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Anno II n° 13 - Settembre 2008
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno II n° 13 - Settembre 2008

Zoom immagine Un omicidio misterioso ed esotico
scuote le profonde acque torbide
di un rispettabile “circolo vizioso”

di Annalice Furfari
Nel giallo pubblicato da Città del Sole
indagini, sospettati, suspense e amore


«Erano le tre del mattino del dieci luglio. Il trillo del telefono sorprese l’avvocato De Mauro in camera da letto davanti allo specchio,  intento ad osservare, rassegnato, un corpo testimone impietoso del passaggio del tempo». È proprio da questa telefonata misteriosa, ricevuta nel cuore della notte, che si dipana l’intreccio di Un circolo vizioso (Città del Sole Edizioni, pp. 158, € 10,00), il romanzo giallo opera di Sesto Benedetto e Nino Romeo, autori di Reggio Calabria alla prima esperienza di scrittura poliziesca a due mani.

Questo libro è contrassegnato da tutti gli elementi tipici del giallo tradizionale, alla Agatha Christie: una vittima nota, dalla vita intensa e movimentata, un’arma del delitto inusuale ed esotica, un commissario spocchioso che indaga sul delitto, un poliziotto in pensione che non perde il vizio di appassionarsi ai casi di sangue, un primo sospettato che si rivela totalmente estraneo ai fatti, una ristretta comunità sulla quale si concentrano le indagini, una misteriosa storia d’amore che viene a galla all’improvviso e l’immancabile colpo di scena finale.

 

Un oscuro assassinio stravolge la vita di un esclusivo circolo sportivo

Per non deludere le aspettative degli amanti di questo genere letterario, Benedetto e Romeo catapultano immediatamente il lettore nel vivo degli avvenimenti, generati dal brutale omicidio del dottor Fausto Rizzitelli, presidente dello Sporting club “Agorà” di Altavista, un esclusivo circolo sportivo fondato per la pratica tennistica, promotore di eventi culturali e mondani e frequentato dalle elite cittadine. Il cadavere del dirigente viene rinvenuto a conclusione dei festeggiamenti con i quali, proprio come ogni anno, viene inaugurata la stagione estiva. L’omicidio suscita immediato clamore, perché Rizzitelli, «uomo dal fascino sonnolento, scapolo incallito, prossimo alla cinquantina», è particolarmente noto in città e molto stimato anche al di fuori dello Sporting club “Agorà”. L’avvocato Andrea De Mauro è costretto a interessarsi all’intricato caso da un punto di vista professionale, dal momento che gli viene commissionata la difesa del principale sospettato, Ahmed Hasan, «un giovane marocchino, capace e volitivo» che lavora alle dipendenze del defunto presidente, occupandosi della cura dei campi da gioco e attendendo alle molteplici esigenze dei soci del circolo. Tra Rizzitelli e Hasan pare corressero ottimi rapporti, improntati alla stima e alla fiducia reciproche, ma il giovane immigrato viene incastrato dal possesso dell’arma del delitto, un kumiyah, pugnale di origine marocchina, pezzo da collezione che il ragazzo aveva portato con sé in Italia, in ricordo del paese natio. Così, il caso sembra essere facilmente risolvibile e l’immigrato, capro espiatorio perfetto, viene sbrigativamente condannato dalla comunità. Tuttavia, l’avvocato De Mauro, coadiuvato dal brillante investigatore privato Nicola Montalto, nel tentativo di provare l’innocenza del suo assistito, inizia a scavare più a fondo nella vita della vittima e si rende conto che le cose non sono, in realtà, così semplici come sembrano. Nel frattempo, una testimonianza cruciale scagiona definitivamente Hasan, complicando ancora di più il bandolo dell’intricata matassa e sospingendo gli inquirenti alla ricerca del vero colpevole, avvolto nel mistero più fitto.

 

Le indagini conducono in Marocco

Le indagini, dirette dal commissario Vito Sigonella, si concentrano, allora, sui soci dell’“Agorà”, gli unici che avrebbero potuto accedere al pugnale conservato dal giovane marocchino. Ne viene fuori un universo solcato da acque torbide, nel quale le apparenze di mondanità, sfarzo e divertita convivialità servono a celare rancori personali, gelosie, invidie, vendette trasversali, ipocrisie e menzogne. È il ritratto di un vero e proprio “circolo vizioso”, in cui le bassezze prevalgono sulla moralità e non mancano neppure gli sporchi legami con il mondo della criminalità organizzata.

