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Anno III, n.25, Settembre 2009
Gomorra, vale a dire
“Italy’s other mafia”,
la traduzione ardua
di un male italiano
di Elisa Capponi
La reazione di lettori e giornali esteri
al libro di Roberto Saviano in inglese
Alcuni lo hanno fatto all’inizio, quando era uscito da poco ma già iniziava a far parlare di sé, altri dopo, incuriositi dalle clamorose denunce contenute nel libro e delle loro conseguenze sulla vita dello scrittore. Fatto è che, presto o tardi, moltissimi sono stati indotti alla lettura di Gomorra, l’ormai celeberrimo testo di Roberto Saviano. Ciò potrebbe essere avvenuto per diverse ragioni. In un primo momento potrebbe essere stato quel tipo di curiosità che assale un lettore quando sente parlare molto di un libro ed è portato a leggerlo per farsene un’idea propria e, perché no, anche per non rimanere ai margini dei dibattiti su un dato fenomeno letterario che, per un periodo, sembrano accendersi ovunque. Alcuni avranno resistito a questa prima fase per poi cedere alla seconda, quella, cioè, in cui il libro è ormai diventato famoso e Saviano, l’autore, obbligato a scomparire. I lettori di questa seconda fase si saranno domandati quali potessero essere i contenuti dell’opera innominabili al punto tale da indurre lo scrittore a sentirsi in pericolo, ma anche, allo stesso tempo, a essere accostato a un autore del calibro di Salman Rushdie, minacciato di morte e costretto a vivere nell’anonimato dopo la pubblicazione de I versetti satanici.
Entrambe queste categorie di lettori, tuttavia, sono arrivate in un certo qual modo istruite a ciò che avrebbero letto. Questo non già perché i giornali, la televisione e coloro che avevano letto il libro in precedenza avevano contribuito a commentarlo, descriverlo e riassumerlo, ma anche e soprattutto perché la camorra, protagonista assoluta del libro, è da sempre in Italia un tema di grossa attualità. Accade perciò che il lettore, con Gomorra, riesca ad avere per la prima volta un’idea chiara di ciò di cui è costituita quotidianamente, da vicino e da dentro, la criminalità organizzata. Grazie alle esperienze vissute in prima persona da Roberto Saviano infatti, il lettore entra nei cantieri edili controllati dalla camorra, cammina con lui nel porto di Napoli, ha accesso agli alloggi dei braccianti clandestini, si sveglia all’alba e partecipa ad attività di contrabbando, siede accanto ai lavoratori che producono l’alta moda commissionata dalle grandi firme, e può persino assistere a quei funerali e a quei processi che ha visto solo in televisione. Questa sorta di immedesimazione viene poi facilitata dallo stile dello scrittore che è abile a mantenere viva l’attenzione e la curiosità attraverso descrizioni colorate, un rapporto di flusso costante tra gli eventi esterni e le proprie emozioni e l’uso di espressioni in dialetto che confermano l’ambientazione dei fatti nel napoletano.
Oggi tuttavia, a più di due anni dalla sua prima comparsa, Gomorra, tradotto in trentatré lingue, è un bestseller di fama internazionale, accolto con favore dalla critica e dal grande pubblico di molti paesi. In che modo, c’è da chiedersi, e fino a che punto un testo che non può essere compreso se non all’interno di un preciso contesto sociale, culturale e storico, può essere capito da un pubblico che invece ne è quasi completamente estraneo?
