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Anno IV, n. 34, giugno 2010
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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno IV, n. 34, giugno 2010

Zoom immagine La strage di Firenze
in via dei Georgofili
in un racconto
tra fantasia e realtà

di Maria Grazia Franzè
Edita Infinito, la storia della tragedia
fiorentina provocata dalla mafia
rimasta a lungo in un silente oblio


Si può scrivere la storia contemporanea attraverso un romanzo? Infinito edizioni ci propone un testo che dimostra come ciò sia possibile. E come, anzi, talvolta la narrativa sia il sistema migliore per raccontare la storia. Parliamo del romanzo di Silvia Resta, La bomba di Firenze. Fantacronaca delle stragi del ’93 (Infinito edizioni, pp. 160, € 12,00) per ripercorrere, tra fantasia e realtà, la strage che vide la morte di innocenti, la distruzione della torre dei Pulci e di una parte degli Uffizi. Nella Prefazione, curata da Alfonso Sabella, magistrato antimafia, le cui indagini portarono all’arresto di noti boss di Cosa nostra, non solo ci sono delle confidenze dello stesso, ma anche degli interrogativi che tutti, indistintamente, siamo chiamati a porci in merito ai lutti nazionali che hanno investito il nostro paese.

 

Qualche avvertenza sulla lettura del romanzo

«Questo è un racconto di fantacronaca. Realtà e fantasia, come accade nei sogni, si sovrappongono, si mescolano, si integrano. […] Alcune delle storie che troverete sono vere, tratte fedelmente dalla cronaca dei fatti. […] Di certo è vera la cornice: quella bomba che nella notte del 27 maggio 1993 esplose nel centro di Firenze, in via dei Georgofili, provocando una strage. Cinque morti, molti feriti e danni incalcolabili al patrimonio artistico conservato nel museo degli Uffizi».

Nell’avviso ai lettori, poco prima che si immergano nel libro, l’autrice suggerisce un metodo di lettura: guardare alla realtà dell’accaduto pur non negando l’accesso alla fantasia. Se infatti tutto l’intreccio ruota attorno alla strage di Firenze, la protagonista principale – una giovane trentaseienne giornalista americana corrispondente dall’Italia per un quotidiano americano – Kate Morrison, filtra la realtà con il suo punto di vista creando quasi una sorta di romanzo nel romanzo, in cui si alternano racconti fittizi e storia reale. La strage, avvenuta nella primavera del 1993, è infatti raccontata dalla reporter, la quale non solo si sofferma sui particolari ma anche sulle sue emozioni e vicende personali. «Chiusa nel suo impermeabile continua a camminare. Segue la strada. Via dei Georgofili. La via della bomba. I gruppi elettrogeni sono stati spenti. Ora c’è silenzio. Uno strano, cupo silenzio. Lei prosegue diretta verso la voragine. […] Nessuno la ferma».

 

Una strage di innocenti

Morte, distruzione, feriti. Le testimonianze raccolte da Kate fanno rabbrividire. Il silenzio e il grido inconsolabile di chi, rimasto superstite, cerca disperatamente i familiari. Famiglie che non ci sono più, neonati che non sapranno mai come sarà la loro vita, fumo, confusione e tanto dolore negli occhi di chi ancora non capisce appieno cosa sia accaduto. Forse terremoto, forse è giunta l’ora dell’apocalisse. Un primo sopralluogo fa pensare a una bomba, forse a un’autobomba: «Che tipo di autobomba, è ancora presto per dirlo. Unica certezza, l’ora. Era l’una e cinque, anzi l’una e quattro minuti del 27 maggio, quando si è sentito il botto. Su questo, tutti i testimoni concordano. Un boato, un ruggito nella notte, rimbombato per un raggio di chilometri e chilometri».

Tutti i fiorentini sono uniti, tutti sono disposti e pronti a scavare tra le macerie. Il dolore si mescola alla rabbia, personale e collettiva. Dai primi esami scientifici si perviene a una verità: le sostanze utilizzate per le stragi degli anni passati in Sicilia sono le stesse utilizzate per l’attentato fiorentino: «Anche la bomba di Firenze, insomma, porta la firma di Cosa Nostra, la mafia; la più potente organizzazione criminale italiana, parente di quella americana. E forse più forte ancora e più cattiva. La mafia». Cosa nostra è arrivata quindi anche nel centro dell’Italia e Kate cerca di scoprire quale legame ci potrebbe essere tra il luogo d’origine e quello colpito. È a questo punto che l’autrice della storia inserisce un intreccio fantastico. Le curiosità della giovane inviata la portano a un’intuizione prima e a una conclusione poi. Gli attentatori siciliani hanno avuto un legame con la criminalità fiorentina, una rete di suggeritori, una rete di complici che hanno reso possibile e così “perfetta” la strage. Da questa intuizione la perseveranza di voler arrivare a una verità porta Kate alla giustizia.

Presa la decisione di voler procedere nelle ricerche, Kate inizia a girovagare tra le macerie, tra quello che rimane di una trattoria e qui trova le ricevute dei pagamenti avvenuti con carte di credito. Tra i nomi quelli di un generale: Altiero Fauci, un nome conosciuto, un noto detective italiano. Forse un indizio su cui iniziare a porsi delle domande. Da questo sospetto la giornalista vuole vederci chiaro: inizia così a intervistare i proprietari della trattoria per poi arrivare allo stesso Fauci che le concede un colloquio per pochi attimi perché bruscamente interrotto da una telefonata. Cosa nasconderà il generale? Il racconto si infittisce sempre di più. Kate incontra un giovane critico d’arte e si innamora, mentre del generale si perde ogni traccia. È scomparso ma ricercato: è un latitante. Quando ogni speranza di rivederlo e quindi di estrapolare qualche notizia, sembra essersi perduta, ecco che Kate riesce a rintracciarlo. Uno scoop per il giornale americano. Le prove, finalmente la confessione di una verità che vede coinvolte tante persone insospettabili. Forse un barlume di verità?

 

Qualche notizia sull’autrice

Silvia Resta nasce a Roma nel 1956. È una giornalista televisiva, ha lavorato per Telemontecarlo prima, e per La7 dopo, dove tutt’ora è inviato speciale del telegiornale.

Per anni si è interessata di cronaca giudiziaria realizzando reportage di mafia. Tra le sue pubblicazioni si ricorda Alfonso Sabella, cacciatori di mafiosi.

 

Maria Grazia Franzè

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 34, giugno 2010)

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