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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
L’arte e il potere!
Un connubio forte
in un’epoca nuova
di Martina Chessari
Una diversa interpretazione della realtà:
la nascita del cinema e i cambiamenti
rivoluzionari, edita dalla Rubbettino
Il Novecento: secolo di rivoluzioni, avanguardie e cambiamenti che hanno condizionato l’intero corso dell’umanità. Storicamente è l’epoca dei regimi totalitari, artisticamente si assiste all’entrata dell’arte “in movimento”, ovvero all’ingresso del cinema, lo strumento mediatico per eccellenza, che si rivelerà nel tempo non solo un’arte “forte”, come diceva Lenin, ma l’arma “più forte”, come diceva, invece, Mussolini.
Tutte le correnti artistiche di inizio secolo (futurismo, espressionismo, dadaismo, surrealismo), soprattutto a partire dagli anni Venti, hanno utilizzato l’immagine visiva come strumento atto a superare la convenzionalità borghese; successivamente, con l’avvento dei totalitarismi, la cinematografia è divenuta un mezzo di comunicazione e propaganda.
Il sociologo Francesco Alberoni ha definito il cinema «la vera unica forma di arte del Novecento. Esso solo attraversa le barriere politiche, religiose e grazie al doppiaggio, anche quelle linguistiche».
Claudio Siniscalchi, giornalista e insegnante di Storia e Critica del cinema alla “Lumsa” di Roma, con il suo libro Riflessi del ’900. Cinema, avanguardie, totalitarismo (1895-1945), (Rubbettino, pp. 138, € 15,00) offre un’ottima e lucida chiave di lettura in materia: il saggio mette in relazione i tre elementi e, attraverso un’analisi storica e un’approfondita interpretazione filosofica, ne fa emergere il filo comune.
I movimenti d’avanguardia, così come i regimi totalitari, cominciano le loro prime forme d’espressione preannunciando l’idea di un rinnovamento dell’uomo, di un distacco profondo e netto dagli schemi del passato; il surrealismo in particolar modo si rivela un’espressione pura del nichilismo e dell’anarchismo in quanto, entrambi, sono simbolo di ribellione contro la cultura borghese e la mentalità cristiana.
L’autore, già nell’Introduzione, sintetizza il fulcro del suo studio affermando che
«nel corso della prima metà del XX secolo l’uomo ha posto con forza il proprio fine ultimo in se stesso ingaggiando una frontale opposizione con i valori consolidati, vagheggiando la nascita di un individuo completamente rinnovato. Lo stesso è successo nell’arte. Il passato avanguardisticamente è stato negato, mediante la valorizzazione del soggetto autonomo, nella prospettiva di un’umanità rinnovata.
Il futuro è stato visto come naturale portatore di una dimensione migliore».
L’invenzione del cinematografo e l’innovata concezione dell’arte
A partire dal 1880 si assistette a una serie di importanti cambiamenti in campo culturale, ma soprattutto tecnologico, che stravolsero radicalmente l’uomo e il suo modo di pensare; fra tutte, l’invenzione del cinematografo dei fratelli Lumière può essere considerata la più significativa, quella destinata a caratterizzare il XX secolo attraverso l’uso di immagini in movimento.
In questi primi tentativi di fare cinema si nasconde una grande trasformazione concettuale e tecnica destinata a stravolgere i canoni classici dell’arte in genere: il cinematografico riesce a riprodurre la realtà in un modo assolutamente spontaneo e vero. Egli è capace di catturare il momento suscitando l’identificazione da parte dello spettatore.
Parallelamente anche in arte, soprattutto nella pittura, si sviluppa una tendenza analoga; un buon esempio è offerto dall’arte impressionista, anch’essa concentrata a cogliere il momento istantaneo e a catturare nell’immagine la realtà in continuo movimento; le sensazioni e i sentimenti, simbolo di vita umana, vengono rappresentati attraverso giochi di colore cangianti.
Accanto a queste nuove tendenze in atto si verifica un’ulteriore trasformazione, che modifica la visione spazio-temporale; «il cinema − scrive Siniscalchi − dopo la fotografia, la pittura impressionista e i primordi della pittura cubista iniziano a manipolare in modi differenti lo spazio e il tempo. Il dettaglio e il campo lungo ampliano in maniera straordinaria le possibilità visive dello spettatore.
Sullo schermo il passato, il presente e il futuro assumono una configurazione realista
di notevole impatto».
Con l’avvento della società industriale le correnti d’avanguardia raggiungono il loro massimo momento d’espressione: il primo ventennio del XX secolo genera un nuovo assetto sociale ed economico e, soprattutto, si assiste a un rinnovamento ideologico operato dalle numerose scoperte scientifiche. Contemporaneamente avviene un’esplosione eclatante dell’arte moderna, che rifiuta qualsiasi tipo di regola, di convenzione e di limite attraverso una visione assurda, inquietante e astratta della realtà. Quasi come fossero trasfigurazioni utopiche, ognuna di queste forme artistiche preannuncia il preludio di una catastrofe imminente:
L’esplosione del conflitto mondiale e l’uso mediatico dell’arte
La guerra e le avanguardie: seppur in apparenza possano sembrare due fenomeni separati, l’uno influenzò l’altro a tal punto da creare un intreccio contorto di coinvolgimenti reciproci che metteranno l’arte al servizio di logiche di potere deviate.
A questo proposito scrive lo scrittore: «il carattere fondamentale dell’avanguardia è di essere contemporaneamente presente ovunque. Di essere, parallelamente sul versante culturale e politico, una risposta alla crisi di identità innescata dalle trasformazioni introdotte dalla modernità in tutta la realtà sociale. Crisi d’identità che rende inadeguati gli strumenti concettuali, organizzativi, istituzionali esistenti e che la guerra rivela impotenti e impraticabili. La risposta dell’avanguardia al momento dello scoppio del grande conflitto mondiale è molteplice e confonde i piani fino ad allora separati. Intreccia arte con la politica […] intreccia nella politica concetti fino ad allora contrapposti: nazione e classe, come nel caso del sindacalismo rivoluzionario e dei nazionalisti nel caso di Italia e Francia; oppure marxismo e populismo come in Russia».
Il pathos essenziale delle avanguardie fu lo sforzo costante di avvicinarsi sempre di più al concetto di Dio e alla perfezione della natura; con l’avvento della tecnica nella vita ordinaria e in seguito alla conseguente frammentazione di un concetto unitario dell’universo, si arrivò quasi a percepire la morte di Dio e una logica disgregazione cosmica che originò il caos,
Martina Chessari
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 11, luglio 2008)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi