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A. XIX, n. 210, apr. 2025

il primo, libero volo di un’autrice
tra i gabbiani Jonathan Livingston
di Ennio Masneri
46 poesie raccolte e pubblicate
in un prezioso libro Città del Sole
Amore, dolore, malinconia, la vita come un sogno. La partenza di un amore e l’attesa del suo ritorno. Questi sono temi che rispecchiano la giovinezza, ma anche una maturità prorompente. Una maturità che si fa largo e che non segue ciò che le dice il mondo poiché sa di essere anch’essa una voce che sta dentro quello stesso mondo. Non importa se non si seguono i limiti standard della parola. Non importa se un verso si presenta spezzato e il flusso s’interrompe durante la lettura. È la libertà della poesia. La capacità di sentirsi liberi e non seguire i correttori o i consigli altrui. È nella sua unicità che Giusy Calluso si erge davanti a noi.
In questo panorama si eleva insieme ad altri, a tanti, a molti, una voce femminile che s’ispira solamente all’amore. È la voce della giovane autrice Calluso che, con la sua raccolta di 46 poesie dal titolo L’alba che verrà edito da Città del Sole Edizioni (pp. 104, € 10,00), vuole dire la sua in nome della libertà. Il libro è accompagnato da una breve, ma non per questo meno interessante, Prefazione di Federica Legato.
La libertà della parola
Di solito nella poesia in generale si assiste a un’evoluzione che non si arresterà mai finché si vive. I versi rendono testimonianza all’immortalità del senso, del vero senso, della libertà. Così, all’improvviso, quasi spontaneamente, senza regole né stili, compaiono i versi della nostra giovane autrice.
Essa rende con le sue parole una preziosa dimostrazione che la poesia è, in tutti i casi, la libertà della parola, della parola che vuole esprimere amore come per esempio nei leggeri versi di Viaggio di una lunga notte: «Lunghi capelli di “seta” neri, / nel buio della notte, litigano / con un vento grigio che non / sa d’emozioni, / mentre bagliori di luna illuminano / un volto come pagliuzza dorata / […] una lunga chioma di / una bimba nata donna, / corre lontano su una spiaggia deserta, lottando contro il vento buio / in cerca d’amore e / raccoglie una conchiglia / per ascoltare le note di un mare / in tempesta». È un’immagine che mescola in armonia amore e natura, in questo caso il mare calabrese della sua Reggio. Ma l’autrice si rende consapevole che esiste anche il dolore della solitudine, dell’amore chiamato, perduto e ancora richiamato come se fosse aria per respirare, e, in Vorrei scrivere…, lo paragona addirittura alla mancanza di nuove parole per scrivere poiché, come traspare negli altri versi, lei “vive” nella e per la parola: «Vorrei scrivere d’amore / ma non trovo le parole, potrei / chiederle al mio cuore ma non / detta più versi, / cerco di ascoltare quel poco / che sussurra, ma / non ha più battiti, pochi / sono solo per te, e così forti che / non se ne percepisce il ritmo… / è così triste un cuore in agonia / che d’inchiostro rosso / vorrei disegnare il tuo vicino, / affinché il mio cuore / non muoia di solitudine; […] per quell’amore grande che è / e non può nascere, / interminabili lacrime hanno / sciolto “fiumi” d’inchiostro, lo / stesso che ha scritto tanto di te / e macchia adesso il mio cuore / di tormento…». Il lettore potrà scorgere tra questi versi la calma disperazione di chi vuole amare e vuole essere amata sapendo che a volte gli amori, per usare un termine di Laura Pausini, sono “strani”. «E di una sola goccia che resta, / scriverò piangendo di / una malinconica utopia e / riparlerò di te, Solo quando mi / regalerai un sogno!» e con questi ultimi versi l’autrice non si perde d’animo. Sa che un giorno, all’improvviso o per scherzo del destino, la persona a cui si rivolge chiedendo amore anche con queste parole, cambierà strada e le concederà finalmente quel sogno tanto agognato.
Una voce dentro
Le poesie sono suddivise in cinque sezioni che trattano vari temi come l’amore, la malinconia e la vita e il suo mistero. Il cammino della poetessa è tutto incentrato su questi argomenti che riempiono ogni singola parola di ogni verso. Si dice spesso che in ogni verso c’è una storia, un mondo che va raccontato, non importa come, perché è una prerogativa del lettore. In queste poesie insomma si creano dei legami tra la parola della Calluso e il cuore del lettore. In mezzo ci stanno la fantasia e il sentimento.
Con libertà di parola, senza badare molto alle posizioni delle parole o alla sincronia della loro musicalità, la giovane poetessa esprime ciò che sente, ciò che la spinge ad esprimere. Non è un paradosso dei più comuni, ma è il vero segreto della poesia quella capacità di sentirsi consapevoli di esprimere qualcosa, di essere insomma al centro del proprio mondo, di mostrare quel mondo. La nostra autrice permette al lettore di buttarsi dentro il suo mondo per viverlo o acconsente che resti ai margini per osservare e tenere tutto in cuore. La lettura è fluida, mai banale. Ogni poesia si presenta come creata per inviare un messaggio ai parenti come la nonna che sta ora in Cielo (Piango sulla tua tomba è una delle poesie più belle e più sensibili) o alla persona che vorrebbe amare nella sua giovinezza.
E quel messaggio deve essere recepito, catturato, modellato come viene modellata l’aria da un’ala di un gabbiano.
Poesia come il gabbiano di Bach
Come il gabbiano Jonathan Livingston dell’omonima opera di Richard Bach, la nostra poetessa rischia, vuole rischiare con i suoi versi, si erge per volare, va oltre quella dimensione materiale che tenta di soffocarla, per cercare la perfezione assoluta, ma alla fine, come dice giustamente Legato nella sua Prefazione, altro non «resta che una dignitosa resa» ma con una verità che rimane e che, purtroppo per quella stessa superficialità che non vuole sapere nulla, disarma, perché la verità vince sempre.
Ennio Masneri
Ilenia Marrapodi