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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Gazzetta del Sud: pagine culturali
attente al “nazionale” e al “locale”
di Daniela Graziotti
Tredici domande rivolte ad Antonio Prestifilippo, capo servizi Cultura
del quotidiano diretto da Nino Calarco: tutti i segreti della “cucina”
A un anno esatto dal restyling grafico ed editoriale della Gazzetta del Sud, abbiamo intervistato per i nostri lettori Antonio Prestifilippo che proprio da un anno è responsabile delle pagine di Cultura e Spettacoli del quotidiano. Un restyling che ha giovato molto proprio alla “leggibilità” di tutto il giornale e soprattutto alle pagine di approfondimento e intrattenimento, in cui, in questi mesi, abbiamo potuto leggere lunghe e articolate interviste con grandi scrittori italiani e stranieri, notare una ricercata iconografia che correda quasi tutti gli articoli, compreso un appuntamento con il tema del giorno di politica estera che settimanalmente il giornale propone in un cosiddetto “osservatorio internazionale” che esce la domenica con una foliazione arricchita di altre pagine culturali.
A Prestifilippo abbiamo rivolto tredici domande su temi che spaziano dal ruolo dell’intellettuale nella società italiana alle caratteristiche richieste per diventare giornalista culturale sino alla tentazione di pubblicare una rubrica in cui indicare i libri da non leggere. Prestifilippo non si è tirato indietro, rispondendo, senza risparmiarsi, a tutte le domande.
Dal fitto dialogo emerge un’analisi attenta del settore che potremmo definire di “informazione culturale”. Riferendosi a quelle della Gazzetta Prestifilippo sottolinea come la linea del giornale punti molto, oggi, all’uso delle immagini colorate per valorizzare i temi trattati. Egli afferma che le notizie attinenti allo spettacolo suscitano nei lettori un interesse maggiore che quelle culturali e alla nostra domanda relativa al ruolo degli intellettuali, risponde che questi ultimi sono stati nel tempo sostituiti dai personaggi dello spettacolo, capaci addirittura di «spostare consensi».
Il capo servizi Cultura del giornale – fondato nel 1952 da Uberto Bonino e da moltii anni diretto da Nino Calarco che lo ha portato ad una notevole diffusione – risponde a una nostra domanda sul rapporto tra cultura e potere soffermandosi sul potere dell’intellettuale, oggi a suo parere quasi scemato: interessante sarebbe stato anche soffermarsi sul possibile asservimento che spesso gli intellettuali subiscono nei confronti dei potenti di turno. Ma avremo tempo per approfondire anche questo aspetto.
Essendo Bottega Scriptamanent una rivista che riserva molto spazio alle recensioni librarie, abbiamo voluto rivolgere a Prestifilippo alcune domande sull’argomento. In particolare, gli abbiamo chiesto in base a quali criteri venga scelto il libro da recensire. Anche in questo caso egli si dimostra sincero: in primo luogo menziona le classifiche di vendita, il passa parola, la notorietà dell’autore. Ciò impone una riflessione sul peso esercitato oggettivamente dall’industria culturale. L’intervista prosegue con tante citazioni di autori, da Baricco a Camilleri, da Ammaniti a Mazzantini, non senza una critica di Prestifilippo al filosofo Toni Negri: «che cosa faceva per questo paese quando se ne stava a Parigi?».
Non ci resta che promettere a Prestifilippo che, qualora dovessimo intervistare Negri, ci faremmo certamente latori della sua domanda.
Domanda: Gentile dott. Prestifilippo, in cosa si caratterizzano le pagine culturali della Gazzetta del Sud rispetto a quelle degli altri giornali italiani?
Risposta: Cerchiamo quanto più possibile di seguire l’attualità in tutti i campi culturali: libri, mostre, grandi eventi, anniversari. Poi è chiaro che quotidianamente compiamo le nostre scelte, talvolta del tutto sganciate dall’attualità. Puntiamo molto sull’iconografia, giacché il giornale a colori ci consente di valorizzare ed impreziosire un articolo, un elzeviro o anche un fogliettone.
D: Come vede la situazione delle pagine culturali della stampa nazionale?
