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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
La dolcezza,
nascondiglio
di crudeltà
di Domenico Pontrandolfi
Un libro di Perrone editore:
un assassinio misterioso
in una tranquilla comunità
È Natale a Furth sul lago, tra le montagne austriache, e Katharina sta giocando a “Non ti arrabbiare” con suo nonno Sebastian. Niente sembra turbare la dolcezza della vita di questa piccola comunità, quando un uomo bussa alla porta chiamando il vecchio Sebastian, che lo segue.
Insospettita dalla prolungata assenza, la bambina esce di casa e trova il nonno nella neve, assassinato e privo di testa. «A volte accadono cose nella vita a cui non si è preparati – disse l'uomo. E a volte nella vita non accade un bel niente e non si è preparati neppure a questo, pensò Kovacs». Con queste parole, Paulus Hochgatterer ci indica il binario lungo il quale scorre il romanzo La dolcezza della vita (Giulio Perrone editore, pp. 260, € 15,00): da un lato l'evento straordinario, l'assassinio e la decapitazione del vecchio Sebastian Wilfert, dall'altro la quotidianità, la vita di tutti i giorni, dove sembra non accadere nulla ma che incombe sulla comunità come un macigno, altrettanto terribile come un omicidio consumato lentamente. Ovviamente dell'omicidio se ne occupa la polizia ed il commissario Kovacs in particolare, mentre l'occhio che scruta l'anima malata della cittadina è lo psichiatra dell’ospedale del luogo, il dottor Horn. Il legame tra i due momenti del romanzo è dato da Katharina, la bambina che ha scoperto il corpo decapitato del nonno, che da quel momento smette di parlare e viene portata in ospedale. Su tutto domina la piccola città di Furth sul lago, trentamila abitanti, circondata dalle Alpi austriache, completamente innevata durante le festività natalizie e congelata nei suoi sentimenti più intimi.
Le indagini
Mentre prendono il via le indagini e cresce il rapporto di fiducia tra il dottor Horn e Katharina, l'autore scruta, con sguardo da psichiatra, l'animo dei vari personaggi alla ricerca dell'assassino, alla ricerca della patologia di un microcosmo dove nessuno è innocente e dove tutti possono essere colpevoli. Ed ecco padre Joseph Bauer che esorcizza la realtà correndo, attraverso la cittadina, con l'I-pod perennemente incollato all'orecchio e vivendo conversazioni idilliache e senza conflitti con una donna e un bambino immaginari. C'è Joachim Fux con il suo terribile passato e un tentato suicidio alle spalle, che sembra aver trovato sollievo alla sua angoscia solo grazie ai farmaci del dottor Horn e allevando api. Abbiamo la famiglia Ley, con il figlio tossicodipendente, e c'è Norbert Schmidinger che fracassa le ossa alla figlia con la consapevolezza che nessuno lo denuncerà, certamente non la sua famiglia e meno che mai i vicini impauriti. E poi ancora la famiglia Gasselik, i cui figli psicopatici credono di vivere in Guerre stellari: Daniel pensa di essere l'Imperatore e Björn crede di essere Dart Fener e, mascherato e respirando come lui, massacra gli animali a colpi di martello. Per non parlare della signora Weber, che non vuole toccare la figlioletta neonata perché la pensa figlia del demonio, nascondendo così a se stessa il fallimento del suo matrimonio ed il rifiuto del marito. In questo campionario dove la dolcezza della vita nasconde spesso la violenza domestica non si salva nessuno: nemmeno il commissario Kovacs, separato dalla moglie e senza nessun rapporto con la figlia, la cui misantropia è appena attenuata dal lavoro e dalle coccole culinarie del ristorante del marocchino Lefti e di sua moglie Szarah. E mentre il dottor Horn osserva sua moglie Irene provare a suonare il violoncello, rimpiangendo la vita e le opportunità di Vienna, volge un sottile astio verso la donna che gli ha imposto il trasferimento a Furth per ottenere la tranquillità necessaria alla sua arte. Al dottor Horn, esperto nella preparazione delle omelette, mancano i figli Tobias e Michael e sempre più spesso viene assalito dalla sensazione di essere vecchio e di non riuscire più a pensare al futuro.
I lati oscuri
Intanto la moglie Irene ascolta Schumann e non riesce ad accettare Michael ed il suo matrimonio con Gabriele, mentre il commissario Kovacs pensa con angoscia a come trascorrere il Capodanno.
Björn Gasselik, invece, si immedesima sempre più nel lato oscuro della Forza e padre Bauer, come una trottola, corre attraverso le strade deserte con il suo immancabile I-pod che lo isola dal mondo e dalla sua paranoia. In questo contesto perde importanza la soluzione dell’omicidio e prima che Katharina, nel finale, la indichi con precisione sarà l’assassino stesso a rivelarsi «L' ho ucciso io... l'atto in sé è stato facile da compiere. Difficile invece è stato tutto quello che l'ha preceduto. Dopo ero solo stanco e nient'altro.» E, rivelandosi, denuncia un passato di dolore e di crudeltà ed un presente dove ognuno è diverso da quello che sembra. Sfiduciato, il dottor Horn riflette «La vita è sempre drammatica. Essendo uno psichiatra in realtà io non faccio altro che convincere le persone che non sia così. Sono un imbroglione, pensò». E davanti a un tale pessimismo non gli resta che riversare sulla cittadina una pioggia di Clozapin, Diazepam, neurolettici, Fluoxtina e antidepressivi, sperando di sciogliere almeno un poco il gelo che stringe Flurth sul lago e i suoi abitanti. Nessuno è immune dal malessere che inghiotte la comunità e Hochgatterer, più che rappresentare i suoi personaggi, li suggerisce, rendendo Furth quasi un quadro impressionista nel cui gelo psicosi, nevrosi, depressioni, psicopatia, tossicodipendenza sono altrettanto presenti come i fiocchi di neve. Con questo romanzo Hochgatterer ci offre un mirabile spaccato della vita di una piccola città, dove la dolcezza della vita nasconde una realtà complessa e dolorosa. Lo fa con lo sguardo attento e dolente di uno psichiatra che registra con maestria e, spesso, con poesia i mali grandi e piccoli della società, offrendoci autentiche pagine di buona letteratura.
Domenico Pontrandolfi
(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 36, agosto 2010)