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Direttore editoriale: Natalia Bloise
Anno IV, n. 33, maggio 2010
L’Islam e l’Occidente:
sotto il velo, la storia
del tetro rapporto tra
religione e politica
di Paola Zagami
Da Armando Siciliano editore, l’analisi
del complesso universo dell’Islam
tra guerre e dialogo con l’Occidente
La forza prepotente della storia irrompe ormai da tempo nelle vite di ognuno in maniera tangibile attraverso le immagini della televisione, sempre presente e sempre puntuale nel raccontare o “confezionare” fatti. Proprio le breaking news che interrompono il quotidiano fluire dell’esistenza innescano le sinapsi della memoria collettiva, per cui prima della comprensione degli eventi arriva il ricordo delle immagini. E così, per esempio, tutti rammenteranno i filmati dei giovani tedeschi intenti a demolire nel 1989 il Muro di Berlino, emblema della lunga Guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Se della caduta del Muro si ha una memoria visiva, di un altro evento – oltre alle immagini – risultano indelebili per chiunque la data e persino il ricordo di ciò che si è smesso di fare per comprendere quel che stava avvenendo. Si tratta naturalmente dell’11 settembre 2001, giorno dei quattro attacchi suicidi di matrice fondamentalista islamica che hanno avuto come obiettivo le Torri Gemelle di New York, il Pentagono e, senza successo, la Casa Bianca.
Da questa data epocale, messi da parte l’orrore, il dolore per le numerose vittime e lo sgomento, i potenti del mondo hanno dovuto riflettere sulla lunga storia di coesistenza e contrapposizione fra Occidente e paesi islamici. Da questo punto prende le mosse Sotto il velo dell’Islam di Rosamaria Migneco (Armando Siciliano editore, pp. 196, € 14,00).
L’autrice, nata a Milano ma residente da molti anni a Messina, città dei suoi familiari, insegna Italiano negli istituti di secondo grado. Privilegiando la sua naturale vocazione didattica, confeziona un vero e proprio manualetto di Storia dell’Islam, ausilio per giovani studenti e interessante lettura anche per gli adulti. Attraverso una trattazione sintetica e schematica approfondisce i caratteri salienti della religione islamica, la storia dei territori ricchi di giacimenti petroliferi e le responsabilità delle nazioni industrializzate nel loro sfruttamento economico, l’irrisolta Questione palestinese, e più in generale il terrorismo internazionale di matrice musulmana e le conseguenti reazioni degli intellettuali in Italia e non solo. Si aggiungono degli approfondimenti su quattro paesi islamici emblematici: la Libia di Gheddafi, l’Iran della rivoluzione khomeinista, l’Afghanistan dei talebani, e l’Iraq prima e dopo Saddam Hussein.
L’Islam tra misticismo e teocrazia
Nonostante negli ultimi anni anche in Italia la considerevole presenza di emigrati di religione musulmana abbia posto al centro dell’attenzione la fede e la cultura islamiche, di esse si conoscono poco i principi ispiratori. L’Islam si fonda sulla sottomissione incondizionata ad Allah, sulla lettura del Corano e sull’osservazione dei suoi dettami anche nella vita religiosa e politica, concretizzati in una legge, la Shari’a.
Questi semplici presupposti spiegano l’affermarsi di governi islamici, come il grande impero ottomano crollato dopo sei secoli per dare spazio all’odierna repubblica turca, laica e moderna.
Un’analoga evoluzione non è avvenuta in altri paesi asiatici, vittime di un indiscriminato colonialismo e di una modernizzazione forzata sul modello dell’Occidente. Già allora risultò valida la convinzione per cui non si possono importare l’economia, la cultura e gli usi che non siano propri di una popolazione.
E, infatti, la gran parte dei paesi a maggioranza islamica, anziché recepire i modelli di governo occidentali, mutuano dalla propria religione forme di governo ora più marcatamente condizionate dalla parola del Corano ora più illuminate. Due casi emblematici sono rappresentati dal regime dei talebani in Afghanistan e dalla Libia di Gheddafi.
In Afghanistan, ai tempi della dittatura talebana, le restrizioni alla libertà individuale erano innumerevoli ed erano rivolte perlopiù alla donna, ritenuta inferiore all’uomo secondo le parole di Maometto, e mortificata nel corpo e nella mente a partire dalla costrizione del burqa e dall’impossibilità di ricevere un’istruzione.
Ben diversa è la situazione in Libia oggi, ancora soggetta alla dittatura di ispirazione musulmana di Gheddafi, eppure non lontana dalla laicizzazione dello stato grazie a importanti riforme economiche e sociali e alla piena collaborazione alla lotta al terrorismo e all’integralismo dopo l’11 settembre 2001.
La Questione palestinese e l’integralismo islamico, temi caldi per la pace mondiale
Se ampio spazio viene concesso alla storia passata dei popoli islamici, il testo di Rosamaria Migneco non può prescindere dal presente post 11 settembre 2001, in cui sono tornate drammaticamente alla ribalta le tensioni in Palestina e il terrorismo dei fondamentalisti.
Nel tortuoso cammino percorso da israeliani e palestinesi per la contesa dei territori, iniziato nel 1948 con la nascita dello Stato d’Israele, si sono susseguite quattro Guerre arabo-israeliane, due Intifade, ovvero le rivolte delle pietre, e un “muro della vergogna” giustificato da Israele per motivi di sicurezza, ma dichiarato illegittimo dal Tribunale internazionale dell’Aia. Sullo sfondo di una lotta per il controllo delle terre e delle loro risorse restano due popoli insanguinati dai kamikaze palestinesi e dai missili israeliani.
Proprio sui cadaveri di queste genti speculano leader politici estremisti come l’iraniano Ahmadinejad e le organizzazioni terroristiche internazionali che attraverso questo conflitto muovono una guerra all’Occidente su tutti i fronti, negando non solo lo Stato di Israele ma anche l’Olocausto.
Come spiega bene l’autrice, a partire dal fondamentalismo, nato dalla volontà di rinascita dalla crisi politica, culturale e religiosa dei paesi islamici seguita al colonialismo occidentale, si sviluppano azioni terroristiche tese ad annientare il nemico conquistatore “infedele”.
Come nel caso di al-Qaeda, organizzazione guidata da Osama Bin Laden, a spese di giovani indottrinati al jihad contro “crociati” ed ebrei, il terrorismo, avvalendosi delle televisioni e di Internet, organizza ovunque attacchi kamikaze e rapimenti di giornalisti europei e americani, spesso seguiti da barbare esecuzioni.
Il primo passo per la risoluzione di questi gravissimi problemi è il riconoscimento e il rispetto delle diversità, come ha affermato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in occasione di una visita all’Università del Cairo il 4 giugno 2009: «È più facile dare inizio a una guerra che porle fine. È più facile accusare gli altri invece di guardarsi dentro. È più facile tener conto delle differenze di ciascuno di noi che delle cose che abbiamo in comune. Ma nostro dovere è scegliere il cammino giusto, non quello più facile. C’è un unico vero comandamento al fondo di ogni religione: fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi. Questa verità trascende nazioni e popoli, è un principio, un valore non certo nuovo. Non è nero, non è bianco, non è marrone. Non è cristiano, musulmano, ebreo. È un principio che si è andato affermando nella culla della civiltà e che tuttora pulsa nel cuore di miliardi di persone. È la fiducia nel prossimo, è la fiducia negli altri».
Parole assai condivisibili ma di ardua realizzazione.
Paola Zagami
(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)
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