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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n. 22, Giugno 2009
Nascita dell’Europa unita:
comprendere l’evoluzione
di un’idea vicina all’utopia
oggi realtà in espansione
di Simona Corrente
Da Laruffa editore la collana che studia
questo progetto e ne svela la paternità
«Il cammino imboccato dall’Europa negli anni Cinquanta del secolo scorso pone oggi ciascuno Stato – e con esso, naturalmente, i suoi cittadini – nella condizione di dover ripensare la propria storia e rivedere il concetto stesso d’Europa; si tratta in sostanza di ripensare il proprio passato alla ricerca dei caratteri comuni e comunque unificanti per poter passare da una serie di storie nazionali ad una eurostoria sovranazionale, alla storia dell’integrazione europea». Così si apre la Presentazione del primo volume Europa idea, valore, costruzione e costituzione (Laruffa editore, pp. 246, € 12,00) della collana Europa in cammino diretta da Matteo Iannò – professore di Storia delle relazioni internazionali presso la Libera Università Kore di Enna – e realizzata in collaborazione con Diego Medina Morales – ordinario di Filosofia del diritto presso l’Università di Córdoba in Spagna.
L’obiettivo della serie promossa dalla casa editrice calabrese, e realizzata grazie alla collaborazione tra l’ateneo italiano e quello spagnolo, è senza dubbio di ricostruire la storia della comunità partendo appunto dall’idea originaria, ripercorrendola al fine di comprendere che il processo di unificazione a cui la nostra contemporaneità ha assistito è il frutto di un lungo percorso culturale, ideologico, sociale e storico.
Trovare dei valori comuni: ecco la chiave per lo sviluppo dell’idea europea
Nella Prefazione di Salvo Andò, che apre il sopra citato primo volume della collana, emerge il punto chiave da cui poi parte e si sviluppa l’intera analisi-riflessione di Iannò e Morales, ovvero: se pur nello scenario europeo vi siano enormi differenze di tipo culturale, politico e sociale tra un paese e l’altro, esistono degli elementi comuni che rendono la nascita di una Europa unita un processo naturale e necessario.
Si potrebbe a questo punto affermare che tale tematica sia già stata oggetto di studio e di riflessioni in vari saggi, senza comunque giungere a delle conclusioni esaustive in grado di chiarire questo processo. La trattazione italospagnola affronta la questione da una prospettiva diversa e originale, tentando di offrire al lettore un’interpretazione a trecentosessanta gradi. Si parte dalla necessità di individuare dei valori comuni: l’ideale unitario presuppone che vi siano dei fattori condivisi e condivisibili che garantiscano una stabilità interna. Indubbiamente, il Cristianesimo può considerarsi una fonte importante nello sviluppo dell’idea comunitaria: ha ispirato un modello di società pluralista, libera e finalizzata all’uguaglianza e ha contribuito fortemente a sviluppare l’idea di stato liberal-democratico; ma pensare che sia stato l’unico canale di diffusione di valori comuni sarebbe limitativo ed errato. «Non bisogna confondere il problema su cui si fonda l’identità culturale dell’Europa con la questione dell’opportunità di menzionare o meno» le radici cristiane come «fondamento essenziale dell’identità culturale della comunità», spiega Andò. In Europa sono tantissime le influenze non cristiane – ad esempio quelle arabe – che hanno comunque goduto di un grande consenso sociale e che hanno perciò dato un contributo forte in tal senso.
Premesso ciò, appare chiaro che non si possa pensare di porre formalmente queste radici a base dell’identità culturale europea in un documento solenne come il nuovo Trattato costituzionale poiché tale menzione potrebbe essere considerata un fattore discriminante che non può essere assolutamente tollerato in un contesto di uguaglianza di tutti cittadini. Il rispetto dei diritti umani rappresenta l’elemento imprescindibile per la creazione di una società democratica, dove vi sia rispetto per le minoranze e viga il pluralismo.
Nel Tue (Trattato dell’unione europea) sono contenuti i valori che la Comunità persegue e tutela; nell’articolo I-2 si legge: «L’unione si basa sui valori di rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di Diritto e rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze. Questi valori sono comuni agli stati membri, in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dall’uguaglianza tra uomini e donne». Parafrasando quanto sopra, solo gli stati che rispettino i sopra elencati “valori europei” possono far parte dell’Unione, mentre i membri che dovessero violarli saranno soggetti a sanzione.
