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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
La parola al popolo:
le Sacre Scritture
raccontate da Fo
di Agata Garofalo
Dal premio Nobel per la letteratura,
Guanda offre la rilettura del libro sacro
Esistono una miriade di storie e leggende in opposizione alla Bibbia ufficiale, sono le bibbie del popolo: contadini, mercanti e artigiani di ogni regione d’Italia. Attraverso la tradizione orale e scritta, si tramandano dei racconti che hanno vita propria e parallela rispetto alle Sacre Scritture, ma che da esse prendono spunto. Dario Fo, a seguito di anni di ricerche sulle tradizioni popolari, ha raccolto e riproposto queste storie in La Bibbia dei villani, a cura di Franca Rame (Guanda, pp. 288, € 20,00). Il volume racconta 13 vicende in altrettanti dialetti italiani, con testo a fronte, corredate da 68 disegni dell’autore.
Premio Nobel per la letteratura nel 1997, Fo si può definire una «figura preminente del teatro politico – come si legge nel suo blog – che, nella tradizione dei giullari medievali, ha fustigato il potere e restaurato la dignità degli umili». Tra successi e censure, teatro e satira politica, le sue opere fanno il giro del mondo: esse attingono dal quotidiano e tendono a ridicolizzarlo, con l’obiettivo di indurre il lettore a riflettere.
Il riscatto del villano: finalità e funzione dell’opera
Stimolare la riflessione attraverso il sorriso ed innalzare la dignità del popolo, questo è il duplice intento di questo libro. Rendere oggetto di ricerca e portare all’attenzione pubblica le espressioni più sconosciute e nascoste di una certa forma di cultura religiosa proveniente “dal basso”, restituendole la dovuta importanza culturale, è la missione di un progetto che vede in questa pubblicazione il suo coronamento. A partire da uno spettacolo del 1996 presentato al Festival di Benevento, infatti, l’autore ha cominciato il suo viaggio nei bassifondi della cultura popolare, da cui ha estratto queste storie, portandole alla luce come fossero pietre preziose. Sono «le Bibbie degli straccioni, dei poveracci», nate «dall’unione dei vari documenti e delle tante suggestioni che abbiamo raccolto».
Gli episodi narrati rappresentano un punto di vista nuovo ed ironico sulla tradizione religiosa ed il ciclo biblico. Essi indicano una nuova modalità di approccio alla religiosità e consentono di riconoscere l’importanza ed il radicamento di quest’ultima in tutti i livelli della società. Attraverso queste pagine scopriamo come la cultura classica e la fantasia popolare si mescolino con il cristianesimo, creando un punto di vista alternativo alla visione della Bibbia e di Dio riconosciuta dalla Chiesa. «Da sempre i villani mangiano Dio, lo amano e lo bestemmiano, e sono certi che Dio sia il bene ma in parte anche il male, che sia il padre degli angeli ma anche parente stretto dei diavoli, che sia la vita ma anche la morte. Per questo i villani non temono la fine della vita e godono moltissimo nell’osservare i padroni tremare disperati davanti alla morte».
I villani, invece, e tra essi l’autore dell’opera, riescono sempre a trovare, grazie all’ironia e l’innocenza, il contrappunto alla drammaticità dell’esistenza.
La Bibbia “in parole povere”: forma e contenuto
Le vicende narrate prendono liberamente spunto sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento, dalla Genesi e dai Vangeli canonici ed apocrifi, con prologhi che introducono i vari racconti di miracoli e di stragi, di crudeltà e di tenerezza, di follie e di saggezza. È la saggezza del Signore che si esprime attraverso la voce delle sue creature più umili.
In queste storie, toccanti e coinvolgenti ma anche ironiche e gioiose, terribili ed impietose, «Dio è godimento e pianto». È un Dio che a volte sorride, a volte rimprovera, altre volte si dimentica di noi. È creato a nostra immagine e somiglianza, e come noi soffre di gelosia e malinconia, ha paura e spera. Ma non è certo “uno di noi”: «Splendida è l’immagine di Dio che hanno i villani. I villani non pensano mai di ridurre Dio a livello dell’uomo, nemmeno se quell’uomo è un imperatore, o di elevarsi all’altezza di Dio. Per loro Dio è immenso, vaga, infinitamente grande, sdraiato sui mari e sulle montagne, rotola nelle nubi, ci si affaccia ogni tanto a controllare la sua creazione».
Inoltre, come si tramanda da antiche credenze della Grecia arcaica, Egli è anche Lei: è femmina, cioè madre, che genera e nutre le sue creature, e la sua figura si confonde con quella della terra e della natura che ci ospitano.
In questa colorata e colorita raccolta Dario Fo propone versioni irriverenti ed anticonvenzionali di storie bibliche di origine popolare: dalla creazione di Adamo ed Eva alla distruzione di Sodoma e Gomorra, dal sacrificio di Isacco alla storia di Caino ed Abele, ma anche episodi originali di rivendicazione sociale.
Il linguaggio, come i contenuti dell’opera, tendono al paradosso. Ne deriva una raccolta tragicomica e dissacrante, che getta uno sguardo impietoso e complice sulle debolezze umane. Il richiamo alla quotidianità ed al realismo è ottenuto attraverso l’uso del dialetto e del grammelot. Si tratta di una forma di linguaggio inventata composta da suoni onomatopeici, che non hanno significato ma alludono chiaramente all’azione. Per Fo la parola è anche gesto, movimento, è infatti in continua elaborazione e trasformazione, tutt’altro che stabile e predefinita. Il suo è un linguaggio in continua evoluzione, a stretto contatto con la realtà e le emozioni che rappresenta, con le persone che lo usano, lo trasformano e lo ricreano nella vita di tutti i giorni.
Agata Garofalo
(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 36, agosto 2010)