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n. 817 del 22/11/2007.
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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n. 26, Ottobre 2009
Una nuova proposta
per l’interpretazione
delle Sacre Scritture
di Guglielmo Colombero
Edita da Gribaudi, una colta riflessione
sui fondamenti scientifici della Bibbia
Uno studio approfondito e sotto molti aspetti inconsueto del rapporto, ancora oggi tormentato e conflittuale, fra cultura e religione, è il testo di Fernando De Angelis, professore di Scienze naturali e di Geografia economica, molto attivo sul web come opinionista e divulgatore, in questo suo Cultura e Bibbia (Gribaudi, pp. 312, € 16,00)
La prima parte del volume è dedicata alla confutazione, in chiave creazionista, della teoria darwiniana sull’evoluzione, seguita da alcune originali congetture sull’importanza dell’abiogenesi, intesa più come teoria metafisica che scientifica.
La seconda contiene un utilissimo glossario sulla terminologia relativa all’evoluzionismo e al creazionismo. Le ultime tre parti, infine, sono dedicate al percorso di queste due scuole di pensiero nella storia, passando attraverso il puritanesimo inglese e la Rivoluzione francese. Molto interessante l’indagine sulle radici del capitalismo americano, e l’analisi spassionata della globalizzazione, in cui si intrecciano i miracoli economici di Cina e India e le spinte conservatrici provenienti dal risveglio dell’Islam.
Nelle considerazioni conclusive l’autore si sforza di delineare i tratti di una vera e propria «Geografia Cristiana».
La Bibbia oscurantista? Esattamente il contrario
«C’è un modo di credere in Dio e nella Bibbia», sostiene De Angelis, «che riempie il mondo di miracoli inesistenti e di magia; c’è però pure un modo che produce nel credente biblico un atteggiamento di grande razionalità e scientificità perché, concentrando gli eventi miracolosi in momenti particolari e in circostanze particolari (creazione del mondo, esodo degli ebrei dall’Egitto, venuta di Cristo), sgombra il mondo dalla superstizione e dalla confusione». Sul solco di questo apparente paradosso, De Angelis dimostra infatti che proprio il cristianesimo è stata forse la religione meno invasiva nei confronti della laicità, anche se talvolta il libero pensiero si è scontrato con alcune frange retrograde della chiesa cattolica romana: è indubbia, infatti, «la matrice paganeggiante e anticristiana non solo del comunismo, ma anche del nazifascismo: movimenti che hanno asservito la scienza, facendone uno strumento dell’ideologia dominante (per esempio, quasi tutti i professori universitari italiani firmarono il documento fascista a sostegno del razzismo ed i pochissimi che non lo fecero furono perseguitati)». E l’autore non manca di sottolineare come anche la scienza risulti tutt’altro che immune dal morbo dell’“infallibilismo” tanto spesso rimproverato al cattolicesimo. A riprova di ciò, sta il fatto che la vecchia credenza della generazione spontanea, sebbene smantellata più volte, sia sempre risorta sulla base di argomentazioni rivelatesi inconsistenti. Allo stesso modo, «anche la moderna abiogenesi viene accettata indipendentemente dalla validità dei fatti che dovrebbero comprovarla».
L’eredità ambigua della Rivoluzione francese e il volto pragmatico del puritanesimo
Analizzando a fondo il substrato della Rivoluzione francese, De Angelis mette in rilievo come la presunta modernità dei suoi ideali (precursori del darwinismo e del positivismo) si riveli in definitiva un surrogato delle due precedenti rivoluzioni protestanti in Inghilterra (quella di Cromwell del 1649 e la Glorious Revolution del 1688) e sottolinea come la storiografia più recente (specie quella di orientamento marxista, da Michelet in avanti) abbia volutamente reciso il collegamento fra le due rivoluzioni solo perché i rivoluzionari puritani inglesi «si mossero con la Bibbia in mano, e basta questo dettaglio per gettare in confusione chi, proprio perché dipende culturalmente da una sommaria conoscenza della Rivoluzione francese, relega tutte le religioni nell’infanzia dei popoli». Il calvinismo ginevrino, nella visione storica dell’autore, rappresenta una tappa fondamentale per lo sviluppo di un’ottica libertaria, radicata nel cristianesimo riformato e non contrapposta ad esso. Per De Angelis infatti «la libertà che il protestante si prese sul piano religioso, il cittadino se la prese sul piano politico, il ricercatore sul piano scientifico e l’intellettuale sul piano filosofico; si andò così a costituire un sistema integrato e coerente, di grande forza propositiva. Non a caso i ginevrini produssero nel mondo un grande effetto di rinnovamento, ma con un atteggiamento riformista piuttosto che rivoluzionario». Il sogno dei puritani della Mayflower, che era quello di edificare una società fondata sugli insegnamenti biblici, è il primo segmento di un cammino plurisecolare che si dirama poi nella fondazione degli Stati Uniti d’America: non dimentichiamo, rammenta De Angelis, che il motto di Martin Luther King (pastore e uomo di fede prima ancora che leader politico) fu I have a dream, e che «Un giornalista europeo sbaglia quando chiede a un candidato alla presidenza degli Stati Uniti quale sia il suo programma, perché un presidente elabora non un programma ma una visione».