Riprendendo il concetto di pluralismo, Morales espone una riflessione importante e svela quanto poi in realtà quelli europei siano allo stesso tempo valori di unione e separazione. Esaminando la definizione stessa della parola – pluralismo: sistema attraverso il quale si accetta o si riconosce la pluralità di dottrine o posizioni –, lo studioso spagnolo mette in risalto la debolezza della Comunità, «le conseguenze del riconoscimento del valore “pluralismo” sono chiare: basiamo l’Unione politica europea su una lista di valori, ma lo facciamo rinunciando espressamente a condividere una posizione unitaria intorno al suo significato». Ciò determina un relativismo etico – ove relativismo «si può definire, citando Popper, come “una filosofia consistente nella tesi che tutte le tesi sono più o meno difendibili dal punto di vista intellettuale”» – che determina nei valori la perdita di una interpretazione obiettiva e di conseguenza l’indebolimento e lo svuotamento di significato degli stessi.
Nella sua analisi, Morales parla di una idea comunitaria senz’altro vincente che però ha necessità di ritrovare la propria identità, e afferma che «abbiamo una serie di valori, i “valori” dell’Unione, ma non siamo d’accordo in merito al loro contenuto e, se volessimo cercarlo, difficilmente lo troveremmo, dato che tutte le posizioni hanno lo stesso valore, il che significa che non abbiamo criterio per sostenere una posizione piuttosto che un’altra o per cercare un momento di sintesi. Se consideriamo che i valori non sono nulla, l’Europa sarà ancora meno, ma d’altra parte, dobbiamo dare una qual certa definizione ai valori, giacché sono essi che definiscono l’Europa».
Il conte Richard Coudenhove-Kalergi e la sua intuizione di Europa unita
Nel secondo volume, dal titolo Paneuropa, una proposta Coudenhove-Kalergi e l’unione dell’Europa (Laruffa editore, pp. 356, € 12,00), facente parte della suddetta collana, Iannò ripercorre le origini e segue lo sviluppo dell’idea unitaria. «È da Carlo Magno in poi che comincia a prendere forma l’ideologia unitaria, anche se ancora in modo alquanto vago», spiega il professore, «solo dopo la prima guerra mondiale l’idea di integrazione dell’Europa si afferma abbastanza concretamente. La furia devastatrice della seconda guerra mondiale, però, interrompe questo processo, che deve attendere la fine del secondo conflitto per riprendere vigore».
In realtà, è proprio il periodo che intercorre tra le due guerre a favorire l’idea comunitaria non per questioni ideali, ma essenzialmente per la necessità di fronteggiare un’economia stagnante, favorendo la ricostruzione. In questo contesto emerge l’iniziativa del conte Richard Coudenhove-Kalegi che nel suo libro-manifesto Pan-Europa racchiude ed espone la sua interpretazione di un’idea «dapprima vicina all’utopia […] che prenderà […] la forza di una verità», citando le parole dello studioso Jean Michel Palmier.
Tra le intuizioni salienti del pensiero coudenhoviano già adottate dalla Comunità europea senza che questa gliene riconosca la paternità: l’abolizione delle frontiere nazionali, l’adozione dell’inglese come lingua veicolare, la creazione di un Parlamento europeo, l’idea di un sistema giuridico fondato su tribunali arbitrali comuni, l’introduzione di una moneta unica per favorire la nascita di un mercato comune, la protezione delle minoranze, la scelta di un inno ufficiale che, così come in Pan-Europa, è stato individuato nell’Inno alla gioia, (dalla Nona sinfonia), di Ludwig van Beethoven.
Proprio ad ulteriore testimonianza della stretta correlazione tra l’idea unitaria e la personalità del conte, nella prefazione francese delle memorie coudenhoviane J’ai choisi l’Europe, Winston Churchill scrive che «“monsieur Pan-Europe” è stato senza alcun dubbio uno dei capi spirituali, uno dei principali ispiratori e – se posso usare questa immagine – colui che ha veramente concepito questa Europa di cui Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Paul Henri Spaak e Jean Monnet, furono ostetrici, dopo un lungo periodo di gestazione segnato dal fallimento dell’iniziativa Briand-Stresemann».
Il saggio di Iannò si articola in due parti: nella prima si «introduce il lettore nella vita e negli episodi significativi nel contesto della creazione di una struttura “euro-nazionale”, per l’appunto Pan-Europa»; nella seconda si «affronta la parabola coudenhoviana dai fondamenti ideologici del progetto fino alla conclusione della esperienza di Coudenhove-Kalegi».
Per concludere questo viaggio dalle origini all’evoluzione del concetto unitario, citiamo le parole del conte, secondo cui più della «storia comune è il destino comune che rende necessaria l’unità dell’Europa»: definizione che esprime al meglio l’esigenza di portare avanti tale progetto.
Simona Corrente
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 22, giugno 2009)
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