R: Non è così buia. Ci sono alcuni giornali, anche regionali e provinciali, che fanno sforzi notevoli per avvicinare i lettori alla cultura ie incuriosirli ai libri. Poi ci sono i grandi quotidiani e i newsmagazine che sembrano un po’ omologati. Ma il loro valore è indiscutibile, considerato che possono contare su firme prestigiose e, più direttamente, su una schiera eccellente di scrittori di razza. Si potrebbe sollevare più di una perplessità, tuttavia, sulla quantità delle informazioni culturali che essi producono, giacché i loro organici fanno impallidire le redazioni di molti altri piccoli e medi quotidiani. Tuttavia credo sia anche il mercato a dettare la distribuzione dell'informazione culturale: negli anni sono aumentate, e di molto, le pagine dello Spettacolo anziché quelle della Cultura. Per fortuna alcuni quotidiani riservano almeno una volta alla settimana un inserto culturale come fanno il Sole24ore o
D: Quale crede sia il rapporto tra potere e cultura? In particolare, quale dovrebbe essere il ruolo dell’intellettuale nel contesto sociopolitico in cui svolge la sua attività?
R: Il rapporto tra potere e cultura è una vecchia questione di lana caprina. Io credo che il potere degli intellettuali sia assolutamente relativo. Voglio dire che una volta in questo paese c’erano uomini di cultura e anche cosiddetti opinion makers che riuscivano a spostare consensi, ad aprire dibattiti, a suscitare interrogativi sulle grandi questioni. Oggi questo ruolo lo hanno assunto i personaggi dello spettacolo e del cabaret, gli attori. Se ci sono ancora gli intellettuali, e ci sono, coltivano il proprio orticello e si tengono ben alla larga – tranne qualche rara eccezione – da questa realtà di deriva del paese. L’unico potere che forse è possibile esercitare da parte degli intellettuali è quello di influenzare o forse addirittura di decidere i vincitori dei principali premi letterari italiani, questi sì lontanissimi – tranne qualche caso – dal contesto sociopolitico. Diverso il caso dei polemisti. Ce ne sono pochi e ce ne vorrebbero di più.
D: Toni Negri in un suo recente scritto (La differenza italiana, Nottetempo) ha ironizzato sulla politica editoriale delle pagine culturali dei principali quotidiani nazionali degli ultimi anni, rilevando il loro carattere di salotto appartato, distante dal contesto sociale italiano, con una sproporzionata attenzione al cosiddetto “pensiero debole”, nel caso de
R: E’ un giudizio troppo netto col quale sono d’accordo solo in quanto lettura dissacrante e ironico-polemica. D’altro canto Negri che cosa faceva per questo paese quando se ne stava a Parigi?
D: Quali sono, a Suo avviso, le caratteristiche richieste per diventare giornalista culturale? Occorre maggiormente la preparazione culturale o la curiosità?
R: Contano entrambe le cose. La curiosità, la voglia di capire e di andare in fondo alle cose è forse più importante della preparazione accademica. Tuttavia una base ci vuole.
D: Siamo fortemente interessati al tema delle recensioni. Come avviene la scelta del libro da recensire?
R: In genere il libro da recensire si sceglie sulla base delle classifiche di vendita, del passa parola, della notorietà dell'autore. Ma non solo. Non ci sono dogmi. È chiaro che una pagina culturale non può ignorare del tutto un autore come Camilleri o come Baricco. Ma è anche vero che la scelta di un libro piuttosto che di un altro avviene anche sulla base delle schede che le case editrici inviano, per la curiosità di cui parlavo prima, per conoscenza diretta dello scrittore. Insomma non vi sono regole ferree. Tra l'altro ti può capitare d'imbatterti in un autore assolutamente sconosciuto con un racconto o un altro testo interessante. Ed ecco che scatta la recensione. L’unica cosa cui stiamo attenti è che si tratti di un testo reperibile nelle librerie.
D: Le rivolgiamo la stessa domanda che Lei ha posto al giornalista e scrittore Gianni Bonina: «Esiste ancora in Italia la critica letteraria oppure sui giornali compaiono ormai solo recensioni con esercizi di stile?».
