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Anno I, n° 2 - Ottobre 2007
Una voce di dissenso sociale: il rock hardcore
di Luisa Grieco e Mariangela Rotili
Arduino Sacco edita un libro che analizza la “musica da classifica”,
ma anche un modo di esprimere gli impulsi ribelli di una generazione
È un percorso metodico pensato a tavolino quello che un appassionato di musica come Tommaso Franci, direttore della collana Effetto Musica, fa in Storia geografica e concetto del rock hardcore. (Usa 1978-1991) (Arduino Sacco Editore, pp. 300, € 19,00). In questo cammino, l’autore prende per mano il lettore introducendolo, gentilmente e pazientemente, in un mondo musicale troppo spesso additato da mamme di “un’altra generazione” come rumoroso, gridazzaro e decisamente poco adatto alle mura casalinghe che proteggono la quiete domestica.
Non importa se il lettore sia più o meno esperto nel settore, che conosca o no gruppi tipo gli Zeros o Germs, della scena losangeliana, o il significato di parole chiave tipo metal o grunge, a chiunque è data l’opportunità di seguire facilmente questo percorso, carpendo, a diversi livelli, la precisa ricostruzione storica dell’autore.
Il percorso storico-geografico-musicale
È una vera e propria ricostruzione storica quella che Franci decide di illustrare nelle pagine di questo libro.
L’autore, da buon insegnante, nelle prime pagine chiarisce i termini del discorso: ci spiega che cosa vuol dire hardcore, il suo contesto storico-culturale, dove nasce e perché muore questo genere musicale, come i divi si muovevano sul palco e di conseguenza come i fan si vestivano in quella America a cavallo di due decenni profondamente diversi tra loro (gli anni Settanta e gli anni Novanta).
Come per ogni buona corrente artistica, c’è una fase che precede il movimento vero e proprio e un’altra che lo segue. Così Franci suddivide in tre stadi l’avvento dell’hardcore: proto-hardcore, hardcore e post-hardcore. Tre momenti che segnano la nascita, la massima espressione e il declino (ma anche la contaminazione) di un fenomeno musicale che sembra essere prima di tutto un fenomeno sociale.
Un urlo, infatti, ma un urlo di liberazione e di lotta contro un sistema che non funziona: è il sistema economico reaganiano, che getta sul lastrico le classi meno abbienti americane, crea dittature e finanzia guerre. Un po’ com’era stato il punk nell’Inghilterra dei Sex Pistols.
L’autore divide questo percorso in aree geografiche, ognuna delle quali caratterizzata dai suoi gruppi di spicco.
Le aree geografiche sono in tutto ventiquattro, esemplificate dalle loro città principali: da Los Angeles (culla e tomba allo stesso tempo dell’hardcore) a San Francisco, da Chicago a Detroit, da Philadelphia a Phoenix, passando da Nashville e Indianapolis.
Tantissimi i gruppi citati, ognuno con una nota biografica più o meno lunga, le etichette indipendenti e i frontmen, vere anime delle band stesse.
I figli dell’hardcore e i “fenomeni da classifica”
Come buona parte dei fenomeni sociali e artistici di un certo rilievo, anche l’hardcore ha vantato tendenze musicali successive che a esso si sono ispirate.
Parliamo, per esempio, del cosiddetto metal moderno, sintetizzato da due band californiane come i Metallica e gli Stayer, oppure di quella sorta di post-hardcore, espresso in California da band come i Green Day (anche se qui i legami con il punk anglosassone sembrano tanti) e gli Offspring (questi ultimi molto più “fenomeno da classifica” dei primi). Ma anche il ghotic, genere tetro e cupo molto simile al dark inglese, sintetizzato nelle canzoni di gruppi come i Christian Death, che si lasciano trascinare in un percorso musicale che si accosta più al film di Wes Crafen Nightmare che ai Ramones.
È il caso di ricordare gruppi di indubbio valore citati nel libro: i Ramones e il loro distacco da tutto quello che voleva e si sentiva rock, che hanno dato vita alla “scena newyorkese”, i leggendari Sonic Youth, evoluzione e sperimentazione ventennale (e oltre) allo stato puro, Dinosaur Jr di Joseph Mascis, un “arco artistico” che si innalza da Neil Young ai Sonic Youth stessi, i Pixies di Frank Black e la scimmia di Doolittle, certamente da annoverare tra le band più importanti del rock americano, i Lemonheads di Evan Dando e gli Smashing Pumpkins di Billie Corgan.
Tanti ricordi e tante emozioni, anche se a volte i giudizi dell’autore ci hanno lasciato qualche dubbio, ci sono sembrati troppo severi, forse perché rivolti ad artisti poco vicini al genere musicale trattato nel libro: «Deal (cantante e frontwoman delle Breeders, Nda) non è molto dotata né come cantante né come compositrice; ciò nondimeno un gran numero di sue soluzioni verranno rubate da tanto mediocri quanto celebri cantautrici degli anni Novanta come l’inglese Pj Harvey e l’islandese Bjork».
Un libro che ci sentiamo di consigliare apertamente, perché il lettore abbia la possibilità di calarsi in uno studio e in un’analisi di un fenomeno musicale ancora poco considerato ma che ha il grande merito di essere, ancora oggi, alla base di tanta musica che fa felice la “generazione Mtv” e i nostalgici di un rock che ormai, purtroppo, non si sente più.
Carmine De Fazio