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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno IV, n. 30, febbraio 2010

Zoom immagine Riesaminare le teorie
socialdemocratiche
per un futuro coeso

di Paola Foderaro
Da Rubbettino editore: quindici filosofi
e una nuova lettura delle idee riformiste


In ogni processo messo in atto dall’uomo viene sempre il momento in cui, per andare avanti, per farsi coraggio nell’immancabile nuova sfida, bisogna “tirare le somme”. E di un tale onere si fa carico Corrado Ocone nel suo libro Profili riformisti, (Rubbettino, pp. 112, € 10,00), che ci offre una sintetica sequenza di quindici pensatori sentiti dall’autore come specchio di un certo riformismo socialdemocratico al quale chi scrive non nega di guardare personalmente con favore. Si tratta di un testo del “dopo Obama”, aggiornato dunque, che vuole ricordare alla sinistra italiana, in un momento storico in cui le giungono accuse di “morte del socialismo”, le idee e soluzioni presenti nelle opere dei grandi del pensiero progressista.

 

Lo sguardo sempre rivolto ai maestri

L’impronta di sé che Ocone lascia nelle sue pagine è quella di uno studioso meticoloso e appassionato che affronta le teorie dei personaggi di spicco a cui si riferisce – Dahl, Habermas, Rawls, Rorty e Senneth per citarne solo alcuni – come un pensiero ancora vivo, come portatori di una fondamentale domanda che esiste e si pone non affinché le si trovi risposta definitiva, ma perché il suo semplice porsi divenga per l’uomo una via, un metodo di ricerca: “quali sono le nuove ragioni del socialismo democratico?”

 

Un metodo dal padre illustre

L’autore ha fatto dunque – coerentemente – propria quest’ultima, la via insegnata da Norberto Bobbio. Cosicché ciò che sfogliando distrattamente potrebbe apparire come una carrellata, una galleria di ritratti a sé stanti, nella lettura si anima, trasformando le figure presentate in lavoratori intellettuali all’opera, intenti nel cercare modelli validi, soluzioni adatte al nodo che di volta in volta si deve risolvere. Proprio in nome di quell’antiperfezionismo tipico del secondo marxismo riformista che, differenziandosi rispetto alle posizioni massimaliste di Marx, cerca di dare risposte concrete alle esigenze del momento.

 

Il campo fertile è sempre vario e multiforme

Come mette bene in evidenza Emanuele Macaluso, che ha precedentemente pubblicato gli articoli di Ocone sulla rivista Le Nuove ragioni del socialismo, gli autori di cui si occupa lo studioso credono nella battaglia di idee come strumento di cambiamento, e come tali cancellano, riscrivono, innovano le categorie di lettura della storia, della società, delle dinamiche economiche. Capiamo allora perché il saggista guardi per lo più a filosofi e sociologi – da sempre, combattenti di idee – quali suoi punti di riferimento. Oltre al già citato Bobbio, stimoli importanti provengono infatti dalla teoria della Capability approach elaborata da Amartya Sen e Martha Nussbaum e dalla teorizzazione dell’essenza “poliarchica” delle democrazie moderne, da parte di Robert A. Dahl. Con lo stesso favore si guarda poi alla radicale revisione del marxismo operata da Antony Giddens, proprio per le sue possibilità di apertura ad un’ideologia divenuta inutilizzabile nella sua versione originaria, nonché alla rivoluzione delle griglie tematiche della sociologia di Ulrich Beck, con la sua definizione di “seconda modernità”. Fondamentale è inoltre il contributo di pensatori “puri” quali Jürgen Habermas, con la sua riflessione sulla razionalità discorsiva, e Richard Rorty, di cui si analizza il passaggio dalla filosofia analitica alla sua critica quale cambiamento emblematico della logica riformista, in sintonia con la critica al metodo generalizzante di Habermas e Rawls fatta da Michael Walzer. Anche altri “eclettici” come Albert O. Hirschman, Richard Sennet e Mario Vergas Llosa, colpiti dalla complessità del mondo, vedono il riformismo come unica soluzione politica volta a cogliere il singolo fine, nel rispetto dei singoli nessi tra le cose.

 

Un pensiero intelligente merita una forma chiara e comprensibile

Un panorama variegato, dunque, quello che Corrado Ocone ci propone nel suo libro, in cui ci orienta con schematizzazioni precise e definite, pur senza mai trascurare di citare le molteplici fonti alle quali si rifà. Per questo, al termine della lettura, la sensazione è quella di aver gustato il saggio per quello che essenzialmente è, cioè una lettura breve, agile, non dispersiva e antienciclopedica, ma in cui si mettono a fuoco pochi punti nodali di una questione in realtà vasta. Dinanzi a una raccolta di saggi come la presente, il vantaggio di chi legge è ancora maggiore in ragione di due ulteriori elementi di organizzazione del testo, la chiarezza nell’esposizione e la capacità di sintesi. Ocone scrive come se tenesse una lezione a chi sta dall’altra parte della pagina: mette in chiaro i propri schemi storiografici e l’intento dell’opera nelle prime pagine e, nei singoli pezzi, isola le tematiche principali in modo chiaro ed esaustivo, collocandole nel percorso culturale degli autori senza stemperare eccessivamente i noccioli della questione in dettagli secondari, rendendo organico un testo che sembrerebbe per natura frammentato.

 

Lo sviluppo dei presupposti

Se qualcosa lascia un po’ di amaro in bocca, al di là dell’arbitrarietà della scelta degli autori e dell’unilateralità aprioristica della visione personale di chi scrive, è il fatto che si rendono poche ragioni della collocazione riformista e socialdemocratica dei grandissimi Robert Nozick – teorizzatore del pensiero anarchico moderato – e Hannah Arendt – celeberrima critica dei sistemi totalitari del Novecento – in cui il filo rosso che collega i vari profili riformisti resta troppo implicito e inespresso. Il versante dell’autogiustificazione e autolegittimazione degli autori scelti e delle conclusioni tratte appare dunque un po’ ingombrante, e rischia di compromettere un’opera in cui il saggio metodo di Bobbio è stato coraggiosamente messo a frutto.

 

Paola Foderaro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 30, febbraio 2010)

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