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Anno III, n. 24, Agosto 2009
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Home Page (a cura di Anna Guglielmi) . Anno III, n. 24, Agosto 2009

Zoom immagine Il disastroso fenomeno dell’usura,
una iattura che incombe sull’Italia

di Mariangela Monaco
In un saggio edito da Rubbettino, curato da Tonino Perna, il dramma
dello strozzinaggio dal punto di vista filosofico, sociale ed economico


L’usura è un crimine che da sempre vessa soprattutto le persone più deboli. Cadere nelle grinfie dell’usuraio è un dramma dal quale poi è difficilissimo uscire, e quando se ne esce tutte le ossa sono rotte. È una vera e propria schiavitù. I dati riguardanti l’Italia sono impietosi e allarmanti: si stima infatti che, negli ultimi dieci anni, circa un milione di individui sono stati vittime dell’usura. Il tutto è scandalosamente aggravato dall’incredibile, e tristemente nota, lentezza della macchina giudiziaria: si arriva alla sentenza di primo grado dopo almeno quattro anni, e solo il 20% dei processi si conclude! E la pena è «assolutamente ridicola», per usare le giuste parole di Tonino Perna: mediamente, infatti, non supera i venti mesi di carcere.

Pertanto, soprattutto nell’ottica di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni attraverso una maggiore conoscenza del fenomeno, un ottimo strumento è costituito dal recente volume Dell’usura. Il persistere dello sfruttamento dei bisogni umani (Rubbettino, pp. 188, € 14,00), a cura dello stesso Perna, docente di Sociologia economica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Messina. Il libro è il frutto di un’efficace sinergia tra lo stesso ateneo peloritano – tramite il Dipartimento “V. Pareto” – e la Fondazione antiusura “Padre Pino Puglisi” della città dello Stretto.

Gli interventi del citato Perna, di Fabio Mostaccio, di Guido Signorino (studiosi di Economia) e di Anna Spinelli Francalanci (esperta di Diritto) tracciano un puntuale quadro del preoccupante fenomeno dal punto di vista filosofico, economico e giuridico. Infine, il testo è arricchito da diversi apparati: la Prefazione di padre Nino Caminiti, l’Appendice di Renato Milazzo e Salvatore Rizzo, la Postfazione di Ferdinando Centorrino.

 

Quelle parole del Deuteronomio e le testimonianze delle vittime

Nel primo capitolo, Perna offre un excursus storico-filosofico sul dibattito intorno all’usura, nato a partire dal Cinquecento, che ha coinvolto molti economisti, i quali si divisero tra chi sosteneva la necessità che lo stato intervenisse per calmierare i tassi di interesse, e chi, come Bentham, pensava invece che i tassi dovevano essere lasciati liberi, negando conseguentemente l’esistenza dell’usura in quanto forma di sfruttamento.

Nel mondo antico fu subito chiara la condanna dell’usura da parte delle grandi religioni monoteistiche: il Corano e il Vecchio Testamento usano parole che non possono generare dubbi. Ma, nel Deuteronomio, si legge: «Non esigere nessun interesse da tuo fratello, né per denaro, né per viveri, né per qualunque altra cosa che si presta a interesse. Esigi invece l’interesse dallo straniero, ma non dal tuo fratello». Su questa differenza tra il divieto di pretendere l’interesse da un membro della propria comunità (fratello) e la possibilità invece di esigerlo dallo straniero si è poggiata, nota Perna, la «legittimità morale» degli Ebrei a praticare il prestito a interesse negli stati dove emigrarono dopo l’anno 70.

L’analisi effettuata dall’autore arriva fino ai giorni nostri, al caso delle “piramidi finanziarie”, riflettendo sui pensieri, tra gli altri, di Calvino (fu il suo protestantesimo ad introdurre per la prima volta una giustificazione del prestito a interesse tra i cristiani), Shakespeare (Il mercante di Venezia), Locke, Smith, Marx e Keynes.

Mostaccio, invece, compie un’indagine comparata delle denunce del reato di usura nelle varie regioni italiane, attraverso l’uso di indicatori socioeconomici (come la sofferenza bancaria e gli assegni protestati). Inoltre, il suo contributo è arricchito da alcune testimonianze dirette di persone coinvolte nell’usura, o perché l’hanno combattuta (come il procuratore Luigi Croce) o, loro malgrado, in quanto vittime. Tra queste, l’intervista ad un piccolo imprenditore agricolo il quale, dopo mille problemi burocratici avuti con il Comune, viene contattato da un “amico” che gli offre in prestito venticinquemila euro per lui indispensabili. Che poi però diventano trentacinquemila. Da restituire in un anno: cioè, in un anno, diecimila euro di interessi!!! O dell’imprenditrice Giovanna che subisce l’impietosa lentezza delle istituzioni per vedersi riconoscere i suoi diritti, stabiliti dalla legge, in quanto vittima di usura. O dell’artigiano Giuseppe, che cade nelle grinfie degli usurai, all’inizio tiene tutto nascosto alla famiglia, e poi, quando riesce finalmente a parlare, nessuno dei suoi amici gli offre un aiuto per pagare il debito.