Sulla croce del calvario un primo esempio di sincretismo multiculturale
Osserva De Angelis che Ponzio Pilato, il procuratore romano della Palestina, esecutore della condanna a morte emessa dal Sinedrio di Gerusalemme contro Cristo, fece scrivere in cima alla croce “Gesù di Nazareth, re dei Giudei”, in tre lingue: aramaico, greco e latino. Infatti, a Gerusalemme si pregava il dio di Abramo in aramaico, ma la lingua dei commerci era il greco e quella della burocrazia governativa e del suo apparato militare era il latino, per cui in quella celebre scritta «si incontravano e si scontravano tre mondi, che furono investiti e rifondati dalla rivoluzione cristiana». Questa saldatura fra religione ebraica, cultura greca e politica latina è proiettata verso il futuro e, attraverso il cristianesimo, il nucleo perenne dell’ebraismo sopravvive alla caduta dell’Impero romano e all’oblio del greco antico, diventando la cinghia di trasmissione di due culture non più sepolte ma rivitalizzate. Infatti l’Impero d’Occidente, da Carlo Magno in avanti, continuerà ad utilizzare la lingua latina come strumento di amministrazione politica e il monachesimo salverà dalla distruzione, attraverso la trascrizione dei codici amanuensi, la cultura greca ed ellenistica. Su questo scenario l’autore colloca l’irruzione della forza dirompente dell’Islam, che non a caso indica come progenitori degli arabi il patriarca biblico Abramo e la sua schiava o sposa (a secondo delle fonti) Agar. E dimostra come l’Umanesimo e il Rinascimento siano leggibili storicamente non come trionfo della razionalità sulla fede ma come «una nuova razionalità unita a una nuova fede».
Feudalesimo, socialdemocrazia e individualismo americano
L’itinerario storico tratteggiato da De Angelis per mettere in luce la connessione fra economia e religione prende le mosse dal puritanesimo anglosassone, primo embrione del futuro modello americano. Il fondamento di tutto è la libertà dell’individuo, che si dispiega su tre piani interdipendenti e paralleli: libertà economica (cioè libera concorrenza e non monopolio), libertà politica (cariche pubbliche elettive e separazione dei poteri), libertà religiosa (laicità dello stato e uguaglianza di tutte le confessioni di fronte alla legge). Su questo scenario si agitano le turbolenze dell’America Latina, attualmente in preda alle convulsioni provocate da caudillos populisti come il venezuelano Chavez o il boliviano Morales, vere e proprie mine vaganti paragonabili, come pericolosità, a Bin Laden e al fondamentalismo islamico, ma anche la “via confuciana al capitalismo” della Cina del dopo Tienanmen e lo straordinario balzo in avanti tecnologico della “più grande democrazia del Mondo”, l’India globalizzata (e globalizzante). Quale sarà il destino della nostra vecchia Europa cristiana nel bel mezzo di queste spinte centrifughe? La cultura biblica e cristiana saprà erigere una barriera contro l’impatto devastante dei demoni della globalizzazione? O la vision destinata a prevalere sarà quella del cupo millenarismo di Giovanni nell’Apocalisse? Nel proporci la sua mappa della geografia cristiana, De Angelis conclude così: «il Diavolo può anche vantarsi di poter dare i regni del mondo a chi vuole, ma chi conquista un regno con quelle armi, come per esempio Absalom, tende a durare poco e a fare una brutta fine».
Guglielmo Colombero
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 26, ottobre 2009)
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