Una pista parallela ci conduce, poi, in Marocco, più precisamente a Rabat, capitale molto diversa dalle località imperiali affollate dai turisti, come Marrakech e Casablanca. Infatti, «la città tradiva tutte le contraddizioni di un paese che mostrava i segni della ricchezza e della povertà», tentando di apparire moderna e funzionale, pur conservando inalterato il fascino suggestivo del suo antico splendore, nelle sue abitazioni «a note alternate di colore bianco-celeste», nella grande moschea di Hassan e nell’imponente mausoleo di Mohammed V. Qui seguiamo le tracce di presunti terroristi islamici, che appaiono collegati alla morte di Rizzitelli. Ma, ancora una volta, nulla è realmente come sembra.

 

Suspense e personaggi dalle psicologie sfaccettate

Il pregio principale di questo romanzo di genere è, indubbiamente, il ricorso alla suspense, così tipica delle opere poliziesche e creata ad arte per tenere i lettori sulle spine sino al disvelamento finale dell’identità dell’assassino e alle delucidazioni relative al movente.

Un altro punto di forza è dato dalla caratterizzazione composita e articolata dei numerosi personaggi, tratteggiati sia fisicamente che psicologicamente. Abbiamo l’avvocato De Mauro, «persona di talento, modello d’ordine e di precisione», un uomo riservato e discreto, ma al contempo sensibile, ironico e generoso, che mette nella professione e nella vita «una buona dose di estetismo e di coraggio». L’avvocato è affiancato da una squadra di ottimi collaboratori: l’ex commissario Montalto (investigatore dai metodi poco ortodossi, che segue soprattutto il fiuto e l’intuito, noncurante delle direttive dei capi o dei magistrati), il giovane scrittore di gialli Roberto Marasco (ragazzo zelante sul lavoro, dalle maniere cortesi, l’aspetto timido e la voce dolce) e la segretaria piemontese Elsa Geymet («una spilungona sopra i quaranta anni, precocemente avvizzita», donna franca, fiduciosa e innocente, che trova nel lavoro la sua ragione di vita).

 

Una vicenda intricata dallo stile sobrio

Il principale indiziato, Ahmed Hasan, è un bel venticinquenne taciturno che fa fatica a sorridere, ragazzo dall’aspetto bonario, il fare guardingo e sospettoso e il volto velato di tristezza. Al circolo troviamo: il vice presidente e consigliere anziano Mariano Perri (persona grossolana, priva di qualità, molto affettata e piena di sovrastrutture); il chirurgo Claudio Vergara (uomo distinto e fine, «posseduto dal demone del gioco») e la moglie Clelia Cellini (incantevole simbolo di femminilità dallo sguardo penetrante), responsabile delle relazioni con il pubblico; il ragioniere Elio Marciano, fiduciario generale del club («uomo di statura media, tracagnotto e molto efficiente nel lavoro»), e ovviamente la vittima, il presidente Rizzitelli (dirigente abile nella «gestione politica del sorriso», uomo con l’ambizione e «la voglia sottile di lasciare traccia di sé» e incline ad assecondare l’opinione altrui, pur di non farsi nemici). Infine, tra le forze dell’ordine abbiamo: il commissario Vito Sigonella (uomo dalla «supponenza di chi si ritiene padrone incontrastato della situazione»), l’ispettore Ugo Ceravolo (agente attento e preparato, «uomo semplice, ma di grande intuito»), la dirigente della squadra scientifica Bianca Sangallo («bella donna, bionda, sui quaranta anni», seria, professionale e abbastanza femminile), il responsabile dell’antiterrorismo Salvo Lo Cascio («un tipo energico, non bello», ma perspicace, acuto e dotato del fascino dell’uomo del Sud) e il funzionario del Sisde Ciro Di Capua (napoletano, alto e prestante, dai caratteri somatici dell’uomo del Nord).

Gli autori, non nuovi a imprese letterarie in diversi campi della cultura, delineano questa vicenda intricata con stile sobrio, asciutto e misurato, infittendo le pagine del romanzo di dialoghi verosimili e descrizioni dettagliate di ambienti e fisionomie. Non mancano neppure considerazioni metaletterarie, che fanno riferimento ai meccanismi tipici delle opere poliziesche (come le tecniche dell’interrogatorio tradizionale e la necessità di scandagliare la personalità e la psicologia dei sospettati, oltre che il vissuto più intimo della vittima, per giungere all’identità del colpevole).

La pecca più consistente del romanzo è data dalla presenza di un numero eccessivo di filoni narrativi, che finiscono con l’essere semplicemente abbozzati, pur avendo meritato un maggiore approfondimento. Tuttavia, tra le cifre distintive della letteratura noir troviamo la scorrevolezza, l’intensità e la velocità del ritmo, caratteristiche che Un circolo vizioso possiede.

 

Annalice Furfari

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 13, settembre 2008)

 

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