Storie di usura, ma anche di incredibile solitudine. Che portano con sé anche una forte dose di sfiducia, soprattutto nei confronti del sistema istituzionale. Del resto, il procuratore Croce lo ha ben rilevato: «per favorire le denunce occorre essere in grado di offrire credibili alternative alla falsa soluzione usuraia», in particolare risolvendo il problema della lentezza giudiziaria e rivedendo le modalità di concessione del credito da parte delle banche.

 

L’Area dello Stretto e le storture della Legge 108/96

Signorino riflette sui vari modelli economici esistenti riguardo al tasso d’interesse e all’usura, e in un secondo momento analizza le sentenze dei tribunali di Messina e di Reggio Calabria sul fenomeno in questione. Non senza aver prima, a mo’ di introduzione al suo lavoro, compiuto una breve disamina di alcuni contributi teorico-filosofici, con attenzione soprattutto su quelli di Francis Bacon e di Keynes.

Tenendo presente che Messina, come evidenziato da una specifica ricerca, è una delle città meridionali con il più alto tasso di usura, si comprende come l’analisi delle sentenze dei due tribunali dello Stretto sia di particolare interesse. Dai dati risulta che il settore terziario assorbe i due terzi dei casi di usura, mentre, per quel che concerne l’attività lavorativa, oltre la metà dei casi riguarda commercianti ed esercenti. Gli episodi di usura spesso si protraggono per oltre un anno, e il tasso di interesse, su base annua, ha una media del 240% (20% mensile) e una moda del 120%. Inoltre, quando si manifesta la condizione di insolvenza dell’usurato, il rapporto tende a coinvolgere anche i parenti e gli amici del primo, in quanto quest’ultimo spesso è costretto ad offrire in garanzia titoli o effetti da essi sottoscritti.

In sintesi, dal lavoro di Signorino emergono tre aspetti importanti. Il primo è il fatto che il ricorso all’usura, causato dal clima di sfiducia verso le forme di pagamento e il rispetto dei contratti, soprattutto in un’area piena di difficoltà come quella del Mezzogiorno, penalizza soprattutto le piccole imprese. Il secondo è che solo una minima parte, poco più del 10%, degli usurai fa parte di un’organizzazione criminale, mentre nel 61% dei casi tale collegamento non c’è; questo anche perché, quando subentra un’organizzazione criminale, essa tende a trasformare l’usura in estorsione. Terzo aspetto è costituito dal fatto che, per comprendere meglio la problematica, sarebbe più opportuno utilizzare la categoria di “impresa usuraia”, piuttosto che di “usuraio”, come proprio i risultati dell’indagine dimostrano.

Infine, nell’ultimo capitolo, la Spinelli Francalanci propone l’evoluzione giuridica del reato di usura a partire dal diritto romano e dal diritto canonico, passando per il Codice Rocco fino alla Legge 108/96. Quest’ultima normativa aveva lo scopo di inserire un parametro oggettivo per individuare il reato: fu così stabilito il limite del tasso di interesse oltre il quale, automaticamente, scattava il reato di usura. Il problema, evidenzia la studiosa, è che non sono state prese in considerazioni altre variabili, e l’usura è diventata una mera “variabile quantitativa”. Il risultato, pessimo, della legge è stato così il crollo delle denunce. L’altro dato che risalta è il fatto che sono pochi i processi che si concludono con la condanna degli usurai: davanti alla debolezza del sistema giudiziario urge potenziare altri strumenti, come le fondazioni antiusura e le reti di economia solidale.

 

La necessità di «costruire un’altreconomia»

Per chiudere questa breve presentazione del volume, ci sembra opportuno riportare le parole di Perna poste a conclusione della sua Introduzione: «Quando abbiamo iniziato questa ricerca non ci rendevamo conto della gravità del fenomeno. Il crollo della finanza, la stretta del credito, stanno facendo emergere una realtà in cui l’usura da fenomeno marginale ritorna sulla scena da primo attore. Confesso che io per primo lo avevo sottovalutato. La storia ha pensato a ricordarcelo. A tutti noi la responsabilità di guardarlo in faccia e di agire di conseguenza ai diversi livelli – giuridico, economico, sociale e culturale – per sradicare questa mala pianta, o almeno renderla davvero marginale. Una sfida non impossibile da vincere se sapremo costruire un’altreconomia in cui il denaro ritorni al suo valore d’uso sociale, come unità di conto ed intermediario negli scambi, come moneta-credito al servizio della società e non di pochi profittatori». 

 

Luigi Grisolia


(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 24, agosto 2009)

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