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Anno IV, n. 33, maggio 2010
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno IV, n. 33, maggio 2010

Zoom immagine Un viaggio mistico
sul Monte Athos per
conoscere se stessi

di Maria Grazia Franzè
In cammino nella antica spiritualità
ortodossa. Edito da Rubbettino


«Come il Pellegrino russo dei celebri Racconti, ho con me solo una moderna bisaccia, e un libro di preghiere. Dentro di me, porto tutto ciò che è stato scritto su  questo luogo santo, e il sogno che il Pellegrino non poté realizzare: pregare insieme ad un eremita dal Monte Athos».

Armando Santarelli, autore del libro La montagna di Dio. Un viaggio spirituale al Monte Athos (Rubbettino, pp. 150, € 14,00), inizia con queste parole a parlare del suo viaggio nella terra più orientale della penisola Calcidica per conoscere da vicino questo luogo mistico dove il tempo sembra essersi fermato.

 

Il pellegrino al posto del viaggiatore

Pensare di raggiungere la penisola Athonita con la convinzione di trovare un luogo di culto poco differente da tutti gli altri è un’idea inesatta.

La lunga e interessante storia di questo luogo, con il suo patrimonio artistico ma soprattutto spirituale e mistico, si intreccia con lo splendido paesaggio naturale che già nella contemplazione avvicina l’anima dell’uomo a Dio e predispone il visitatore all’atteggiamento contemplativo.

Santarelli, nel fare il suo viaggio, registra e trascrive ogni dettaglio: dalla descrizione dei luoghi, delle icone, alle sensazioni provate; dalle conversazioni con i monaci alla vita cenobitica vissuta sul Monte, scandita da un tempo che non è quello ordinario bensì liturgico.

Ammirare il paesaggio lasciato allo stato naturale e quindi senza alcun intervento da parte dell’uomo, aiuta il visitatore-pellegrino a predisporre l’animo alla riflessione. Ma se da un lato i monaci hanno lasciato tutto allo stato naturale, dall’altro emerge anche una sorta di “collegamento” alla vita comune seppure la scansione delle giornate differisce completamente da quella comune.

«Non esiste rete elettrica al Monte Athos, ma i monasteri hanno installato generatori e pannelli solari […] ogni tanto si vedono i monaci portare all’orecchio un cellulare.

[…] Istintivamente guardo l’orologio, poi mi ricordo che non serve a niente; qui vige un altro tempo, quello liturgico; qui siamo tredici giorni indietro rispetto al calendario gregoriano: perché che cosa è mai il calendario civile vigente nel mondo rispetto a quello lunare secondo il quale il Signore è nato, vissuto e morto per resuscitare il 16 del mese di Nisan?».

Sul Monte Athos tutto è fuori tempo o, meglio, tutto è vissuto in altro tempo e con altre regole, basterebbe pensare all’inaccessibilità per le donne o alle richieste per potervi entrare da visitatore.

Il saggio, scritto in prima persona, aiuta il lettore a immaginare il suo viaggio al Monte Athos, non solo per le descrizioni dettagliate e il particolareggiato approfondimento della storia ma anche, e soprattutto, per le domande e i dubbi che naturalmente qualsiasi ospite si pone.

Adeguarsi è sicuramente il modo migliore per assaporare la percezione della vita spirituale che caratterizza il posto. Inutile voler conciliare la serenità del luogo col desiderio di capirne i meccanismi di vita: lo spirito ha una via inaccessibile alla ragione.

 

La storia del Monte Athos

La data che sicuramente viene ricordata tra le più importanti è quella dell’883 quando l’imperatore Basilio I il Macedone riconobbe il diritto dei monaci e degli eremiti alla proprietà e all’uso esclusivo della terra. Ma se l’imperatore è stato molto importante non di meno è stato S. Atanasio.

Fondatore del Lavra, dapprima costituito come un insieme di monasteri indipendenti l’uno dall’altro ma appartenenti ad una Chiesa comune, S. Atanasio ne è stato il fondatore e organizzatore della vita sociale, ma, soprattutto la guida spirituale.

Nel 963 Atanasio inizia la costruzione del monastero prevedendo una vita comunitaria semplice ma austera con un’equa ripartizione della giornata, del tempo liturgico, del lavoro e del riposo. La sua attenzione è stata rivolta all’ordine della vita monastica, vigilata severamente affinché tutti i monaci prendessero parte alle funzioni liturgiche, e alla comunione di ogni bene terreno senza, tuttavia, ostacolare coloro che preferivano l’esperienza solitaria a quella comunitaria.

Nel corso degli anni, sfidando la vecchiaia, Atanasio cercò in tutti i modi di combattere la presenza del demonio che tentò di impedire la costruzione di questo luogo santo. Infatti, durante i lavori per la costruzione della Grande Lavra, in seguito ad un incidente, il santo, rimase a letto per tre anni provando dolorose sofferenze, per la frattura di una gamba. Non pago di ciò e perseverante, Atanasio a circa ottanta anni muore dopo essere salito sulla cupola della chiesa universale (katholikòn) che crollò improvvisamente.

 

Il sì alla chiamata

L’esperienza di Santarelli non si limita soltanto alla scoperta del luogo ma anche alla conoscenza di qualcuno che lo possa aiutare a capire come si vive sulla penisola.

Dopo la cena, frugale e veloce, perché il cibo deve essere nutrimento e non motivo di piacere, qualche monaco si ferma a conversare con l’autore.

I monaci che desiderano prendere i voti ottengono subito la nazionalità greca e la legge che vige nell’intera montagna è conforme al regime di venti Santi monasteri a cui tutta la penisola Athonita risponde tramite l’amministrazione esercitata dai rappresentanti degli stessi che costituiscono la Sacra comunità.

Il potere esecutivo è invece affidato al Sinodo dell’Athos: la Sacra Epistassia che si occupa della finanza pubblica, della vigilanza della moralità ed anche del permesso di soggiorno per visitare il Monte. L’intera struttura fonda le sue basi sulla fermezza delle regole affidate a ciascun membro e tutto risponde a ferree leggi organizzative. Al di là della vita prettamente comunitaria, la giornata del monaco è vissuta interamente nella preghiera: mezzo efficiente e privilegiato per unirsi a Dio ma anche quiete interiore che equilibra le giornate di solitudine e silenzio.

Evagrio, primo codificatore della dottrina monastica sulla preghiera del cuore, definisce quest’ultima una funzione dell’intelletto che si scompone in tre momenti: «[…] lo Spirito deve innanzi tutto rendersi libero nell’apatheia cioè abbandonare i pensieri passionali – e successivamente spogliarsi delle immagini e dei concetti. Solo dopo una tale opera di purificazione è possibile raggiungere il vertice della contemplazione; questo vertice, “dono sovrabbondante della grazia”, è la preghiera perfettamente pura».

Molti uomini che conducevano un’esistenza comune hanno riconosciuto la presenza di Dio nella loro vita e si sono convertiti: «“[…] Dio non è un fatto di volontà. Dobbiamo rimanere liberi di cercarlo".[…] Il nostro pensiero è il Signore. Non è meglio pensare a Dio che agli idoli del mondo? La nostra anima desidera Dio. Siamo fatti a Sua immagine e somiglianza, e solo in Lui troviamo il riposo. Credimi Armando, è un’altra vita quando hai Dio accanto a te».

Santarelli, pur cercando di arrivare con la ragione a comprendere una verità completamente estranea al mondo razionale, intuisce che la ricerca di Dio da parte di chi lo invoca porta già a gustarne la presenza.

 

Maria Grazia Franzè

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)

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