R: E io le rispondo con Roberto Cotroneo: che critici ante litteram ce ne sono sempre meno e che le stroncature fanno male. In gran parte son sparite. Tranne alcune che fa Antonio D’Orrico sul magazine del Corriere della sera, che in “venticinque parole” riesce davvero ad essere velenosissimo ridicolizzando un autore. Ma ce n'è anche qualche altro. Ricordo una memorabile stroncatura che Tuttolibri de
D: Quanto conta per un libro e per un editore la recensione su un quotidiano?
R: A parte il passa parola di chi ama entrare nelle librerie e starvi a lungo sfogliando le quarte di copertina, credo che una recensione, cioè il succo del libro in poche parole, non possa far da sola la fortuna o la sfortuna di un'opera letteraria. Sto pensando a Non ti muovere di Margareth Mazzantini, una delle scrittrici a mio avviso più eleganti e più brave del panorama letterario italiano. Quel libro, se ricordo bene, non venne accolto come un evento dalla critica. Ma il passa parola è stato determinante. Identica sorte è toccata a Susanna Tamaro, la più stroncata: i suoi libri sono sempre andati a ruba. Ma ci sono molti altri casi di libri arrivati in sordina negli scaffali d'una libreria e che hanno avuto grande successo.
D: Si rischiano tentativi di condizionamenti più da parte delle case editrici grandi o da quelle piccole?
R: Dirigo le pagine culturali e dello spettacolo da neanche un anno, ho rapporti con gli uffici stampa delle maggiori case editrici italiane e non mi è mai capitato di aver subito condizionamenti.
D: Nelle recensioni pubblicate nelle pagine che Lei dirige sono utilizzati maggiormente collaboratori esterni o firme “interne”?
R: Magari avessi il tempo di recensire io stesso alcuni dei libri che leggo. Mi capita rarissimamente. Tuttavia qualche volta alcuni di noi riusciamo a scriverne. Ma ho alcuni validissimi collaboratori che fanno un ottimo lavoro.
D: Inserirebbe mai una rubrica in cui segnalare i libri da non leggere?
R: Mi piacerebbe. Molti delle migliaia di titoli che le case editrici di ogni grandezza mandano alle stampe meriterebbero non solo segnalazioni negative ma vere e proprie stroncature. Più che segnalarli come libri da non leggere è forse meno cattivo e più elegante non parlarne del tutto.
D: Quale spazio dà alle proposte culturali provenienti da Calabria e Sicilia (che, come è noto, sono le zone di maggior diffusione della Gazzetta del Sud)?
R: Sicuramente a quelle più interessanti e innovative, che abbiano respiro nazionale o comunque originale. Le pagine di Cultura e Spettacolo “coprono” gli eventi di rilievo nazionale, quelli che i nostri lettori non leggerebbero altrove, se non comprando un altro quotidiano. Per cui le nostre pagine non possono occuparsi di tutti gli eventi locali perché avendo nove o dieci edizioni ad essi dedicati, sarebbero continuamente ingolfate. Alla Calabria e alla Sicilia dedichiamo due pagine settimanali di arte, cultura e spettacolo che vengono redatte a Messina e a Cosenza. Fermo restando che gli avvenimenti regionali e locali più importanti e più originali trovano comunque ospitalità nelle cosiddette “nazionali”.
D: Una domanda che vuol essere provocatoria: ritiene più importante per un quotidiano come
R: Nessuna provocazione. Il risalto agli eventi calabresi o siciliani è legato al richiamo nazionale, compresi i premi letterari.
D: Quali sono, secondo Lei, gli autori della letteratura meridionale capaci di descrivere la situazione attuale del Mezzogiorno?
R: È la domanda più difficile. Non sono molti gli autori che esprimono il disagio anche generazionale del Mezzogiorno. Voglio dire che non ci sono molte storie che parlino dell'oggi. Ma ci sono scrittori meridionali di buon livello. Naturalmente non farò alcun nome. Sul piano invece del saggio d'inchiesta mi pare che, a parte qualche caso, il Mezzogiorno abbia ancora molto da esprimere anche in termini di esplorazione esistenziale della quotidianità nelle aree più chiuse. Con la sorpresa della Lucania...
Bonaventura Scalercio
(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 3, novembre 2007)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi