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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n. 20, Aprile 2009
Racconti di vite
e ombre chiuse
nella solitudine
di Annalice Furfari
In un quadro dai toni visionari
Barbera editore divulga storie
dall'intensità mesta e toccante
Ognuno di noi è sorvegliato. Sorvegliato dai fantasmi. Fantasmi che abitano la nostra anima e ci spingono ad agire in maniera sconvolgente. Fantasmi che pulsano nella nostra mente, ossessionando i nostri sogni, i nostri pensieri. Fantasmi che ci circondano e ci proteggono, mostrandoci il cammino da intraprendere. Fantasmi che non ci lasciano vivere, spingendoci a desiderare la morte. Fantasmi che ci tengono compagnia e ci fanno sembrare meno angoscianti le nostre paure e la nostra solitudine.
Che si creda o no alla loro esistenza, i fantasmi possono materializzarsi in molti modi diversi: nel ricordo di un affetto scomparso, nelle tracce di un trauma subito, nel manifestarsi della follia, nello scatenarsi improvviso del lato oscuro latente in ognuno di noi. Proprio la loro presenza costante e silenziosa accanto agli uomini fa da filo conduttore ai racconti raccolti in Sorvegliato dai fantasmi (Barbera editore, pp. 206, € 9,90), scritto dal giovane autore Gabriele Dadati. Le brevi e intense storie custodite in questo libro tratteggiano istantanee di vite che compongono un quadro a sé. Non si avverte l’esigenza di conoscere la precedente per comprendere la successiva. Eppure, è solo leggendo dalla prima all’ultima pagina che si riesce a cogliere il significato complessivo e superiore che attraversa l’intera opera. È solo così che si può comprendere il senso ultimo di esistenze sospese, costantemente in bilico tra passato e presente, equilibrio e follia, bene e male, vita e morte. È così che la congerie di sentimenti, emozioni, ossessioni, paure, desideri, fallimenti, errori, riscatti e speranze trova una sua composizione finale. Quella di vite annientate dalla solitudine, per le quali è prevista, però, una possibilità di salvezza.
Storie di vite solitarie e allo sbando, alla ricerca di un po’ di amore
In Vittorio si è scavato una nicchia vi è la confessione disarmante di una madre come molte altre, una donna normale, non più egoista o crudele, ma semplicemente una donna, con le sue fragilità e la sua complessità. Una madre che di giorno guida con amore il percorso di crescita del figlio di tre anni, ma di notte non riesce a scacciare sentimenti e pensieri di odio nei confronti del suo bambino. Combattuta tra senso di colpa e bisogno di sfogo, questa donna ammette di non tollerare l’egocentrismo assoluto e naturale del piccolo, che l’ha costretta a rinunciare alle abitudini di tutta una vita, ai piccoli egoismi, al tempo da dedicare esclusivamente a se stessa e al proprio benessere. Ma ciò che angoscia maggiormente la donna è il fatto che ogni notte il bimbo si infili nel letto dei genitori, occupando l’esiguo spazio esistente tra loro. Uno spazio che la madre considera «proprietà privata», in quanto custode di quel «calore speciale» prodotto dalla vicinanza dei corpi di marito e moglie. Quel calore che tutte le notti il figlio reclama, svegliando la madre e suscitando la sua irrazionale gelosia.
Leros è il nome di una piccola isola greca del Dodecanneso e significa “sporco”. È qui che è ambientato il secondo racconto, la cui protagonista è la psichiatra Flavia Mozzato, in missione nell’ospedale in cui vengono confinati i cosiddetti casi disperati: «quelli definitivamente pazzi senza possibilità di redenzione», quattrocento uomini interrotti, di cui la Grecia intera si lava le mani. Il lavoro all’interno della struttura non è affatto semplice: la dottoressa deve fare i conti con un sistema ingiusto, che «genera una grande indifferenza e spegne l’umanità». Così, per i pazienti abbandonati, disprezzati e trattati «come dei rottami per i quali Leros è la discarica appropriata», la guarigione è più lontana che in qualsiasi altro posto al mondo.
Portacenere è il racconto di una cena tra vecchi amici, sulla cui allegria spensierata aleggiano i ricordi e i fallimenti di un’esistenza. La confidenza è tanta e basta guardarsi negli occhi per capire quanto bruci la consapevolezza di non avercela fatta a realizzare i propri sogni, nonostante gli innumerevoli tentativi, le rinunce e i sacrifici. Ma a fare male è soprattutto la scomparsa prematura di un caro amico, colpito improvvisamente da una malattia implacabile, tremenda nello spegnere il sorriso di chi è entusiasta della vita e delle sue piccole bellezze.
Quando saremo veri mescola la realtà alla fantasia, per narrarci un luogo e una solitudine. Il luogo è l’isola di Malta e più precisamente la sua capitale, La Valletta. La solitudine è la condizione del protagonista, Giovanni Rabat, giovane maltese. I due elementi sono profondamente legati, perché si influenzano a vicenda. Infatti, La Valletta è una città molto strana: «se la vedi dal mare durante il giorno può anche sembrarti Roma con il Pantheon e San Pietro che sbucano in mezzo alle case. Se la vedi dal mare durante la notte può anche sembrarti Montecarlo con le luci del casinò accese che riempiono l’acqua di riflessi gialli e rossi. Se invece la vedi da dentro perché ci devi crescere, se la tua casa sta su una strada stretta con l’asfalto sgretolato, se tuo padre ha, come pure tutti gli altri maltesi hanno, un’automobile degli anni Settanta piena di botte sulle fiancate, se la tua televisione prende soltanto, e male, i canali italiani perché di maltesi in pratica non ne esistono, se d’estate per amici ti fai i figli dei turisti che a settembre però partono […], allora La Valletta si riduce a essere solo La Valletta: cioè un posto che sfida la tua voglia di crescere e di essere un uomo».
