Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
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Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Quale futuro
per i giornali?
di Annalice Furfari
Nel libro di Donzelli
le prospettive di vita
del vero giornalismo
Quale sarà il futuro dei giornali cartacei? Potremo essere, a tal proposito, ottimisti? Oppure i nostri amati quotidiani generalisti non sopravvivranno alle insidie minacciose rappresentate da Internet, blog, Ipod, video on demand e compagnia bella? Questi e molti altri gli angoscianti interrogativi posti da Vittorio Sabadin, giornalista de
L’emblematico titolo dell’opera prende spunto da una previsione salita alla ribalta dell’attenzione mondiale nell’universo dell’editoria, mai come in questi ultimi anni, in grosse difficoltà economiche. Nel 2004, infatti, Philip Meyer, docente di Giornalismo all’Università della North Carolina, ha pubblicato un libro, intitolato The vanishing newspaper, nel quale ha fissato all’inizio del 2043 il momento in cui l’ultimo vecchio ed esausto lettore andrà ad acquistare l’ultima sgualcita copia stampata del New York Times, uno dei quotidiani più influenti e prestigiosi del mondo. Già l’indicazione di questa ipotetica data non lascia ben sperare riguardo al destino dei giornali su carta, ma ancora più sconfortante è la previsione dello stesso editore del quotidiano statunitense, Arthur Ochs Sulzberger jr., il quale ha solennemente dichiarato che l’ultima copia della sua testata verrà acquistata nel 2012, fra soli quattro brevissimi anni. Ciò non significa che la redazione del New York Times chiuderà i suoi battenti, ma che dedicherà il suo lavoro esclusivamente all’edizione on line. Com’è facile intuire, questa decisione editoriale è determinata da motivazioni di carattere economico: i lettori dell’edizione su carta, infatti, superano di poco il milione, mentre quelli del sito web crescono a ritmi particolarmente sostenuti, così come i proventi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari legati all’edizione in rete. Tale situazione critica è comune a tutti i giornali cartacei del mondo, quindi diventa fondamentale riuscire a maturare nuove strategie produttive e comunicative. Pena una tragica e incombente morte. Questa è una possibilità a cui Sabadin (e molti altri amanti del giornalismo) non vuole arrendersi, così L’ultima copia del «New York Times» costituisce un valido serbatoio di proposte lungimiranti che, se messe correttamente in pratica, potranno scongiurare il futuro requiem dell’informazione.
Le trasformazioni della stampa e le insidiose minacce che la attentano
In primo luogo, l’autore passa in rassegna le più o meno recenti trasformazioni della stampa occidentale: dall’abbandono del tradizionale formato broadsheet (37,4 ×
Un ulteriore tasto dolente per i tradizionali quotidiani generalisti è rappresentato dalla crescente disaffezione dei giovani, diventati, ormai, dei “non lettori” e «convinti che l’informazione, nel XXI secolo, debba essere gratuita». Il punto è che oggi i bisogni di questa parte rilevante della popolazione mondiale sono intercettati da un altro strumento di comunicazione, Internet, definito giustamente dall’autore «l’inizio di tutti i guai» per l’universo della stampa. A partire dalla geniale intuizione di Tim Berners-Lee nei primi anni Novanta, il web si è sviluppato così velocemente e impetuosamente da diventare una rete di comunicazione globale senza precedenti (basti pensare che più di un miliardo di abitanti della Terra si collega abitualmente a Internet). Oggi le notizie pubblicate sul web non sono più sinonimo di inattendibilità e sempre più persone, in particolare giovani, vi individuano un mezzo di informazione «economico, rapido e divertente», di gran lunga preferito ai giornali cartacei, anche perché consente la personalizzazione delle notizie, venendo incontro alle esigenze dei singoli utenti in maniera tempestiva e in qualsiasi momento della giornata. Per non parlare, poi, del fenomeno dei blog che affollano i siti web, dando voce a chiunque abbia qualcosa da dire, dall’uomo della strada a quello più influente del pianeta. Alcuni di questi diari virtuali costituiscono semplicemente uno strumento di sfogo della peggiore aggressività individuale, ma molti altri, al contrario, contengono informazioni utili e danno prova di un livello di scrittura elevato. Si tratta di veri e propri esempi di citizen journalism: il giornalismo fatto dai cittadini, «una realtà in forte espansione che cambierà il giornalismo tradizionale». Basti pensare a quei molteplici eventi di cronaca (dallo tsunami indonesiano del dicembre 2004 all’attentato alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005 sino all’uragano Katrina che ha sconvolto New Orleans nel 2005) raccontati, fotografati e ripresi con il telefonino da coloro che vi hanno partecipato e assistito. Questo fenomeno ha sottratto ai giornalisti di professione l’esclusiva della raccolta e della diffusione delle notizie. Fortunatamente, dopo lo sconvolgimento originario, diverse testate nel mondo hanno iniziato a fare uso di questi preziosissimi contributi informativi, che, se impiegati in maniera corretta, possono arricchire notevolmente la qualità dei giornali, anziché minacciarli di morte. Ciò sarà possibile, a patto che i giornalisti abbandonino il pregiudizio ad essi connaturato, continuando però a vigilare sull’attendibilità, l’autenticità, l’imparzialità e la correttezza etica delle notizie prodotte dai cittadini.
