui soccorso accorre un cavaliere dall’armatura lucente e su un cavallo dalla lunga criniera e dal pelo lucidissimo.
Se si potesse fare una datazione di queste visioni, si può dire che non penseremmo affatto all’antica Roma, né alla Parigi più lussuosa, né all’America coloniale, ma esclusivamente a quel Medioevo lungo mille anni, che a chiamarlo “Età di mezzo” sembra quasi una contraddizione, eppure ci fa comprendere quanto a volte possano essere lunghe le transizioni e certamente non indolori.
Un’età senza compromessi
Il piccolo libretto, Italiae medievalis historiae (Presentazione di Luca Molinini, Tabula Fati, pp. 80, € 6,00) è una raccolta di cinque racconti, finalisti alla prima edizione del Premio letterario “Philobiblon” 2006.
Ha lo scopo, così come il Premio stesso, di promuovere e valorizzare la conoscenza del patrimonio medievale, restituendo un’epoca fatta di violenze senza eguali, ma anche di magie misteriose, di armi, di amori carnali e spirituali.
Valori agli estremi senza possibilità di compromessi, che testimoniano una parte di un tempo della storia dell’uomo fatta di sì e di no.
Ma soprattutto il Premio prima e la raccolta dopo vuole costituire un ponte, un collegamento tra l’immagine storica, storiografica e istituzionale del Medioevo e quella fantastica e leggendaria della memoria collettiva.
Quando la storia diventa atmosfera
Medioevo è… non solo interminabili guerre sullo scacchiere.
È… nobil dame, scollacciate e ingioiellate, intente a piluccare appena, crogiolandosi nel pensiero (o l’illusione?) dell’amor cortese che qualche cavaliere, desideroso solo di servirle, offrirà di lì a poco.
È… una contessina che rompe il filo di perle che le cinge il collo esile e slanciato. I piccoli globi bianchi che si sparpagliano sul pavimento. Tranne uno, che rotola fin tra le due colline proprio nella scollatura, il cui tragitto il Dux mediolani segue attento con lo sguardo. Quest’ultimo, che libera l’irriverente perla dalla sua morbida prigione.
È… il sacrificio di Domitilla, costretta a sposare un uomo scelto dal padre, diverso da quello eletto dal suo giovane e palpitante cuore.
Da una parte il profano che nel lettore suona le corde più segrete, quelle per così dire “boccaccesche”: la vicenda paradossale del monaco Felicetto, dedito ai piaceri della carne, venerato come santo per un tragico equivoco, che lo strappa alla vita. Una vera eresia.
Dall’altra l’età della spiritualità, stigmatizzata nelle figure di frate Francesco e frate Leone.
Passando per le violenze: ne Il re del nulla un giovane principe cavalca attraverso le terre di suo padre fino ad incontrare le rovine di un castello in cui regna sovrana la disperazione e il ricordo lacerante.
Lungi l’idea di far passare l’immagine di un “medievaletto” da teatrino, dove regna sovrana la licenziosità e la violenza, ma deve circolare un caleidoscopico mondo di esperienze.
Annalisa Pontieri
(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 4, novembre 2007)