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Anno I, n° 2 - Ottobre 2007
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Politica ed Economia (a cura di Maria Franzè) . Anno I, n° 2 - Ottobre 2007

Zoom immagine Un saggio di Claire Vassé sul dialogo nel cinema
di Alessandro Tacconi
Un saggio della Lindau ricco di analisi e contributi critici e iconografici
per capire l’importanza del parlato nell’arte cinematografica di oggi


«Domani è un altro giorno», «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto», «Tarapia tapioco, la supercazzula brematurata con scappellamento a destra come fosse antani», «D’Alema, di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà, D’Alema, di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci!».

Leggendo queste frasi è molto probabile che la fantasia subito corra alle sequenze dei film da cui sono tratte, cioè Via col vento, Per un pugno di dollari, Amici miei e Aprile.

Non ci si fa caso mai abbastanza. O forse non è così necessario prestarvi attenzione fintantoché tutto fila liscio, ma se qualche battuta risulta stonata rispetto a quanto si vede sul grande schermo, allora il parlato assurge in tutta la propria importanza. E poi dalle scure sale cinematografiche lo spettatore porta con sé, nel pieno diritto del proprio ruolo di fruitore, intere sequenze e ovviamente le battute salienti, che diventano poi parte del corpus linguistico quotidiano.

In Italia, però, l’abitudine al cinema “tradotto” (doppiato) toglie al pubblico in sala da sempre il piacere dell’ascolto di un attore che reciti nella propria lingua. Le rassegne in cinema d’essai e il Dvd danno la possibilità dell’ascolto di un film in lingua originale con sottotitoli. Ma è meglio partire dall’inizio, cioè dal silenzio che c’era all’alba del cinematografo.

 

La modernità del cinema: il sonoro

L’agile saggio curato da Claire Vassé dal titolo Il dialogo. Dal testo scritto alla voce messa in scena (Lindau, pp. 96, 12,80) fa parte della collana Strumenti/Cahiers cinéma. Il sonoro viene analizzato attraverso le testimonianze di registi, sceneggiatori e attori, che con questo elemento importantissimo si sono cimentati e confrontati.

La Vassé segue quindi passo passo la trasposizione del testo dalla carta all’immagine parlata, raccogliendo testimonianze pro e contro la necessità del dialogo per un film. Agli albori del cinema, infatti, molto veniva lasciato alla libera interpretazione e fantasia dello spettatore, e solo alcune scritte comparivano sullo schermo per indicare il senso della situazione e dell’azione.

Con l’avvento del sonoro, il cinema viene battezzato “cinema parlato”. Ciò esprime l’importanza che vi assumerà il dialogo sotto forma di conversazioni, monologhi, parole cantate, commenti fuori campo… Evolvendo attraverso le epoche, i generi, i paesi, le estetiche, il dialogo ha ampiamente contribuito all’irruzione della modernità nel cinema degli anni Sessanta.

Questo volume considera il dialogo innanzitutto come testo, incluso nella sceneggiatura del film, e poi come elemento della messa in scena. Si interroga quindi sul suo rapporto con lo spazio, il tempo, i personaggi, la storia raccontati dalle immagini, con gli attori e la loro libertà. Da Hitchcock a Wong Kar-wai, da Lubitsch a Nanni Moretti, passando attraverso la Nouvelle Vague, Claire Vassé tenta di rispondere a una domanda fondamentale per chiunque studi il cinema e la sua specificità: come e perché si parla in un film?

A rispondere a questa domanda, in apparenza semplice, i titoli dei capitoli di questo saggio: Il dialogo come materiale di sceneggiatura, Il dialogo messo in scena e Le anomalie del dialogo. A completare lo studio, la sezione finale raccoglie Documenti, testi, testimonianze, analisi di sequenze e di inquadrature.

Un agile volumetto ricchissimo di spunti, in cui si scoprono più reticenze rispetto al parlato di quante ce ne si potrebbe immaginare da parte di celebri registi. Per molti di loro il testo è al tempo stesso necessità e ostacolo all’azione dell’attore. Fellini, ad esempio, preferiva demandare a una fase successiva alle riprese il momento del doppiaggio, in modo da lasciare gli attori liberi dall’assillo della memorizzazione di un testo.

Ci si addentra nelle pieghe più segrete di un film, nel momento in cui ci si sofferma sul parlato. Attraverso le parole e ciò che esse spesso non dicono si costruiscono i plot di maggiore interesse e intensità. Il cinema: un sogno. Il sogno: tutto il bailamme della modernità racchiuso in un attimo di silenzio lunghissimo.

 

Alessandro Tacconi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 2, ottobre 2007)

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