I nuovi affascinanti scenari dell’informazione
«I blog si sono ormai guadagnati un’importante fetta di potere e di condizionamento nella società», anche perché offrono canali informativi alternativi a quelli tradizionali e ufficiali, soddisfacendo le esigenze di nicchia, diventate sempre più numerose e importanti nel mercato dei new media. Di conseguenza, editori e giornalisti non possono più ignorare questa realtà, così come non possono più chiudere gli occhi di fronte a un dato di fatto ineluttabile: nel giro di pochi anni Internet e le nuove tecnologie comunicative, molto più appetibili perché in grado di personalizzare e frammentare l’offerta, soppianteranno definitivamente i tradizionali giornali generalisti e cartacei. Non è lontano il tempo in cui ognuno di noi avrà la possibilità di ricevere i materiali informativi e le notizie desiderate su un supporto elettronico piccolo, estremamente maneggevole e poco costoso, in qualsiasi luogo e momento della giornata. A detta dell’autore, ciò non significa che il giornalismo scomparirà, semplicemente muteranno i suoi supporti e le sue modalità realizzative. Tuttavia, riusciranno a sopravvivere a questi cambiamenti epocali e rivoluzionari soltanto quelle testate in grado di evolvere, di adeguarsi ai tempi nuovi e di venire incontro alle esigenze dei lettori futuri. Sarà, quindi, necessario valorizzare massimamente l’edizione on line, in termini economici e qualitativi, e convincere i redattori dell’assoluta importanza di lavorare contemporaneamente per piattaforme informative differenti, oltre che 24 ore su 24. Bisognerà, inoltre, occuparsi costantemente dei cittadini-lettori, chiamandoli a partecipare attivamente all’avventura di costruzione del giornale, invitandoli (come suggerisce Steve Outing, uno dei massimi esperti di media on line) a commentare gli articoli pubblicati, a rendere note le loro esperienze personali su un determinato fatto di cronaca, a raccogliere dati per la conduzione di inchieste di interesse locale e a realizzare un blog cittadino i cui interventi vengano pubblicati in un supplemento gratuito del giornale. L’obiettivo da raggiungere è un’integrazione armonica tra giornalismo dei cittadini e professionale, in modo tale da creare un grande ecosistema dell’informazione che si avvicini ogni giorno di più alla verità. In effetti, nonostante le innumerevoli previsioni catastrofiste, il ruolo e la funzione dei giornalisti sono ancora capillari e pregnanti in ogni società che voglia mantenersi democratica. A prescindere dalle trasformazioni tecnologiche in atto, le necessità di pungolare i potenti, di vigilare sul funzionamento delle amministrazioni e delle istituzioni, di stimolare un dibattito critico e razionale sulla società attuale devono essere soddisfatte giorno dopo giorno, per non cadere nell’oscurantismo, nell’ignoranza e nell’impotenza generalizzata. Sono proprio questi i compiti per i quali il giornalismo è nato e sono questi i motivi per cui il buon giornalismo, quello condotto con passione, dedizione, serietà, senso di responsabilità e rispetto dell’etica, non morirà mai, anche di fronte all’avanzare incombente della multimedialità.
Annalice Furfari
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 16, dicembre 2008)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi