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Dibattiti ed eventi (a cura di Natalia Bloise)

Il Risorgimento calabro: le sue attese e delusioni
di Annalice Furfari
Presentato nella “Sala convegni” del Castello di Scilla il libro di inEdition,
che affronta il tema scottante dell’impresa garibaldina e dei suoi strascichi


Il processo storico del Risorgimento, i suoi benefici, le sue pecche. È questa l’essenza de Litàlia (inEdition editrice/Collane di LucidaMente, pp. 124, € 12,00), il primo romanzo scritto dallo scultore reggino Francesco Cento – da molti anni residente a Genova – e presentato giovedì 31 luglio nella “Sala convegni” del Castello di Scilla, incantevole località marittima situata in provincia di Reggio Calabria. Animatori dell’evento culturale, oltre all’autore, il direttore editoriale di inEdition Rino Tripodi e il preside Rocco Bova. Le letture dei passi salienti del libro sono state eseguite, con intensità espressiva ed efficace pathos narrante, dallo scrittore Marcello Sinigaglia. A introdurre il dibattito è stato Tripodi, che ha espresso i suoi ringraziamenti al Comune di Scilla, per avere mostrato grande sensibilità nei confronti dell’iniziativa promossa dalla sua casa editrice, nel voler presentare in uno scenario così suggestivo uno dei fiori all’occhiello di un’azienda che, pur avendo sede a Bologna, ha tra i suoi obiettivi quello di diffondere la conoscenza della cultura calabrese in tutto il territorio nazionale.

 

La grande storia si intreccia alla vita quotidiana

Il direttore editoriale è poi entrato nel vivo della presentazione, illustrando l’argomento trattato dal libro di Cento: l’impresa garibaldina e le conseguenze del processo risorgimentale in Calabria. «L’obiettivo dell’autore – ha precisato Tripodi – non è stato quello di comporre un’opera anti o progaribaldina», bensì indurre i lettori a riflettere in maniera profonda sugli strascichi e i risvolti, positivi e negativi, di un evento storico fondamentale per gli sviluppi successivi dell’Italia e per le sorti della sua gente, soprattutto della povera gente. Non dobbiamo infatti dimenticare che una delle eredità più pesanti del Risorgimento è stata la Questione meridionale, che non è stata ancora positivamente risolta e che ha condannato la Calabria e le altre regioni del Sud a un grave ritardo economico rispetto al Nord del paese. Pertanto, «Litàlia si innesta nel ricco e nobile filone della narrativa meridionale incentrata sulle “delusioni storiche”, in particolare su quella postrisorgimentale». Ed ecco il motivo per il quale Cento è stato paragonato al Verga della novella Libertà o allo Sciascia dei romanzi-saggio, al Pirandello de I vecchi e i giovani o al Tomasi di Lampedusa de Il Gattopardo, sino ad arrivare a Bufalino e Camilleri.

Il direttore editoriale si è soffermato sull’ambientazione del racconto: la Calabria, con i suoi luoghi sociali, i paesaggi mozzafiato, il delizioso cibo, gli usi e costumi, le radicate tradizioni. Degno di nota, per Tripodi, è anche lo stile dell’autore, pregevole e raffinato, con le sue delicate e immediate commistioni di italiano e dialetto calabrese, le quali fanno sì che «la voce del narratore diventi il coro di un intero, martoriato popolo». Ma il merito più grande dello scrittore è sicuramente quello di «intrecciare la grande storia, quella con la “S” maiuscola, alla piccola storia, quella con la “s” minuscola, degli uomini umili», costretti a subire le conseguenze nefaste di scelte che non hanno potuto intraprendere autonomamente.

 

Il viaggio e l’attesa

Dopo l’introduzione curata dal direttore editoriale, abbiamo assistito a un interessante e vivace scambio di opinioni tra il preside Bova e l’autore, inframmezzato dalle letture emozionanti di Sinigaglia, che ci hanno consentito di rivivere gli attimi pregnanti dell’impresa garibaldina in Calabria.

Bova si è subito soffermato sullo stile affascinante di Cento, che, dopo avere scritto due raccolte di poesia (Scilla. Descrizioni in versi di un mito e Passaggio a mezzogiorno. Ritratti e paesaggi in bianco e nero), si è lanciato coraggiosamente nell’avventura di comporre un breve romanzo storico, donandogli, da artista qual è, la forma di «una scultura in altorilievo», che il lettore a volte può scrutare dal di dentro, con accorata partecipazione, altre può osservare dall’esterno, con il distacco tipico di chi analizza lucidamente. Nell’opinione del preside, Litàlia si fregia di «una descrizione puntuale degli ambienti e delle situazioni», cui Rosaria e Arturo, i due personaggi principali, fanno da filo conduttore.

Per ciò che concerne i temi fondamentali del romanzo, a detta di Bova sono essenzialmente due: il viaggio e le attese. «Il viaggio è inteso come percorso fisico, innanzitutto nell’accorata descrizione dello sbarco di Garibaldi in Calabria». Capillare nell’impresa garibaldina il ruolo svolto da Scilla e soprattutto dal suo Castello, rocca imprendibile che, nonostante ciò, cade nelle mani delle Camicie rosse. Oltre al viaggio dell’Eroe dei due mondi, ha una grande importanza anche quello delle donne, Rosaria e sua madre Michela, «viaggio della conoscenza, intrapreso per portare alla luce le sorti del fratello della giovane e del suo innamorato, Arturo». L’altro tema fondamentale dell’opera si basa sul sistema delle attese che tutti i personaggi tessono attorno allo sbarco di Garibaldi. I poveri sperano, infatti, che l’arrivo dei fautori dell’unità nazionale conferisca loro la tanto agognata terra, mentre «i nobili sperano che tutto cambi perché nulla muti realmente». Anche sulle attese influisce il tema del viaggio: «un viaggio interiore, che spinge i personaggi a sognare il miglioramento delle proprie condizioni di vita». L’altro elemento cardine delle aspettative è «l’atmosfera fantastica, che diventa allucinazione nel momento in cui l’impresa garibaldina volge a conclusione funesta».

Cento presta grande attenzione a coloro che solitamente non sono considerati degni di essere ricordati nei diari delle grandi imprese storiche: gli umili, appellati nel romanzo i ca-funi, cioè coloro che possiedono solo la fune utilizzata per trainare l’asino, ma non sono padroni dell’animale con cui lavorano. L’autore tratteggia, così, «uno spaccato di estrema povertà», dipinto con grande sensibilità e sincera partecipazione umana.

A parere del preside, il tema della memoria e l’uso sapiente delle fonti storiche spingono il lettore alla scoperta di una serie di titoli importanti per la ricostruzione del periodo risorgimentale e postrisorgimentale.

 

Una scrittura “scultorea” per dipingere i bei volti della Calabria

L’autore ci racconta che l’ispirazione per la stesura del libro è nata dai suoi studi sul melodramma calabrese e dalle sue considerazioni sulla tecnica artistica. Ecco, quindi, spiegata la vocazione fortemente “visiva” dell’opera. Solo che qui è «l’inchiostro a sostituire la luce delle sculture e l’impianto fotografico a rendere il chiaroscuro dei personaggi».

Cento specifica anche che con Litàlia ha desiderato indagare quello che egli definisce «un nervo scoperto» della storia del paese, senza però puntare a una revisione. Il suo obiettivo fondamentale è quello di far comprendere, attraverso il suo romanzo, che «la Calabria ha una tradizione artistica e letteraria pregevole». Ecco perché si è permesso di inserire nel libro alcune citazioni, che possono essere utili a tutti coloro che di questa regione conoscono ben poco. Pertanto, Litàlia «si rivolge soprattutto ai non calabresi, affinché venga loro la curiosità di andare a scoprire le infinite suggestioni di questa terra martoriata».

Per ciò che concerne i personaggi principali dell’opera, ricordiamo don Arturo Sofia, che appartiene al partito garibaldino, e la sua amata Rosaria, «figura di donna che sembra vivere fuori dal suo tempo, perché non accetta di sottoporsi al giogo delle condizioni imposte e desidera fortemente coronare il suo sogno d’amore». Poi, vi è un personaggio che sembra fungere da depositario dell’intera storia: la “magàra”.

Al termine dell’incontro c’è stato spazio per l’intervento del sindaco di Scilla, Gaetano Ciccone, il quale ha ringraziato i protagonisti dell’evento per aver consentito «una vera e propria immersione in un clima di autentica cultura». Il primo cittadino è entrato nel merito dell’opera di Cento, che contiene «provocazioni e riflessioni importanti su un periodo storico fondamentale per la nazione ed è in grado di diffondere la conoscenza della terra calabra, in modo tale da abbattere una volta per tutte gli innumerevoli pregiudizi che la attanagliano».

Il quadro che l’autore dipinge contrasta – come ci spiega Ciccone – con quanto abbiamo appreso sui libri di storia: infatti, «il Risorgimento non è stato semplicemente il riscatto del popolo italiano da secoli di divisioni e differenze, bensì il caro prezzo pagato dagli uomini meridionali per l’Unità, portatrice di innumerevoli illusioni e delusioni». L’impresa garibaldina ha aperto la strada a una politica predatrice di conquista da parte dei piemontesi, «a un’azione sistematica di rapina delle risorse del meridione, con l’obiettivo di reinvestirle nel triangolo industriale del Nord Italia».

È proprio questo il tragico velo storico che Litàlia tenta di squarciare.

 

Annalice Furfari 

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n.12, agosto 2008)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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