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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n. 21, Maggio 2009
Novecento europeo:
raccontate con stile
le tante microstorie
distintive di un'era
di Elisa Calabrò
Alcuni eventi del XX secolo narrati
tramite piccole vicende quotidiane,
una proposta di Duepunti edizioni
Spesso capita che l’Italia si accorga in ritardo di certi “fenomeni” letterari che altrove in Europa spopolano, e la stessa editoria nostrana sembra ignorare, talvolta, la qualità di alcuni scrittori che all’estero sono acclamati come giustamente meritano. Succede sovente insomma, che i nostri editori “sonnecchino” e non abbiano molta voglia di sperimentare.
Accade così che, dopo essere stato tradotto in venti lingue, arriva in Italia un saggio di Patrik Ourednik, Europeana. Breve storia del XX secolo (Duepunti, pp. 160, € 12,00), tradotto da Elena Paul e pubblicato da una casa editrice palermitana che – sin dagli esordi – ha avuto voglia di scommettere e di cercare stimoli nuovi per arricchire un catalogo accuratamente strutturato e pensato per “difendere” una linea editoriale lontana da scelte meramente commerciali.
La storia fatta di “microstorie”
Quali sono stati gli eventi salienti che hanno caratterizzato non solo la storia di un secolo, ma la cultura e la vita dell’intera umanità? Sicuramente la Prima e la Seconda guerra mondiale, l’olocausto, l’invenzione della bomba atomica, il regime sovietico, l’avvento della tecnologia. Ma non aspettiamoci che Ourednik spieghi motivazioni e risultati di tali avvenimenti come solitamente accade nei manuali di Storia: lo scrittore propone un taglio diverso alla narrazione del passato.
Della Prima guerra mondiale ci ricorda, per esempio, che «nei pressi di Courtai un soldato belga sprofondò in una palude fino alle ginocchia e quattro compagni non riuscirono a tirarlo fuori»; sintetizza così l’avvicendarsi dei conflitti: «alcuni storici dicevano che la guerra è il prolungamento dell’azione politica ma altri dicevano che invece l’azione politica è il prolungamento della guerra e che del resto la guerra non finisce mai ma cambia soltanto forma». Racconta episodi di vita quotidiana – mai rilevati dalla storiografia ma nonostante questo ugualmente importanti – narrando alcuni momenti delle esistenze di individui che non erano protagonisti, ma semplici comparse della storia, elementi caratterizzanti che rendono la grande storia più vicina, anche nella sua drammaticità: «nel 1945 gli americani inventarono la bomba atomica e la sganciarono su una città chiamata Hiroshima. L’aereo si chiamava Enola Gay […] il pilota spiegò ai giornalisti che aveva scelto questo nome perché era quello di sua nonna irlandese e lo trovava divertente».
Una cascata temporale inarrestabile
Un “flusso di coscienza” storico, così potrebbe definirsi Europeana, per due caratteristiche stilistiche in particolare. La prima, l’assoluta mancanza di virgole che rende la lettura incalzante. È come ruzzolare giù da un pendio, una volta partiti non ci si riesce più a fermare e anche i punti fermi vengono superati con un balzo. L’altra, l’assenza di un rigoroso filo conduttore cronologico: gli episodi che costituiscono la storia di questo secolo così denso di avvenimenti vengono snocciolati in successione tematica, con giustapposizioni di contenuti, e non raggruppati per decadi o momenti come solitamente avviene.
Per orientarsi in questo torrente di informazioni alcune boe posizionate qua e là lungo il testo: “titoletti” che sfuggono – anche questi – alla rigidità scientifica. Solo per citarne qualcuno: «Anche questa era un’innovazione», «L’uomo è in realtà una scimmia», «L’interprete era in licenza».
E se il ventesimo secolo non fosse mai esistito?
Ourednik è uno scrittore, traduttore e linguista ceco che vive a Parigi dal 1983. La storia del suo paese emerge fortemente dalle vicende raccontate nel libro, non perché esplicitamente ricordata in episodi o momenti peculiari, ma per il punto di vista utilizzato nel rappresentare alcuni elementi come il nazismo e il regime sovietico. I rapporti con queste due grandi potenze, che influenzarono la vita della Repubblica ceca, condizionano probabilmente la visuale del cannocchiale con cui l’autore osserva la storia passata.
Sì, perché la sua narrazione sembra quella di un osservatore esterno, un extraterrestre che abbia assistito al succedersi degli avvenimenti senza viverli sulla propria pelle e per questo sia stato colpito più dalla banalità di certi momenti quotidiani che dall’enormità del peso di tali avvenimenti nel determinare il futuro del mondo.
Pur se la narrazione ha un carattere universalistico, che deriva proprio dal punto di vista dell’autore come osservatore esterno, viene da chiedersi se la rilevanza data a determinati episodi e concetti non sia dovuta alla provenienza geografica dello scrittore e dunque al vissuto elaborato all’interno di una determinata società. Ma qui si aprirebbe un’ampia parentesi sul lavoro dello storico e le influenze che subisce dal contesto, questione che meriterebbe di essere approfondita in altra sede.
L’aver colto i piccoli segni del vivere quotidiano permette ad Ourednik di utilizzare un linguaggio spesso ironico, pur se velato di certa malinconia.
Un umorismo, il suo, che tende a sottolineare in qualche modo l’inutilità della pratica storica in generale: «nel 1989 un politologo americano inventò la teoria della fine della storia […] Ma molti non conoscevano questa teoria e continuavano a fare storia come se niente fosse». D’altronde, a che serve registrare la storia se per un disguido tecnico un intero secolo potrebbe essere cancellato? E «fu chiamata Millennium bug. Avrebbe potuto prodursi il 31/12/99 a mezzanotte […] c’era pericolo che i contatori elettronici identificassero l’anno 2000 come se fosse il 1900 e come se il XX secolo e l’attentato contro l’erede al trono d’Austria non ci fossero mai stati».
Elisa Calabrò
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 21, maggio 2009)
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