L’avventura di due sposi è la struggente e delicata storia di due sofferenze che si incontrano e si amano profondamente, di un amore che salva dalla solitudine e riscatta le ingiustizie di un’esistenza misera, che non ha perso la forza di sognare e di credere in un mondo migliore.
Chi non c’era ci trascina nell’abisso di una mente che sta perdendo il contatto con la realtà e con le cose che prima la rendevano felice. I fantasmi che affollano gli incubi del protagonista tolgono il respiro e lo fanno sentire diverso da tutti gli altri individui. Solo a un passo dalla morte l’uomo incontrerà colui che darà un senso alla sua ricerca, lenendo la sua immensa solitudine.
Cara Manuela è la lettera che un carcerato scrive alla sua donna, per rivelarle le sue scoperte teologiche sull’anima. Nello scorrere lentissimo e angosciante del tempo della prigionia che non passa mai, il recluso, grazie all’incontro con un giovane prete, riconsidera la sua intera esistenza, raggiungendo una consapevolezza e una profondità di pensiero inaspettate.
Tra i microcosmi descritti dall’autore vi è anche quello di Charles Manson, l’artefice del massacro di Cielo Drive, che tenta di giustificarsi per mezzo di una Dichiarazione processuale tenuta ben lontana dall’aula. Le sue parole contrastano profondamente con il ritratto che gli è sempre stato attribuito, quello di uomo calcolatore, carismatico, diabolico e dalle capacità di influenza addirittura ipnotiche. La dichiarazione processuale lo dipinge, al contrario, come un giovane compiacente, spinto al male dall’intenso bisogno di salvarsi dalla solitudine.
Alcune cose tremendamente sbagliate ci parla dell’abbaglio preso da un investigatore a caccia di un serial killer. L’uomo, totalmente immerso nel suo difficile lavoro, non si accorge dell’abisso in cui sta annegando la moglie, consumata lentamente dalla malattia, ma soprattutto dalla mancanza di affetto e vicinanza.
In Apocalisse un giovane dottore ci narra la lenta e implacabile agonia di un vecchio malato di cancro, alle soglie della fine del mondo. Nella lotta tra la vita e la morte, alla fine trionfa la prima, grazie alla forza di chi non vuole smettere di entusiasmarsi e di amare.
La scrittura di Dadati: stanza sicura in cui liberare i propri fantasmi
Dadati, talentuoso ventiseienne con la passione per la scrittura e l’arte contemporanea, tratteggia queste storie crude e toccanti, desolate e struggenti, con la grazia e il fascino di una penna delicata e acuminata al contempo. La sua scrittura innovatrice si basa su un uso scarno della punteggiatura e su un periodare agile e dinamico. Il suo stile asciutto e penetrante si sposa alla perfezione con il racconto dai colori sfumati di vite allo stremo.
Adoperando sempre la prima persona, il giovane autore consente ai lettori di immergersi nei mondi caotici e complessi dei personaggi, come se questi vivessero davanti ai loro occhi, pur mantenendo uno sguardo distante e obiettivo, grazie all’impiego di un linguaggio che non scivola mai nell’immedesimazione banalmente sentimentalista. Si tratta della cifra di una scrittura controllata e calibrata, che mantiene, però, la sua funzione di valvola di sfogo di ossessioni e fantasie. Come ci svela, infatti, lo stesso Dadati nella lettera di dedica alla madre: «queste dieci storie sono dieci oggetti che non fanno più parte di Gabriele ma che si possono prendere in mano autonomamente, rigirare e magari mettere in bocca. Io non sono più necessario, quindi sono libero. […] Questo è l’unico grande potere che ho scoperto fino a ora nella pratica dello scrivere. Spostare gli oggetti, le persone e le storie fino a un posto che sia del tutto sicuro. Questa stanza che io chiamo: scrittura».
Annalice Furfari
(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 20, aprile 2009)
Elisa Calabrò, Eliana Grande, Mariangela Monaco, Maria Paola Selvaggi, Tiziana Selvaggi
Giulia Adamo, Lalla Alfano, Mirko Altimari, Valeria Andreozzi, Simona Antonelli, Sonia Apilongo, Marta Balzani, Claudia Barbarino, Anna Borrelli, Valentina Burchianti, Giovanna Caridei, Paola Cicardi, Guglielmo Colombero, Francesca Commisso, Simona Corrente, Giulia Costa, Alessandro Crupi, Simone De Andreis, Marina Del Duca, Maria Rosaria Ferrara, Elisabetta Feruglio, Anna Foti, Annalice Furfari, Sara Gamberini, Simona Gerace, Barbara Gimigliano, Manuela Goso, Valeria La Donna, Giuseppe Licandro, Rosella Marasco, Francesca Martino, Valentina Miduri, Francesca Molinaro, Sara Moretti, Mariflo Multari, Sara Parmigiani, Anna Picci, Cristina Proto, Mariastella Rango, Marilena Rodi, Silvia Rogai, Roberta Santoro, Marzia Scafidi, Fulvia Scopelliti, Alessandra Sirianni, Valentina Stocchi, Sara Storione, Alba Terranova, Raffaella Tione, Filomena Tosi, Laura Tullio, Monica Viganò, Andrea Vulpitta, Carmine Zaccaro, Paola Zagami
Natalia Bloise, Pierpaolo Buzza, Elisa Calabrò, Maria Franzè, Anna Guglielmi, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Angela Potente, Francesca Rinaldi, Maria Paola Selvaggi