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Anno III, n. 24, Agosto 2009
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno III, n. 24, Agosto 2009

Zoom immagine Analisi “al presente”
sull’ideologia laica:
nuove interpretazioni

di Gaetanina Sicari Ruffo
Un saggio filosofico, edito Rubbettino,
che confronta pluralismo e relativismo


Un interrogativo sempre più martellante si fa strada nel dibattito culturale degli ultimi decenni: siamo giunti ad una forma di fondamentalismo laico, per cui niente più esiste se non la radicalizzazione di risposte sensibili alle sole istanze immanenti? L’autore del saggio Le ragioni della laicità (Rubbettino, pp. 138, €12,00), Vittorio Possenti, indaga, per diversi itinerari, la questione. Egli parte dal presupposto che per laicità non s’intende più quella d’un tempo, che distingueva, nella grande massa dei credenti, i membri in generale del popolo di Dio dai religiosi o sacerdoti. Oggi la parola ha cambiato significato semantico e per laici s’intendono i non credenti, fuori dalla sfera religiosa, che è stata privatizzata ed altrimenti estrapolata dalla sfera pubblica.

Emblematica di questo moderno modo d’intendere è l’espressione evangelica: «Date a Cesare quel che è di Cesare», che, mentre originariamente distingueva tra ufficio della politica ed ufficio religioso, nel significato corrente è stata dimezzata ed assunta, solo per la prima parte, nel senso d’un primato dell’attività politica su quella religiosa, dimenticando il tributo altrettanto doveroso che si deve a Dio, nel praticare il rispetto della persona umana e della sua dignità, in ordine ad una trascendenza. Evidentemente il termine laicità muta col mutare delle condizioni storiche, civili, socioeconomiche. In Occidente, anche per reazione ai conflitti che si sono ultimamente scatenati, la religiosità è sempre più avvertita come un’intrusione e un indebito condizionamento dei costumi civili, mentre, di per sé, dovrebbe formare le coscienze e porre i principi della sua etica a fondamento della vita della collettività. Siamo, sotto questo aspetto, di fronte ad un’evidente crisi, specie quando si cercano risposte inerenti a questioni etiche, bioetiche, esistenziali che non possono essere considerate di pragmatica soluzione. Di esse ci sono aspetti che non si devono schematizzare e risolvere con le soluzioni approntate dalle scienze e dalla filosofia positivistica.

 

Pluralismo e relativismo

I due termini, che spesso ricorrono nel dibattito attuale, non possono essere confusi, né ritenuti equivalenti. Quello che tutti auspicano debba intervenire, nelle democrazie che si rispettino, è il pluralismo delle opinioni e delle proposte, non di certo il relativismo inteso com’è oggi, cioè prevalente politica del lasciar fare, dell’accettazione indifferenziata di qualsivoglia principio che accontenti una delle due parti in causa. Il pluralismo deve fondarsi su valori inerenti il rispetto dei diritti umani, imperniati sulla dignità della persona e miranti al raggiungimento della giustizia e della libertà. Tali diritti, contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, votata, dopo la Seconda guerra mondiale, da ben 58 paesi, vengono talvolta omessi o selezionati, secondo l’utile del momento, quando in realtà essi formano un insieme che va rispettato a difesa della collettività intera, senza discriminazioni. Non si possono assolutizzare alcuni e mettere in ombra altri. Il principio di libertà, per esempio, sembra essere stato usato spesso nelle scelte sociologiche, a discapito di quello dell’uguaglianza, della solidarietà e della dignità della persona. Tutti insieme essi sono fondati sulla legge morale naturale e pertanto spettano ad ognuno e non dipendono dalla benevolenza o dal capriccio del potere politico.

 

Etica pubblica e rispetto dell'altro

Una questione molto importante da affrontare in una democrazia contemporanea è quella dell’etica pubblica. A tal proposito, bisognerà chiedersi se è ancora valido l’imperativo kantiano della pari libertà per tutti, a patto di non danneggiare l’altro. Per rispondere è opportuno chiarire chi è l’altro e in che misura bisognerà rispettarlo. È abbastanza evidente che oggi vi sono “altri” a cui Kant certo non pensava: sono i diversi, gli extracomunitari, gli sradicati, i migranti che chiedono d’essere considerati cittadini alla stessa stregua degli altri. Occorrono leggi ben chiare che regolino i nuovi rapporti di cittadinanza. Su quali binari incardinarle in modo che non scontentino tutti? Se da una parte si richiede imparzialità delle istituzioni pubbliche nei confronti delle diverse posizioni morali e religiose, dall’altra il diritto all’uguaglianza sembra contraddire usanze e costumi che sono in antitesi con le leggi in vigore negli stati ospitanti. Occorre allora una legislazione attenta a non tradire i principi fondanti della costituzione d’ogni paese ed aperta al diritto d’eguaglianza, di solidarietà e di asilo politico che riconosca, previi accordi con le parti, una solida base comune e condivise differenziazioni, escludendo però pratiche non consentite per la dignità della persona umana come la poligamia, per esempio o le mutilazioni femminili, gravemente lesive del diritto all’integrità d’ogni individuo.

 

Le sfide del mondo contemporaneo

Si fa strada perciò una nuova laicità attenta a dare risposte a quesiti mai prima affrontati, della bioetica, del pluralismo religioso, delle scienze sperimentali, dell’antropologia in genere. In un ambito così multiforme non si può pretendere d’andare ad libitum, senza progetti e principi fondamentali condivisi. In alcune società evolute, si ritiene di poterlo fare, in nome d’una falsa idea di libertà individuale, ma la ricerca della verità non è impossibile, specie se la si colloca non come valore assoluto, nella sua astrattezza, ma come elemento di verifiche collegate al bene ed al progresso delle comunità. «La verità – dice l’autore – non è plurale, ma esiste un pluralismo della verità», nel senso che il modo per cercarla può seguire diverse vie. Per ricorrere ad un’immagine concreta, essa assomiglia al progetto d’arrivare in vetta ad una montagna. Per conseguire tale scopo si possono fare diversi percorsi, quali più, quali meno agevoli.

È possibile da parte di persone e di cittadini di diverse ed anche opposte posizioni «un incontro non strumentale su valori fermi», per evitare conflitti che sarebbero sempre più drammatici e sperimentare una convivenza ravvicinata, pur là dove sono presenti diverse etnie e credi religiosi. Per questo la laicità non può essere più quella d’un tempo, ma deve necessariamente valicare le tradizionali frontiere di contrasti e di opposizioni, andare al di là del rapporto stato-chiesa ed intrecciare un dialogo tra credenti e non credenti, pensando alle ragioni degli uni e degli altri sul fondamento d’una nuova intesa:

«Per condividere il mondo e vivere insieme tra persone, minoranze, religioni, popoli diversi – questo è il nostro compito, è a questo che una giusta laicità deve orientarci – non possiamo che scavare più in profondità, cercando lo strato fondamentale dell’umano che accomuna; e confidando che le chiavi culturali cui ricorriamo per comprendere noi e gli altri siano più aperte di quanto è spesso accaduto nel Novecento». Questo il chiaro messaggio d’incontro e di dialogo con cui si chiude il testo, molto interessante per chiarire i termini del confronto odierno tra religione, politica e morale.

 

Gaetanina Sicari Ruffo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 24, agosto 2009)

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