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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Corruzione? Nepotismo?
10 regole per stare meglio
di Erika Casali
Un decalogo edito da Chiarelettere per guarire
la società italiana che si dibatte tra gli stereotipi
«I cittadini sono ugualmente ammissibili a tutti gli incarichi e impieghi pubblici secondo le loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti».
Questa citazione è presa dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789; il libro La cura. Contro il potere degli inetti per una repubblica degli eguali. Un decalogo per ricominciare da zero, scritto da Michele Ainis (Chiarelettere, pp. 176, € 14,00), si basa proprio sul valore del concetto espresso così chiaramente da queste parole per illustrare quello che la società italiana non è, attraverso una denuncia di realtà sociali e politiche tanto caratteristiche e tipiche della quotidianità dello stivale. L’autore insegna all’Università di Roma Tre, è costituzionalista, opinionista, saggista, ha all'attivo numerose pubblicazioni con diverse case editrici.
Dieci modi per guarire
Il libro offre un decalogo di proposte per ricostruire una società basata sul merito, sulla legalità e sull’uguaglianza. Le proposte arrivano solo dopo una bruciante denuncia della situazione attuale in cui vivono l’Italia e gli italiani, in cui troppi giovani apprezzabili e onesti rimangono senza un lavoro e senza alcun riconoscimento dei propri meriti, in cui troppe donne continuano a rimanere e a trovarsi in situazioni di emarginazione, relegate in stereotipi e ruoli talmente stretti e obsoleti che si fa fatica a credere che possano ancora esistere. Viene denunciata un’Italia in cui sono troppi i singoli contro l’aggregazione delle lobby, troppi sono gli spiriti liberi lasciati soli contro il conformismo dei partiti, dei sindacati e delle chiese. Da qui il decalogo che percorre questo libro, composto da dieci proposte radicali, per estirpare la corruzione alla radice, per esempio: «contro il potere delle lobby serve disciplinare la libertà d’associazione, rendendo pubblici i nomi degli iscritti, stabilendo un regime di incompatibilità, demolendo la regola della cooptazione». Poi ancora: «serve una legge sui gruppi di pressione, così come serve abolire totalmente gli ordini professionali»; servono regole di ferro e soprattutto comuni, per le associazioni; serve una legge contro il potere delle oligarchie di partiti e sindacati e serve togliere i vincoli di legge per candidarsi alle elezioni. Per dare voce alle minoranze, penalizzate da una discriminazione di genere e di razza, servono delle azioni positive, basate su analisi e che soprattutto siano temporanee, flessibili e graduali. Seguono dei consigli sulla maniera migliore per rifondare l’università sul merito e restituirle l’autorità perduta, su come agire contro i favoritismi e gli abusi di potere, come neutralizzare i conflitti d’interesse, favorire il ricambio della classe dirigente, come combattere l’ignoranza del potere e infine come promuovere il controllo democratico.
Terapia d’urto
Per riuscire in tutto questo, non c'è sempre bisogno di coniare regole nuove, molto spesso il rimedio esiste già, soltanto che non viene applicato: nella Costituzione italiana per esempio, c'è un serbatoio di soluzioni di cui nessuno sospetta l'esistenza; chi invece ne è al corrente, sa bene cosa evitare per continuare a fare i propri comodi.
Per risolvere, o meglio, cambiare, questa situazione, è necessaria una terapia d’urto: se il problema riguarda il lavoro che passa di padre in figlio, generazione dopo generazione, basta aprire il libro al capitolo quarto e immergersi in un’analisi dettagliata del contesto italiano, a cui fanno seguito le proposte per superare le strettoie del nepotismo e annullare i privilegi della nascita.
Si passa a proposte reali tese alla promozione della democrazia, da attuare inserendo il referendum propositivo, attraverso la possibilità di revoca da parte degli elettori, la mozione di sfiducia verso i rettori, i dirigenti e i presidi.
«In Italia non c’è più posto per chi canta fuori dal coro. Non a caso il servilismo è ormai la malattia etica degli italiani». Quello che serve quindi è proprio un cambiamento che riguarda la gente, la mentalità comune, ormai troppo abituata alle brutture e alle bassezze e piccole furberie del sistema italiano.
Il messaggio è di speranza
Dopo aver esposto i suoi dieci punti, la considerazione dell’autore è ugualmente amara perché se continueremo ad aspettare che il cambiamento arrivi dall’alto, dai vertici, non otterremo nulla. Chi deve agire è il popolo, è la gente che deve riuscire a trovare la consapevolezza della sua condizione e deve scendere in campo. Il quadro che emerge da questa analisi appassionata compiuta da Ainis è davvero sconfortante anche se, attraverso questo decalogo, il messaggio finale che vuole lanciare è di speranza: le cose possono ancora cambiare, attraverso regole desumibili dalla stessa Costituzione oppure ricavabili da esempi storici offerti da democrazie di antica tradizione. Tutte e dieci le proposte sono vere e proprie bombe, terapie d’urto da applicare ai singoli contesti, che portano alla cura. Il libro si rivolge a chi oggi ha l’età e la voglia di prendere in mano le redini della situazione e portare avanti questo decalogo, con grandi difficoltà sicuramente, per tramutarle in proposte di legge.
Erika Casali
(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)