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Anno II, n° 14 - Ottobre 2008
Il delitto Scopelliti, ovvero l’oblìo
di un giudice forte ma sfortunato
di Andrea Vulpitta
Antonio Prestifilippo, per Città del Sole edizioni, spiega che esistono
eroi antimafia dimenticati. La viva testimonianza di Giancarlo Caselli
Scrivere di un testo che parla del delitto e del giudice Antonino Scopelliti è cosa giusta, in considerazione della grave dimenticanza che da sempre si avverte riguardo al ricordo della sua figura di uomo e di magistrato. Lo facciamo in occasione della recente uscita del libro di Antonio Prestifilippo, alla sua seconda edizione, Morte di un giudice solo (Città del Sole edizioni, pp. 134, € 14). L’autore, all’epoca dell’omicidio inviato speciale de Il Mattino, oggi capo servizio cultura della Gazzetta del Sud, dedica questa nuova uscita alla figlia del giudice, Rosanna, che è riuscita, grazie anche all’impulso del movimento “Ammazzateci tutti” (nato all’indomani dell’uccisione del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno), a riportare alla ribalta la figura di Scopelliti, ucciso, per ipotesi e non per sentenza, da uno scellerato patto tra ’ndrangheta e mafia nel lontano 9 agosto del 1991. Da quella data, da quella serata afosa trascorsa in una svogliata redazione de Il Mattino, con la metà del personale in ferie, inizia il racconto del libro. L’autore, evidenziando l’inclinazione professionale per il racconto e il reportage, descrive con dovizia di particolari le sensazioni, i momenti e i sentimenti allorquando, giunta una stringata e fumosa notizia sul delitto, decide di mettersi in macchina di notte, di rinunciare al servizio sui disperati del mare, che a quei tempi approdavano in Puglia anziché in Sicilia, provenienti dall’Albania invece che dalla Libia, e giungere alle prime luci dell’alba sul luogo del delitto.
Il primo omicidio di un giudice in Calabria
La solita routine: conferenza stampa, indignazione, promessa di intervenire per assicurare alla giustizia i responsabili, ma anche un senso di non precisa comprensione per il primo giudice ucciso in Calabria, se si esclude il delitto dell’avvocato generale dello stato Francesco Ferlaino, ucciso il 3 luglio
Il legame speciale con il suo paese
La parte centrale del libro riporta il racconto dei contatti avuti dall’autore con i familiari del giudice, la descrizione del suo carattere, l’attaccamento al luogo natio (Campo Calabro) e il rispetto che i suoi paesani gli portavano, la passione per le auto di grossa cilindrata e la poca importanza data alle scorte «solo status symbol». Non mancano le interviste a colleghi e amici d’infanzia, ad esempio il giudice Giuseppe Tuccio, che ricorda come Scopelliti gli consigliasse di cambiare aria e da Palmi trasferirsi a Roma, o dei piccoli segreti che solo gli amici d’infanzia custodiscono gelosamente. Vengono riportati sia, come all’inizio del testo per le notizie dell’omicidio, e anche utilizzati come immagine di sfondo della copertina del libro, i lanci d’agenzia relativi alla sentenza della Cassazione del 30 gennaio 1992, la quale stabilisce, dando credito al teorema Buscetta, che il maxiprocesso alla mafia va rifatto e che l’omicidio del giudice non è servito a fare cambiar corso alla giustizia. Prestifilippo sottolinea come nei commenti della stampa alla sentenza e nelle interviste degli addetti ai lavori non compaia mai un ricordo del giudice Scopelliti.
Meritano di essere citati anche i capitoli dedicati all’imbarazzo di essere reggino, espresso all’autore dall’ex avvocato generale dello stato Giovanni Montera, di appartenere ad una provincia dove nel periodo tra il 1987 e il 1988 si consumano 314 omicidi e alla cartolina da Campo Calabro con la lapide e l’epitaffio: «La tua parola ha spezzato il silenzio di una terra che non sa più tacere», insieme all’ulivo che il “Comitato amici di Nino Scopelliti” ha fortemente voluto come simbolo a eterno ricordo. L’autore mette in risalto come solo la gente di Campo Calabro contribuisca a tener vivo il ricordo di un suo illustre cittadino, dimenticato perfino dai grandi mezzi di comunicazione, come evidenziato dal giudice Caponnetto, costretto a prendere carta e penna e protestare direttamente con il direttore del Tg2, reo di aver addirittura omesso, nel corso di una trasmissione televisiva ad un anno dalla morte, il nome di Scopelliti dall’elenco dei servitori dello stato uccisi dalla mafia.
La figlia Rosanna, per non dimenticare
Il libro si chiude con la lunga intervista alla figlia Rosanna, tenuta al riparo e protetta dalle insidie e dai rischi della vita del padre. Ella racconta come non abbia potuto resistere all’invito di Aldo Pecora, leader del movimento “Ammazzateci tutti”, quando la affrontò a muso duro dicendole: « … È arrivato il momento di fare qualcosa per tuo padre», e come la sua speranza e la sua missione siano, ora, quelle di «rendere giustizia a suo padre», missione difficile ma, anche noi speriamo, non impossibile.
Le testimonianze di Giancarlo Caselli e di Piero Grasso
Il giudice Giancarlo Caselli ha voluto dimostrare la sua vicinanza ideale alla memoria di Scopelliti presentando, durante
Analoga presa di posizione è stata quella assunta dal procuratore antimafia Piero Grasso durante la recente commemorazione tenutasi in Calabria in occasione dell’anniversario dell’assassinio.
Andrea Vulpitta
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 14, ottobre 2008)