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Anno IV, n. 32, aprile 2010
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno IV, n. 32, aprile 2010

Zoom immagine Le nuvole
nella filosofia

di Maria Grazia Franzè
Il valore delle nubi
in un bel saggio
edito Rubbettino


«All’origine del mondo c’è una nube e prima ancora della nube un Intelletto divino, causa non causata che ha creato la materia».

Storia delle nuvole. Da Talete a Don Delillo (Rubbettino, pp. 132, € 12,00) scritto da Tonino Ceravolo, parla delle nubi e di come queste abbiano influenzato il pensiero dell’uomo dalla sua origine ad oggi.

Le nuvole, compagne e guide di viaggi sono presenti sin dalle prime pagine nella storia delle storie: la Bibbia. Presagio di sventure o addirittura luogo privilegiato da Dio per rivelarsi al suo popolo, le nubi sono ricettacoli della fede, guidano Mosè e accompagnano l’uscita degli ebrei dall’Egitto.

Scrive infatti Ceravolo: «la nube, in un certo senso, nasconde e rivela: nasconde perché Dio è posto come dentro un’oscurità che si sottrae alla luce delle facoltà razionali, ma rivela perché è proprio nell’oscurità che, paradossalmente e se mai all’uomo sarà dato di vederlo in questa vita, diventerà possibile cogliere Dio».

 

Storia delle nubi e nubi della storia

Se le nubi occupano un ruolo privilegiato nella Bibbia, altrettanto lo hanno nella storia del pensiero umano.

Un aneddoto racconta di come Talete «[…] mentre sta osservando le stelle, va a finire in un pozzo e la serva tracia lo deride». Questo per dire come l’osservazione del cielo estranea l’uomo dal mondo terreno, lo corteggia e lo conquista in una vita meditativa che è poi quella filosofica. A questo proposito, infatti, «il rimprovero che Talete subisce non è soltanto di non vedere ciò che ha davanti agli occhi, ma pure quello di trascurare di guardare a sé piuttosto che al cielo: la contemplazione degli astri conduce allo smarrimento dell’assenza dell’uomo tanto che il filosofo (non il solo Talete, ma chiunque faccia filosofia), alla fine, ignora se stesso e il proprio prossimo, addirittura non sa se si tratti di bestie oppure di uomini».

È per questo motivo che si parla di “pozzo di Talete”, proprio perché come quando si cade in un pozzo non se ne viene fuori, allo stesso modo, l’essenza stessa della filosofia implica questo atteggiamento di coinvolgimento totale.

 

Il pensatoio di Socrate

Le nubi accompagnano anche Socrate. Nella sezione in cui l’autore scrive di quest’ultimo, si intuisce come Socrate abbia subito una critica derisoria da parte di Aristofane proprio perché la contemplazione delle nuvole lo avrebbe estraniato dalla vita comune per interessarlo a qualcosa di mutevole, lontano e in continuo movimento. A questa prima critica se ne intravede una seconda, meno esplicita, ma ampiamente trattata nel saggio: quella che associa la mutevolezza delle nuvole a quella delle donne.

L’autore scrive infatti: «parallelamente, se le donne si identificano nelle nuvole è per il fatto che ne condividono la volubilità, la sostanza aerea impalpabile e indefinibile, pronta a divenire altro non appena ci si illuda di averla catturata». Le nuvole diventano, quindi, strumento e motivo di derisione ma sono anche qualcosa che proprio per la loro mutevolezza e difficile conoscenza sono riconducibili al mondo infernale. Non bisogna, infatti, tralasciare il contesto sociale dell’epoca in cui lo sconosciuto era facilmente associabile al mondo occulto e, la pratica di esercizi spirituali demoniaci era esercitata dalle donne.

Nel loro aspetto indeterminato e incessante, si intravede un principio stregonesco. Le nuvole non solo sono elementi naturali che mutano e non stanno mai ferme, come gli spiriti demoniaci, ma sono anche causa di danni come tempeste o fulmini (segni quest’ultimi, per la cultura dell’epoca, di cattivo auspicio).

 

La nube come oggetto di studio

I filosofi che si propongono di avanzare uno studio naturalistico, contribuiscono alla nascita delle ipotesi meteorologiche e sono tutti concordi nell’assumere un approccio analitico per comprendere come sono generate e cosa producono le nubi. L’analisi di questi ricercatori è associabile a quello di Fabre nell’opera L’uomo che misura le nuvole, in cui è rappresentato un artista che tenta di misurare la lunghezza delle nuvole e quindi non si pone più nell’atteggiamento contemplativo. Basti pensare ad Anassimene che già parla di condensazione e rarefazione; ad Anassimandro che si sofferma sullo studio del rapporto tra le nuvole e il vento; a Lucrezio che vi dedica il sesto libro del De rerum natura; ad Aristotele che nella Meteorologia spiega la formazione delle nuvole stesse come una conseguenza di due emissioni: quella umida e quella secca; a Cartesio che assume un atteggiamento di meraviglia nei confronti dei fenomeni celesti difficili da comprendere.

Fino ad arrivare poi a studiosi che si sono cimentati in una classificazione vera e propria.

«La volontà di classificare nasce probabilmente, secondo Perec, dall’idea “che non esista nulla al mondo di così unico da non poter entrare in un elenco”», così nasce il bisogno di identificare ed elencare, nasce dunque la meteorologia come scienza, alla quale ci si affida programmando e scandendo la quotidianità di ogni essere umano.

«Ma allora tutte le nuvole sono orologi o tutti gli orologi sono nuvole?» Karl Popper utilizza questa metafora per distinguere i deterministi dagli indeterministi. Secondo i primi, infatti, anche le nuvole rispondono alle leggi del mondo fisico; per i secondi, invece, sarebbe inutile ricondurre a leggi stabili un mondo che è continuamente mutevole e sfuggente.

«Le nuvole, apparentemente senza storia, potrebbero, allora, apparirci come nuvole interessate dalla storia lenta, quasi immobile – per riprendere un concetto di Braudel – della lunghissima durata, sottomesse a una evoluzione che ha a che fare con il tempo delle variazioni geologiche impercettibili agli occhi del presente».

 

L’autore

Tonino Ceravolo, vive a Serra San Bruno (Vv), scrittore e studioso, si occupa principalmente di storia e antropologia religiosa.

Numerose sono state le sue pubblicazioni in merito allo studio sulla presenza di S. Bruno in territorio serrese, per citarne qualcuna si ricorda: Vita di San Bruno di Colonia. La ricerca di Dio nel silenzio del deserto; Gli spirdati; I monaci di clausura.

In passato docente di storia e filosofia presso il Liceo scientifico “Niccolò Machiavelli” di Serra San Bruno, attualmente è preside dell’Istituto d’istruzione superiore “Luigi Einaudi”, sito nello stesso paese, e socio della Deputazione di “Storia Patria per la Calabria” e altresì direttore di Rogerius, rivista dell’Istituto della biblioteca calabrese di Soriano Calabro.

 

Maria Grazia Franzè

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 32, aprile 2010)

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