Oltre la traduzione
Nel 2007 è comparsa negli Stati Uniti l’edizione in lingua inglese con la traduzione di Virginia Jewiss, docente dell’Università di Yale. Nonostante alcuni giornalisti suoi connazionali l’abbiano trovata troppo ricca di descrizioni, lamentando che la traduttrice si sia soffermata eccessivamente sull’importanza di alcuni termini, chi può leggere il libro in inglese troverà sicuramente una corrispondenza con l’originale per ritmo e stile. I due testi si fanno eco l’un l’altro. Nonostante le critiche sollevate da alcuni, tuttavia bisogna ammettere che quella di Gomorra deve essere stata una traduzione piena di insidie, considerata, dal punto di vista linguistico, la presenza di tante espressioni e termini dialettali difficili da trasporre o da spiegare in un’altra lingua, che pure la Jewiss ha deciso bene di lasciare invariati impedendo così al testo di perdere in spontaneità e naturalezza.
Ma leggendo tra i blog e i siti internet delle maggiori testate anglosassoni e statunitensi, come per esempio il Times e il New York Times, emerge chiaramente che le più rilevanti critiche mosse al libro provengono non già dall’uso della lingua o dalla riuscita della traduzione, quanto piuttosto dalla sua struttura. Nel testo si alternano fatti di camorra a esperienze di vita personale.
Alcuni hanno sostenuto che Saviano sia scivolato troppe volte nella tentazione di un suo personale stream of consciousness, un vero e proprio flusso di coscienza. Non di rado infatti lo scrittore, preso dal proprio slancio, si lascia andare a raccontare fatti di cronaca che poi si intrecciano con la propria interpretazione degli eventi, o che pure si aprono su spaccati della sua vita. È per questo motivo che il New York Times, ammettendo la difficoltà di attribuire un genere al libro, lo ha definito docufiction.
Un documento di vita reale quindi, ma anche invenzione là dove Saviano si è voluto prendere delle licenze. Tuttavia c’è da chiedersi se ciò non abbia causato nel lettore di lingua inglese uno stato di confusione e disorientamento che lo abbia portato a domandarsi quanto di ciò che stava leggendo fosse vero e quanto no.
Si aggiunga inoltre una certa impreparazione davanti ai fatti di camorra come ulteriore motivo di difficoltà. Con lo scopo di rendere più chiaro il contenuto del libro, e quindi anche più appetibile, l’editore inglese Mcmillan ha infatti deciso di pubblicarlo aggiungendo il sottotitolo Italy’s other mafia [l’altra mafia d’Italia].
Esisteva quindi, ma ne erano quasi del tutto all’oscuro all’estero, un’organizzazione criminale in Italia che non era quella solita dei film dove le donne indossano abiti di seta che scendono morbidi sui fianchi mentre i bambini giocano nei cortili assolati della Sicilia e gli uomini commettono crimini d’onore. Ne esisteva una fatta di miseria, di droga, di degrado e di morti. In moltissimi, scrivendo la recensione del libro, hanno voluto dare rilievo proprio a questo dato: la camorra ha ucciso più dell’Eta, più della mafia, addirittura più del terrorismo internazionale. C’era quindi, e ancora c’è, un piccolo focolaio di guerra nel cuore dell’Europa di cui moltissimi erano all’oscuro finché Gomorra non è diventato un bestseller. Ciò però non è stato sufficiente a chiarire le idee sulla natura e sulla provenienza della camorra perché alcuni credono che questa sia solo un altro nome per dire mafia, o che, peggio, sia una sorta di sede decentrata della mafia. Un po’ come quelli che pensano che la Gran Bretagna e l’Inghilterra siano la stessa cosa.
Pertanto è difficile stabilire quanto del contenuto del libro sia rimasto al lettore straniero. Se sia rimasto colpito dal numero dei morti della camorra o se abbia pensato che alla fine fossero gli stessi morti della mafia. Se, come il lettore italiano, si sia immaginato a camminare con lo scrittore nelle periferie di Napoli, o se abbia pensato che quella di Saviano sia stata solo una maniera romanzata e pittoresca di trattare il tema della criminalità organizzata in Italia. Per un lettore abituato ad associare l’Italia alla mafia, al cappuccino e al mandolino, speriamo che Gomorra non rappresenti una sorta di Padrino in chiave moderna.
Elisa Capponi
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 25, settembre 2009)
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