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Anno IV, n. 33, maggio 2010

ridotte in schiavitù
dall’Europa dell’Est
fino al nostro paese
di Clara Sturiale
Edita da Franco Angeli, una ricerca
descrive lo sfruttamento sessuale
Si pensa spesso che la riduzione in schiavitù sia qualcosa di lontano, legato a epoche e a società distanti da noi per tempo e cultura. Invece, il trafficking of human beings non solo è una realtà attuale ma in continua evoluzione, che si muove in modo ancora non troppo definito e definibile lungo il confine tra la “coercizione” e il “consenso” e, negli ultimi dieci anni, si è diffuso e radicato in Europa, soprattutto per quanto riguarda la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale. Lo studio di Emiliana Baldoni, in Racconti di trafficking. Una ricerca sulla tratta delle donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale (Franco Angeli, pp. 228, € 25,50), analizza il fenomeno principalmente dal punto di vista sociologico, seguendo un percorso comunque mai sterile o strettamente documentaristico, seppur molto ordinato, nel procedere dalla contestualizzazione dell’oggetto di studio, il trafficking, appunto, ai riferimenti legislativi, al “lavoro sul campo”, con le interviste alle ragazze vittime dello sfruttamento, all’approfondimento biografico e sociologico, sino alle fasi di accoglienza e reinserimento, e alle conclusioni finali sui “nodi irrisolti”. Punto centrale della ricerca è la ricostruzione degli aspetti principali del fenomeno, grazie al contributo delle donne dell’Est Europa inserite nei programmi di protezione sociale, in applicazione dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 286/98. Uno “sguardo dall’interno” per meglio definire i meccanismi di reclutamento e trasferimento, l’esperienza di sfruttamento sessuale e le circostanze di fuoriuscita, fino al reinserimento sociale.
Politiche distorte
«In Europa, il problema della tratta delle donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale inizia ad assumere rilievo e visibilità a partire dagli anni Novanta. Si tratta di un fenomeno poliedrico, soggetto a continui mutamenti ed evoluzioni, il quale costituisce un segmento specifico del più ampio settore relativo all’industria dell’ingresso irregolare». Così Emiliana Baldoni introduce il fenomeno, collegandolo, subito dopo, al divario crescente tra Nord e Sud del mondo, all’instabilità politica e alla crisi economica, sino ai meccanismi di emarginazione ed esclusione sociale, che hanno causato un ingente flusso migratorio alla ricerca di lavoro sia da parte dei paesi extraeuropei, che da quelli dell’Est Europa. Un contesto in cui si sono inserite le organizzazioni criminali nel momento in cui sono state adottate politiche migratorie più restrittive e si sono inaspriti i criteri di accesso in molti paesi europei. Il trafficking, quindi, cresce e si diffonde, nonostante non si disponga di statistiche affidabili per la definizione del fenomeno, anche per l’assenza proprio di una definizione omogenea nei diversi contesti legislativi europei, dovuta sia a ritardi nell’aggiornare la normativa in base a quella internazionale che a differenti scelte politiche nell’affrontare il problema della prostituzione.
Racconti, silenzi e recuperi
«Ieri venuto uomo qui al centro... Uomo come te, [sociologo] stesso lavoro che tu fare. Lui vuole che io raccontare a lui vita mia... Io non vuole raccontare mia vita a uomo! Io non posso! Io solamente a te dire vita mia, tu mia amica, io non può dire vita mia a uomo che non conosce!». Questa è parte del racconto di Nadia, 23 anni, lettone. Il criterio di scelta delle interviste, spiega la Baldoni, si scontra con necessità e limiti pratici, per cui la rappresentatività del “campione” di donne preso in esame si basa solo sulla provenienza da un paese straniero. Per il resto, ogni aspetto delle storie raccolte e riportate potrebbe essere opinabile, come si evince da quanto riportato nel testo: «Più tardi, ho modo di parlare con il direttore e di esprimergli il mio disagio profondo rispetto all’impossibilità di controllare la sincerità. Con mio grande sollievo mi risponde che “non c’è da sentirsi presi in giro, le bugie sono parte del loro mondo. Forse anche la ricerca sociale dovrebbe prestare più attenzione a questo importante elemento”».
Le ragazze spesso entrano nel meccanismo della tratta tramite un amico, un parente, un conoscente, figure che in quel momento vengono viste come la «soluzione concreta» per sfuggire a una situazione familiare o economica molto difficile e la via più immediata per poter espatriare. Questo è l’inizio dello sfruttamento, da cui si riesce a uscire solo attraverso tre fasi fondamentali: l’attivazione di risorse alternative, come l’aiuto di un cliente, di un operatore, delle forze dell’ordine, la rottura dei legami con i trafficanti e la prima accoglienza in una struttura di protezione. La “ribellione” di solito ha una causa scatenante, che può essere la disillusione rispetto alla gestione autonoma dei propri profitti, la gelosia nei confronti di una nuova ragazza, o eventi ben più traumatici come l’uccisione di una collega oppure ripetuti episodi di violenza. Il principale canale di fuoriuscita è dato, invece, dall’intervento delle forze dell’ordine.
Segue, poi, la fase delicata dell’attivazione dei “programmi individualizzati di protezione sociale” (previsti dall’articolo 18 come strumenti di lotta alla tratta) per realizzare la “transizione assistita” da uno stato di assoggettamento e sfruttamento, attraverso l’adattamento alla vita comunitaria, la regolarizzazione e il reinserimento sociolavorativo, sino al recupero di sé e l’autodeterminazione.
Clara Sturiale
(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)
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