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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno IV, n. 30, febbraio 2010

Zoom immagine Sud Italia e anni ’50:
dopoguerra e Boom,
i giovani messinesi
alle prese con la vita

di Paola Zagami
Per Armando Siciliano editore il
ritratto di una generazione attraverso
miti e valori della città dello Stretto


Se nel ventunesimo secolo ai grandi leader pacifisti si sostituiscono le griffatissime star dei reality o ai virtuosi cantautori si preferiscono imberbi interpreti confezionati dai talent show, è impossibile  sorprendersi dell’inarrestabile onda dei revival del passato perpetrata da tanti nostalgici.

Gli anni ’60 e ’70 la fanno sempre e comunque da padroni nella moda, per non parlare poi dei rimpianti della Contestazione che trovano magnifica espressione nel Rock. Persino i tanto vituperati anni ’80 hanno ottenuto il loro riscatto grazie alle sperimentazioni del Pop e agli innovativi quanto semplici programmi televisivi. Gli innumerevoli remake di film e telefilm, come anche le rivisitazioni cinematografiche in chiave moderna degli stereotipi di ognuno di questi decenni, sono l’emblema di un sempre vivo interesse.

Agli anni ’50, invece, i trentenni di oggi non guardano con particolare coinvolgimento, ma i loro genitori, i famosi baby boomers, sì. Ed ecco per questi ultimi una deliziosa monografia, Giovani e meno giovani in quei meravigliosi anni 50 (Armando Siciliano editore, pp. 188, € 16,00).

Autore di questo recupero è Nico Grilloni, un “insospettabile” docente di Elettronica ed Elettrotecnica, nato a Udine da genitori siciliani. Pur avendo al suo attivo alcune pubblicazioni di settore, si cimenta questa volta in un testo di ben altro registro.

Attraverso un excursus tematico assai eterogeneo, inframmezzato da numerose foto e illustrazioni dell’epoca, delinea infatti un ritratto esauriente degli anni 50, la cui carica innovativa si manifesta nel cinema americano come anche nella televisione degli albori.

 

Messina ieri

Alla scelta di parlare di questa decade con la cognizione di chi l’ha vissuta da ragazzo si aggiunge la felice idea di usare “Messina come pretesto”, come recita il sottotitolo del libro. Proprio questo particolare catapulta il lettore in un mondo più familiare, in cui le memorie dell’autore miste a puntuali informazioni assomigliano straordinariamente ai racconti di genitori e amici.

Si apprendono con grande sorpresa le innumerevoli attività culturali ed economiche di cui la città era protagonista. In pochissimi sapranno che Messina un tempo ospitava la premiazione dei David di Donatello, oggi spostata a Roma, o che la città dello Stretto era il luogo di produzione di frigoriferi della marca Trinacria, che in fatto di funzionalità nulla avevano da invidiare ai più famosi concorrenti stranieri.

Ma ciò su cui Grilloni si sofferma maggiormente sono le reazioni a tutte le novità che porta il decennio varcato lo Stretto. Anche i messinesi restano incantati dal prodigio della televisione, i cui programmi valgono persino affollatissime riunioni in casa dei privilegiati possessori del nuovo elettrodomestico. Telegiornali, sceneggiati ma soprattutto trasmissioni cult come Lascia o raddoppia? hanno la capacità di calamitare l’attenzione di tutti, sotto il segno di una pressoché ignota lingua italiana.

Ma gli aneddoti più pittoreschi riguardano indubbiamente il modo di vivere “alla messinese” negli anni ’50.

Tra i borghesi dai rituali sociali rigidamente codificati e gli umili figli di emigranti all’estero spiccano strampalati personaggi come il reduce di guerra “Pidocchia” o i poveri orfanelli costretti a formare i cortei dei funerali, il cui tenore di vita non è stato certamente innalzato dal Boom economico e tecnologico.

Il mondo infantile descritto, invece, ha il sapore dell’austerità del dopoguerra, in cui agli scarsi mezzi ricreativi si aggiunge un’eccessiva rigidità dei sistemi educativi.

Eppure, nonostante il clima bigotto e censorio di quegli anni, accresciuto indubbiamente dal background meridionale, i giovani raccontati da Grilloni non rinunciano alla dialettica tra i due sessi, aggirando nei modi più rocamboleschi le imposizioni paterne. Abbondano gli escamotage per rimediare qualche bacetto dalla propria bella con la tecnica del “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”, di certo non inventata ma solo cantata da Gianni Morandi qualche anno dopo. E alle peripezie quotidiane si affianca la più ardua lotta contro le ideologie adulte. In particolare, la “doppia morale” avvelena le nascenti storie amorose, condannando senza appello la donna libertina ed elevando ad esempio il giovane “galletto”.

Certamente senza alcuna presunzione si potrebbe ammettere che ancor più dei ragazzi di oggi quelli di ieri si guadagnavano a fatica le feste pomeridiane, il cinema con la fidanzata e il terzo incomodo e le vacanze al mare rigorosamente in zone limitrofe alla città.

 

Anni 50 addio

Appunto dai giovani prende le mosse l’ultima parte del libro, in bilico tra nostalgia e rimpianto. Gli anni 50, all’indomani della guerra, vivevano un moto di passione direttamente proporzionale alla generale scarsità di mezzi. Proprio per questo, anche i passatempi più banali come un’abbuffata di cibo con gli amici o una gara sportiva generavano entusiasmi così genuini da non porre alcun interrogativo su come stimolare l’adrenalina.

Oggi di queste domande i ragazzi se ne fanno troppe, un po’ per il vuoto di motivazioni interiori, un po’ per quello che la società non sa loro offrire: un lavoro sicuro e la concreta possibilità di crescere e progettare il proprio futuro. In effetti, i presupposti per spiccare il volo senza sradicarsi del tutto vengono a mancare quando il luogo di provenienza non produce, non offre servizi e non cura neanche la propria immagine. È il caso di molte realtà meridionali, straordinariamente dotate per risorse e maestranze, ma avviluppate in un intrico di clientelismo, inerzia e fin troppo naturalizzata subalternità.

E questa riflessione dell’autore, come anche di molti suoi conterranei, diventa ancor più emblematica restringendo il campo sulla Messina odierna, una città sonnolenta in cui alle iniziative di qualsivoglia tipo non corrisponde molto spesso una realizzazione.

 

Paola Zagami

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 30, febbraio 2010)

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