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ANNO I, n° 0 - Agosto 2007
Il sapore del vino poetico nella silloge di Figliolia
di Alessandro Tacconi
La raccolta di uno scrittore milanese che racconta il proprio tempo
e la propria città con la passione e l’ironia. Pubblicata da Albalibri
È poesia che cresce come un’onda, che si arricchisce a ogni verso proprio come Il vino giusto (Albalibri, pp. 146, € 10,00) delle migliori annate. Una silloge che ripercorre oltre vent’anni della produzione letteraria di Alberto Figliolia, anche se non si tratta dell’unico libro pubblicato da questo prolifico scrittore. Una raccolta generosa, che attraversa il tempo con il corpo, che riesce a dare fisicità al verso proprio perché quel tempo passato l’ha vissuto profondamente e lo ha magnificamente narrato.Ogni verso è un dolce e saporoso sorso alla sua vita, alla sua esistenza che così generosamente ha soffermato in questi versi. Chi legge poesia, in fondo, compie anche un gesto profondamente cannibalesco, cibandosi del corpo di quel poeta di cui va, scorrendo i versi, seguendo sogni segreti, racconti di giornate in cui è accaduto qualcosa di particolare, folgorazioni istantanee come un colpo di pistola in pieno petto, perché è proprio lì, nei versi, che batte il corpo vivo del poeta, ciò che sente, respira e ferma sulla carta in forma di verso.L’amore verso tutto quel che fa parte di quest’epoca allucinata, di questo tempo che non capisce più o fa finta di dimenticare da che parte si debba andare. Alberto Figliolia accetta il gioco, sa che sotto la superficie ci sono pietre preziose che devono essere dissepolte innanzi tutto per il proprio piacere e successivamente per regalare quel sottile piacere a terzi. La scrittura poetica diviene quindi una mano fisicamente e potentemente pronta a dissotterrare quanto di delicato, gustoso e anche divertente la quotidianità è in grado di regalare. Non dimentichiamo che il fare poesia è sempre comunque radicato nella temporalità, anche se riflette su lembi spazio-temporali trapassati remoti e remotamente futuri: il gettito poetico avviene qui e ora.E proprio del tempo attuale Figliolia raccoglie gli stimoli più vari: i fatti di cronaca come l’atterraggio lunare, i personaggi dei fumetti come Superman («Avrai salvato un aereo/ che precipita, non un bimbo/maltrattato nel limbo/di un ghetto/o un reietto»), il poeta americano Lawrence Ferlinghetti («lo giuro lui aveva intorno al capo santo/un alone di silicea indifferenza e microchip di desiderio»), le donne («La donna è un sorriso/che ti nega/quando stai morendo/salvo poi piangerti/come solo una donna sa fare»), gli extracomunitari, le cinquantenni così tanto sensuali («Perché il disfacimento della carne è tenero/ma conserva l’impronta del desiderio./Perché il seno ha dato a bocche anelanti/il meglio di sè»), Roma («Roma è un sogno dirupo e scintillante,/il trionfo di un sole in meravigliosa agonia/al tramonto e alle grida della marmaglia») e Giulio Cesare e la sua esistenza passionale («Vercingetorige, il biond vamp/che l’aveva stregato/ma che gli si era rifiutato./Fu per questo che si mosse guerra alla Gallia:/Se non vuoi essere mio, non sarai di alcuno»).E prima di congedarci riportiamo le parole iniziali della prefazione dello stesso editore, Clirim Muça: «Alberto Figliolia è un poeta sorprendente, capace di spaziare nel paesaggio dell'anima, a trecentosessanta gradi: dalle poesie d'amore a quelle tristi sulla morte, dalle liriche più dolci alle poesie di disagio metropolitano. Altrettanto abile è il poeta a proiettarsi fra i pianeti e le stelle, dall'inferno al paradiso, pur rimanendo con i piedi per terra, perché è da lì, dalla terra, che egli spicca il suo volo poetico».E poi l’ironia, leggere poesia deve essere anche un serio divertimento perché il nostro scrittore sa bene che prendersi sul serio oltremisura non sarebbe serio! Troppi sono i poeti che reputano di comporre opere eccelse e, ahinoi, falliscono per via di tutto quello spazio che richiede il loro ego.Il nostro, al contrario, procede indifferente alle inutili quisquilie di gruppo. Gli preme molto di più, e giustamente, gustare e preparare del buon vino poetico per chi ne voglia bere, perché lui ha da pensare prima alla pagina scritta e poi al lettore. E da buon oste ha una cantina fornita di bottiglie eccellenti.
Alessandro Tacconi