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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n. 23, Luglio 2009
Juliette Greco
e Miles Davis:
amore e jazz
di Elisa Calabrò
Da Giulio Perrone il racconto
di una stagione memorabile:
esistenzialismo e negritudine
Paulu, le Castor, Boris, Trane, Duke, Miles, Juliette, Françoise, Bird, Frantz. Erano amici, erano l’avanguardia della musica, della letteratura, della filosofia in una Parigi libera e libertina pronta a sperimentare la novità, la commistione dei generi – non solo letterari ma anche umani –, una Parigi che si risollevava dal tragico episodio della guerra.
Paulu, le Castor, Boris, Trane, Duke, Miles, Juliette, Françoise, Bird, Frantz. Sono alcuni dei nomi che popolano il romanzo di Walter Mauro, Miles e Juliette (Giulio Perrone editore, pp. 126, € 10,00). Sembra incredibile che un tale numero di personaggi fondamentali per il rinnovamento delle arti nel Secondo dopoguerra trascorresse la propria esistenza nello stesso paese, nella stessa città, in un unico quartiere. È come se, muniti di un potente cannocchiale, ci avvicinassimo senza essere visti alle vetrine dei cafè di Saint-Germain, a sbirciare i movimenti, ad ascoltare le confidenze e le teorie che i grandi pensatori dell’esistenzialismo elaboravano nelle lunghe serate parigine.
Sì, perché Paulu non è altri se non Jean-Paul Sartre, le Castor è l’affettuoso nomignolo con cui veniva chiamata Simone de Beauvoir, Françoise è Françoise Sagan, Bird nientemeno che Charlie Parker e Frantz colui che per primo teorizzò la negritudine e il riscatto dei “dannati della terra”, Frantz Fanon, amici e amiche – insieme ad altri personaggi importantissimi per la cultura mondiale – di una coppia straordinaria: Miles Davis e Juliette Greco.
L’intreccio di due dolori
Parigi è una calamita per molti musicisti di colore dell’epoca, è un luogo in cui si respira davvero aria di libertà, dove, soprattutto, si può sedimentare l’identità nera e farla diventare strumento di riscatto per portare avanti – con dignità riconquistata – la lotta per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti.
Miles parte per un semplice viaggio di due settimane, consapevole però di andare dritto in un ambiente completamente diverso dal profondo Sud statunitense, che lo trasformerà irrimediabilmente per tutta la vita. Forse non sa di andare incontro a colei che diventerà “l’angelo di Saint-Germain”.
Juliette sta affrontando l’ennesimo momento drammatico della sua vita, consapevole di dover trovare al più presto un appiglio, una nuova conoscenza che le permetta di risalire la china del dolore e della depressione. Forse non sa che sta per intrecciare la sua vita a quella del trombettista che volta le spalle al pubblico bianco.
Due settimane di intenso amore, una relazione che inizia con una forte corporalità. L’unione dell’ebano della pelle di Miles e del biancore illuminato di Juliette è la prima forma di comunicazione in una lingua che si fa mediazione perfetta tra l’inglese e il francese.
Scritto da uno dei più importanti critici musicali italiani, il romanzo ha la capacità di far sentire il lettore parte integrante di quel gruppo di amici. Si aspetta il momento della lezione di Paulu, le arguzie di le Castor, i voli di Bird come si aspettano gli amici sotto casa per un caffè.
Raccontando l’intensa e poi tormentata storia d’amore dei due protagonisti, Mauro delinea alcune delle problematiche più ampie del Ventesimo secolo: il problema del razzismo, la nascita dell’esistenzialismo, il cambiamento di un genere musicale, il jazz, che proprio grazie ad alcuni dei personaggi del romanzo sarà profondamente modificato, l’intreccio della letteratura con la pittura di Picasso – anche lui amico del gruppo –, la tragica caduta di molti dei geni dell’arte di metà del secolo nel vortice dell’eroina.
La narrazione non segue un rigoroso filo temporale, continui andirivieni cronologici permettono di avere una visuale del periodo composita e originale. Dai club un po’ dimessi dove i boppers americani iniziano a creare una nuova tendenza musicale si passa ai cafè popolati dall’élite culturale parigina; dalle jam session appassionate si passa ai momenti di profonda discussione sul significato di “negritudine”e ancora, dai palchi famosi e dal delirio del pubblico per “l’angelo” si passa a uno show televisivo dove Juliette e Miles si ritrovano per un’inedita dichiarazione d’amore.
La particolare competenza dell’autore fa sì che la narrazione scivoli tra preziose annotazioni di critica musicale e alcune chicche legate all’analisi delle melodie dirompenti del nuovo modo di fare musica che accomuna Miles a Bird, a Trane, a Duke, a Billie e a tanti altri.
Non è un romanzo d’amore, è un romanzo in cui l’amore è una delle numerose sfaccettature di un percorso spesso doloroso e drammatico che si vorrebbe portasse al riscatto dai mali subiti, dalle ingiurie patite, dall’incomprensione diffusa degli “altri”, di tutti coloro che non facevano parte del gruppo e che mai avrebbero potuto comprendere la visceralità di quel legame durato appena quindici giorni ma inevitabilmente totalizzante.
Bellissime sono le citazioni che aprono ogni capitolo in una commistione di lingue che perfettamente si adatta all’idea di crogiuolo culturale che permea tutto il romanzo; una su tutte, da Jacques Prévert: «Je suis comme je suis, je suis faite comme ça, que voulez-vous de moi?».
Da ascoltare dopo la lettura: Non, je ne regrette rien, cantata da Edith Piaf, amica, anche lei, di Juliette. Perché di una vita vissuta intensamente non si hanno rimpianti.
Elisa Calabrò
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 23, luglio 2009)
Agata Garofalo, Anna Guglielmi, Mariangela Monaco, Antonietta Zaccaro, Elisabetta Zicchinella
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