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Home Page (a cura di Marilena Rodi) . Anno IV, n. 36, agosto 2010

Zoom immagine Costituzione,
salvaguardarla
è dovere civile

di Andrea Vulpitta
Un’Italia sempre più schiava
del malcostume imperante,
in un testo di Infinito edizioni


In che condizioni di salute è la nostra Costituzione? Quando è stato scritto il testo del quale ci occupiamo, Torniamo alla Costituzione (Infinito edizioni, pp. 112, € 11,00) di Andrea Leccese, il lodo Alfano, per l’evidente contrarietà della norma con il principio che campeggia in ogni aula di tribunale in Italia, non era ancora  stato bocciato dalla Corte Costituzionale e, di conseguenza, non si era ancora scatenato l’ennesimo attacco contro la stessa, organo posto a tutela della legge fondamentale della Repubblica italiana. Il testo di Leccese compie un percorso sulla condizione attuale del nostro paese per terminare con il capitolo che è, appunto, un’esortazione a tornare non solo ai principi fondamentali della nostra Carta, ma anche all’applicazione dei tanti che, a distanza di sessant’anni dalla sua nascita, sono rimasti lettera morta, o quasi. Del resto, spesso si dimentica come gli italiani, nel 2006, abbiano bocciato una riforma costituzionale molto lacunosa, che confondeva la possibilità di modificare la Costituzione con quella di stravolgerla perché, come ha ricordato recentemente Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Consulta, in un’intervista su Il Venerdì di Repubblica, la Costituzione «è quella cosa che i popoli si danno quando sono sobri, a valere per quando saranno ubriachi».

La Prefazione è affidata a Beppe Giulietti, giornalista, parlamentare, tra i fondatori e portavoce dell’associazione Articolo 21 per la libertà d’informazione, il quale, condividendo il messaggio del testo, sottolinea come, pur nella preoccupazione generale per una democrazia sempre più plebiscitaria, non sia il caso di disperare e che, sulla scia della volontà dell’attuale ministro dell’Istruzione di reintrodurre nella scuola l’educazione civica, bisogna, ognuno nelle proprie possibilità, impegnarsi per diffondere la Costituzione, divulgarla e difenderla in ogni sede.

 

La mala pianta italiana e il frutto corrotto

Colpisce l’analisi coraggiosa e spietata che l’autore compie nel finale dellIntroduzione: «Se il frutto è corrotto, può darsi che sia colpa della pianta. Il Belpaese (la pianta) produce certamente tanti pessimi politici, ma anche milioni di evasori, criminali, mafiosi, delinquenti e disonesti. La società che protesta per il malcostume dei politici è la stessa che genera una corruzione da “repubblica delle banane”. È la stessa società che vanta 100 miliardi di euro annui di evasione fiscale. È la stessa società nella quale sorgono movimenti neofascisti e neonazisti. Dunque non pensiamo solo al frutto marcio, ai politici cattivi, ma allarghiamo finalmente il nostro interesse all’intera società italiana. Il rischio è l’impopolarità, ma vale la pena correrlo. Perché il chiacchiericcio qualunquista da bar non sia l’anticamera di derive populiste e reazionarie».

 

Le tante cose che non vanno in Italia

Il libro prosegue con un viaggio tra le storture, le stranezze e i pericoli italiani iniziando dai rischi della cosiddetta antipolitica, di quella che vorrebbe addirittura l’eliminazione del Parlamento perché i parlamentari guadagnano troppo e vivono di privilegi, o degli abituali truffatori o evasori fiscali che si arrogano il diritto di giudicare i politici come tutti corrotti. Ma la lista è lunghissima e spazia dalla macelleria sociale del G8 di Genova agli striscioni contro gli ebrei negli stadi. L’autore espone la sua tesi e sottolinea come, dato il quadro generale, sia normale che tutte queste disfunzioni siano presenti nelle istituzioni e, in particolar modo, in quelle politiche. Le istituzioni, infatti, non sono che lo specchio della società e se questa è malata non c’è niente di cui stupirsi se poi il corrotto è in Parlamento, la mafia è in Parlamento, nepotismo e clientelismo sono alla base delle pratiche più diffuse della politica. In questo quadro si inserisce il ruolo fondamentale dell’informazione, la trasformazione del ruolo dei giornali e della televisione, il livello diverso tra la realtà e la percezione. Nascono così le notizie che diffondono paura dell’immigrato, del diverso, delle tasse, notizie enfatizzate, distorte, che trasformano quello che avviene realmente. L’autore pone giustamente l’esempio della cronaca riguardante l’odioso fenomeno della violenza sessuale e riflette su come i media sottolineino l’etnia dello stupratore solo in presenza di uno straniero perché lo stupro dell’italiano, ovviamente, non fa notizia.

 

Un nuovo manifesto politico: tornare alla Costituzione

L’ultimo capitolo, Torniamo alla Costituzione, è una disarmante disamina non solo sulla non applicazione della Carta costituzionale, ma anche sulla sua importanza attuale, e sottolinea come la politica, e qualsiasi comportamento, se avesse come bussola la Costituzione, sarebbe sufficiente per migliorare la vita e la società nel nostro paese. L’invito l’autore lo fa utilizzando come esempio gli articoli della Costituzione a partire dall’articolo 3, secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». In poche parole, l’articolo ispirato dal welfare state che, specie negli ultimi anni, si è smarrito sotto le mentite spoglie della flessibilità. Si prosegue con il 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», articolo disatteso ampiamente dall’enorme massa di denaro che sfugge all’erario e causa l’evasione fiscale. Si passa attraverso l’art. 37: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore» per sottolineare la sua mancata applicazione. Per non logorare troppo il lettore, l’autore termina con la citazione dell’art. 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» concludendo: «Quanto questo principio possa conciliarsi con le varie “missioni di pace” è davvero un mistero».

 

I contributi e la Carta

Il testo propone poi, così come si presentano, i contributi di Michele Gesualdi della Fondazione don Lorenzo Milani; di Leonardo Nodari dell’associazione Società civile; delle associazioni Articolo 53 e Demos Agorà; di Fabio Croci per Persone oneste; tutti in difesa della Costituzione con parole di elogio verso l’autore. Il testo si chiude con la Postfazione di Luciano Corradini, docente universitario, già sottosegretario all’Istruzione nel Governo Dini e attuale presidente del gruppo di lavoro ministeriale per l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Il suo è un excursus sul travagliato insegnamento dell’educazione civica con l’auspicio che oltre le buone intenzioni di ripristinarne l’apprendimento nelle scuole, attraverso appunto Cittadinanza e Costituzione, la materia non debba chiedere in futuro ospitalità in altre discipline, ma abbia la dignità di insegnamento con le conseguenze in termini di finanziamento che ne derivano. Utile, e per questo da consultare di tanto in tanto, l’intera Costituzione riportata alla fine di un testo che si fa apprezzare per la disanima della condizione italiana e per la disarmante semplicità con la quale sottolinea come, al di là delle tante vacue parole e dell’enunciazione di principi fatte dalla politica negli ultimi venti anni, ci sia un disperato bisogno, e forse anche ritorno, dell’applicazione della nostra magnifica e sempre attuale Carta costituzionale.

 

Andrea Vulpitta

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 36, agosto 2010)


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