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Anno III, n.25, Settembre 2009
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Home Page (a cura di Anna Guglielmi) . Anno III, n.25, Settembre 2009

Zoom immagine Rapporto uomo-scimmia:
nuove rivelazioni e analisi

di Gaetanina Sicari Ruffo
Le novità a sostegno della teoria evoluzionistica
in un saggio critico e preciso edito da Longanesi


Il recente ritrovamento di un fossile di 50 milioni di anni fa, molto somigliante ai lemuri del Madagascar, fa pensare a quell’“anello mancante” tra uomo e scimmia dell’evoluzione di Darwin, non più solo ipotizzato ma indicato dagli scienziati in modo concreto. Il presidente della Paleontological Society, Philip Gingerich, ha da poco presentato il reperto  al Museum of Natural History di New York, insieme ad una fitta schiera di studiosi che vi hanno lavorato dal momento della scoperta, avvenuta circa due anni fa in una cava abbandonata vicino Francoforte, già nota per la conservazione di altri fossili. Il reperto risalirebbe all’Eocene e apparterrebbe agli Adapidi dell’America settentrionale e dell’Europa. Ciò significherebbe che i progenitori dell’uomo non sono i Tarsidi dell’Asia, come a lungo si era ipotizzato.

Con la scoperta di questo esemplare pare si sia trovata la via giusta per mostrare la prova concreta dell’“evoluzione uomo-scimmia”, senza salti intermedi. Una bella sorpresa proprio nell’anno in cui ricorre il bicentenario della nascita di Darwin (1809) e il centocinquantesimo anniversario della pubblicazione del libro L’origine delle specie (1859), che rivelò al mondo la sua teoria. Un testo recentissimo di Piergiorgio Odifreddi, matematico e docente di Logica presso l’Università di Torino, dal titolo In principio era Darwin (Longanesi, pp. 128, 12,00), ce lo ricorda. Un libro prezioso, lucidissimo e chiaro, pur trattando una questione molto discussa: l’evoluzionismo.

 

La teoria dello scienziato inglese

Darwin, tranquillo e piuttosto riservato, mai avrebbe elaborato la sua teoria senza l’esperienza del viaggio conclusosi nel 1836 (di cui diede dettagliate notizie nel testo Viaggio di un naturalista intorno al mondo), durante il quale capì che la trasformazione delle multiformi specie di organismi viventi in natura è frutto di una selezione spontanea nella quale le caratteristiche più vantaggiose si conservano, periscono quelle più sfavorevoli. Le osservazioni di Darwin sono state rafforzate nel tempo dalle ricerche di G. Mendel, che nel 1866 pubblicò i suoi studi sull’ereditarietà dei caratteri; nonché da G. Hardy e W. Weinberg che nel 1908 enunciarono una legge sull’equilibrio delle frequenze geniche nella popolazione.

In questo modo esplose la rivelazione scientifica dell’evoluzionismo, in contrasto con la credenza religiosa della creazione divina di tutte le forme viventi.

 

Evoluzionismo e creazionismo

Si vennero così a creare i presupposti di quel movimento progressista, detto modernista, avversato dalla chiesa e condannato in particolare da papa Pio X nell’enciclica Pascendi.

Ciò che sembrava contravvenire al dettato dell’interpretazione dei testi sacri era il fattore della casualità, determinante nei meccanismi della trasmissione della vita e della sua conservazione, di contro all’idea della creazione diretta, operata da Dio al principio della natura e del mondo. Mentre la teoria evoluzionista parlava di lotta tra le specie per la sopravvivenza, la concezione religiosa sanciva dati fissi preordinati, voluti da una “volontà superiore” a cui era dovuto l’assetto pressoché statico della natura.

 

L’albero della vita

Ricorse a questa metafora Darwin per fare intendere il risultato delle sue ricerche: come nell’albero, le foglie rappresentano le specie viventi, il tronco le origini comuni ed i rami secchi i percorsi evolutivi estinti. Gli fu obiettato che la sua teoria non poteva essere provata concretamente se non in un lunghissimo arco di tempo e che risultavano “anelli mancanti” perché si potesse veramente prendere sul serio la teoria del mutamento delle specie. Il reperto, recentemente rinvenuto, è uno di quegli “anelli” che mancavano per spiegare il passaggio dalla scimmia all’uomo. Chissà quante altre scoperte si faranno ancora per avvalorare una simile teoria che appare rivoluzionaria come quella copernicana. Se la paleontologia ha dato un grande contributo alla teoria darwiniana con il ritrovamento dei fossili, ci sono anche altre scienze come la biogeografia, l’anatomia, l’embriologia, la genetica sicuramente in grado di concorrere alle rivelazioni scientifiche.

Darwin stesso affermò che la ricostruzione dell’albero della vita si può affrontare anche partendo dalle foglie, cioè dallo studio delle specie oggi esistenti, come infatti sta succedendo.

 

La condanna è giustificabile?

Il processo di conoscenza è dunque molto lento ma convincente e persino alcune correnti ecclesiali tendono oggi ad accettare in generale la teoria evoluzionistica, pur salvaguardando il principio dell’intervento divino nella creazione. Ma la condanna all’inizio fu totale anche se, nel 1860, in un famoso dibattito tenutosi a Londra a meno di un anno dalla pubblicazione dell’opera L’origine delle specie, il biologo T. H. Huxley, che si guadagnò l’epiteto di “mastino di Darwin”, supportò la teoria dello scienziato, tanto che il primo ministro inglese B. Disraeli arrivò ad esclamare: «Darwin sarà anche disceso dalle scimmie, ma io discendo dagli angeli».

Erano in ballo la dignità dell’origine dell’uomo e l’autorità delle sacre scritture. A chi gli chiedeva ragione della sua fede, in una lettera del 1879 (solo tre anni prima della sua morte), Darwin rispondeva: «Il mio giudizio è spesso fluttuante ma anche nelle mie fluttuazioni più estreme non sono mai stato un ateo, nel senso di negare l’esistenza di Dio. Mi pare che generalmente, ma non sempre, la migliore definizione del mio pensiero sarebbe: agnostico». Pensiero peraltro ribadito nell’Autobiografia:

«Benché io sia un fervido sostenitore della libertà di opinioni in ogni argomento, mi sembra (a torto o a ragione) che attacchi diretti contro il cristianesimo e il teismo abbiano assai scarso effetto sul pubblico e che la libertà di pensiero possa meglio promuoversi con quella illuminazione graduale dell’intelletto umano che consegue al progresso delle scienze. Perciò ho sempre evitato di scrivere sulla religione e mi sono limitato alla scienza».

 

«Il presente è la chiave del passato»

Quest’espressione ritorna nei Principi di geologia di C. Lyell, libro (letto da Darwin) che introdusse un nuovo modo di concepire la natura: i fenomeni globali vengono osservati come il risultato di una lenta accumulazione di piccoli effetti locali su enormi scale temporali. Di questa intuizione Darwin si servì per la sua teoria, ma fu proprio il fattore tempo, non facilmente riscontrabile, a motivare la forte contestazione degli avversari nei suoi riguardi.

Oggi i laboratori di Biologia, dove si studiano i viventi e le loro mutazioni, danno, ogni giorno, singolari e sorprendenti risultati che incoraggiano le conclusioni della teoria darwiniana. La ricerca, non priva di difficoltà, resta dunque ancora un cammino da percorrere.

 

Gaetanina Sicari Ruffo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 25, settembre 2009)

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