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Anno I, n° 1 - Settembre 2007
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno I, n° 1 - Settembre 2007

Zoom immagine La legislazione ambientale in Italia
negli ultimi anni tra stato e regioni

di Daniela Graziotti
Testo che rende chiara una normativa molto contestata nel metodo
e, specie, nel merito, secondo la Prefazione di Grazia Francescato


In Italia esisterebbero due filosofie che in materia ambientale si sono affrontate e continuano ad affrontarsi dando vita ad una «contesa» tale da condurre, nei fatti, alla formulazione di due posizioni rigidamente contrapposte. I due diversi pensieri sono stati espressi recentemente l’uno dal governo di centrodestra responsabile del Decreto legislativo numero 152 del 3 aprile del 2006, l’altro dalla Commissione unificata stato-regioni che «ha risposto con un’articolata riflessione nella quale ogni singola parte del decreto finale è stata contestata con la proposta di emendamento e correzioni che il successivo legislatore […] ha dato mostra di voler valutare più attentamente del suo predecessore».

Questa è la tesi che emerge dal saggio L’ambiente contestato (Gli enti locali e il decreto ambientale), edito dalla Rubbettino (pp. 228, € 22,00). L’autore è Giuseppe d’Ippolito, un avvocato di primo piano nazionale – tra l’altro il legale di fiducia di Beppe Grillo, e leader dell’Acu (Associazione consumatori utenti) – da oltre vent’anni interessato al tema dell’Ecologia. Oggetto della riflessione che sostiene il libro è il Decreto ambientale, definizione corretta, secondo d’Ippolito, tra quelle in uso per indicare lo stesso decreto legislativo del 2006, da altri definito, forse impropriamente, Testo unico ambientale o ancora Codice dell’ambiente.

 

Le competenze rivendicate dalle regioni

Nella Prefazione Grazia Francescato, storica esponente dei Verdi e già presidente per molti anni del Wwf Italia, sottolinea come «la 152» sia stata contestata da una parte degli addetti ai lavori sia nel metodo, perché il Parlamento è stato scavalcato, sia nel merito, con riferimento – riteniamo – alle argomentazioni sostenute da d’Ippolito. La battaglia combattuta nelle sedi istituzionali per regolamentare il sistema ambientale sarebbe per Francescato «Non una battaglia qualsiasi, ma la madre di tutte le battaglie, se vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli un pianeta vivente e non una terra desolata».

L’ambiente contestato è diviso in sette capitoli che affrontano le singole questioni che sono oggetto del Decreto ambientale; ciascuno dei capitoli si conclude con un paragrafo che riporta il parere preventivo della Conferenza stato-regioni, approvato nella Conferenza unificata del 26 gennaio 2006.

Dalla constatazione che il riparto delle competenze tra stato e regioni non era tenuto in conto adeguatamente dalla legge delega numero 308 del 15 novembre 2004, ne sarebbe scaturita infatti la reazione, argomentata, delle regioni, che hanno perciò rilasciato il detto parere in una forma talmente negativa da spingere il capo dello stato a negare la sottoscrizione alla prima versione del testo del decreto legislativo (necessariamente firmato poi in seconda battuta dopo alcune correzioni operate dal governo).

Il decreto ha una struttura «aperta» – ci spiega d’Ippolito – che dà «la possibilità di emanare disposizioni correttive ed integrative» entro due anni dalla sua entrata in vigore: la prima è contenuta nel decreto legislativo numero 284 dell’8 novembre 2006, la seconda è invece oggetto di uno schema di decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 12 ottobre 2006, preso in esame dalla successiva Conferenza unificata stato-regioni. Le varie tappe poi affrontate dal testo legislativo costituiscono la materia tecnica che d’Ippolito si sforza di rendere chiara quanto più possibile.

 

Un tentativo di semplificare una normativa complessa

Interessante il capitolo, il secondo, che ha come oggetto le procedure per la Valutazione ambientale strategica, per la Valutazione d’impatto ambientale e per l’Autorizzazione ambientale integrale, ossia gli «strumenti operativi attribuiti dalla legge […] allo Stato e agli enti locali, per garantire il rispetto dei principi di salvaguardia ambientale introducendo valutazioni specificamente indirizzate a tali fini nelle fasi di elaborazione, di adozione e di approvazione di determinati piani e programmi». Superfluo dire che, anche nell’affrontare le funzioni di tali strumenti, secondo l’autore il Decreto ambientale mostra un po’ di confusione.

Circa il tentativo di unificare le norme in materia di difesa del suolo e di lotta alla desertificazione, il giudizio di d’Ippolito è negativo: si sarebbe operata una «miscelazione» di norme precedenti non tenendo conto delle loro differenze e soprattutto in assenza di «un unico principio ispiratore che valesse come linea guida del tentativo di novellazione». Né migliore è il giudizio dell’autore sulla normativa riguardante la tutela delle acque dall’inquinamento: egli sottolinea infatti la sostanziale riproposizione di un altro decreto, il numero 152 dell’11 maggio del 1999, evidenziando l’incapacità di risolvere i dubbi interpretativi che quest’ultimo aveva suscitato.

Nello studio di d’Ippolito si riscontra il tentativo di rendere chiara una normativa che è di per sé complessa. Basti pensare a questioni spinose quali la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni nell’atmosfera o ancora la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente. Anche Francescato sottolinea questo aspetto: «Dopo la lettura di questo prezioso testo, la LEX in questione potrà sembrare “dura” (e noi ambientalisti vogliamo che lo sia) ma sarà perlomeno “Clara” ovvero più leggibile e trasparente».

 

Bonaventura Scalercio

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 1, settembre 2007)

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