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Anno II, n° 12 - Agosto 2008
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Biografie (a cura di Luisa Grieco e Mariangela Rotili) . Anno II, n° 12 - Agosto 2008

Zoom immagine Il Pci sulla scia Urss.
Un legame non solo
ideologico nel corso
della Guerra fredda

di Luisa Grieco e Mariangela Rotili
“Lotta per la pace” e antiamericanismo:
il Pci durante i cruciali anni Cinquanta
in un volume pubblicato da Rubbettino


Il 1949 è un anno importante a livello internazionale: il 4 aprile, per esempio, viene stipulato il Patto atlantico e creata la Nato (che, com’è noto, è la struttura politico-militare nata per dare esecuzione al citato patto), David Ben-Gurion è il Primo ministro dello stato d’Israele e a Pechino viene proclamata la Repubblica popolare cinese sotto la guida di Mao Tse-Tung.

In Italia un evento politico, ma anche sociale, che caratterizzò il 1949 è senza dubbio proprio l’aspra battaglia parlamentare relativa all’adesione della nostra nazione al Patto atlantico. Una battaglia che lasciò presto gli scranni del Parlamento per riversarsi in piazza, dove la fazione comunista è molto spesso riuscita a legarsi con la società civile. La mobilitazione popolare davanti a un tema così spinoso ha fatto sì che si creasse uno stretto legame tra istituzione e lavoratori che espressero il loro dissenso con scioperi e grandi cortei.

Il 1954 è l’anno successivo alla morte di Stalin: il Partito comunista, sia a livello internazionale, sia a livello nazionale, sente il bisogno del cambiamento, capisce che è arrivato il momento di modernizzarsi e di emanciparsi dal totalitarismo imposto dal dittatore sovietico.

Non si tratta di due date scelte a caso: sono quelle selezionate da Andrea Guiso, docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma, nel suo libro La colomba e la spada. “Lotta per la pace” e antiamericanismo nella politica del Partito comunista italiano (1949-1954) (Rubbettino pp. 686, € 38.00) per analizzare la politica del Pci proprio alla luce dei rapporti con le due superpotenze che hanno rappresentato i due colossi, militari ed economici, del Secondo dopoguerra: l’Urss e gli Usa.

 

La “lotta per la pace” e l’antiamericanismo

Sembra quasi una contraddizione in termini l’espressione “lotta per la pace”. Il pacifismo è sempre stato uno dei grandi cavalli di battaglia della politica e della propaganda comunista: allo stesso tempo esso segna l’elemento più evidente e la naturale evoluzione del legame strategico e ideologico che si era venuto a creare tra l’Urss e i partiti comunisti nazionali all’epoca delle due Guerre mondiali.

Nel periodo analizzato da Guiso il Pci viene raccontato secondo la sua politica e le sue campagne, anche pacifiste: le posizioni a fianco dell’Unione sovietica contro il Patto atlantico e le posizioni di critica alla guerra di Corea, per esempio, sono dei casi evidenti della linea politica che il partito seguiva.

Il “livello storiografico” che lo stesso autore tende a mettere in risalto è proprio questo, segnando così una nuova frontiera nell’analisi dell’azione del Partito comunista italiano.

La documentazione è ricchissima, e lo studio di alto livello di Guiso mostra un partito in evoluzione diviso tra l’opposizione parlamentare e gli intensi rapporti con la potenza sovietica.

Ma l’espressione “lotta per la pace” è strettamente legata al totalitarismo imposto dalla dittatura sovietica: nasce subito dopo l’avvento di Hitler come un movimento che doveva coinvolgere le masse, la società civile, e come principio di lotta per la libertà, di “guerra giusta” intesa come violenza necessaria per arrivare a un “diffuso stato di pace”.

Il primo “bersaglio” sono sicuramente gli Usa da sempre visti, soprattutto dalle frange più estreme della sinistra, come nemico numero uno, simbolo dell’imperialismo economico e militare.

«Compito della “lotta per la pace”, in ultima analisi, è quello di produrre gli “uomini” e la “rete di energie” morali e materiali necessari alla “mobilitazione totale” del partito e della società (quindi, soprattutto dei non comunisti) in un contesto dominato dal “pericolo di guerra” e dalla prospettiva della guerra civile. La divisione del mondo in blocchi antagonisti creò i presupposti e le condizioni strutturali per il rilancio di una metodologia politica concepita come guerra di posizione in grado di trasformarsi, all’occorrenza, in guerra di movimento».

Certo a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta il comunismo sembrava aver ripreso vigore e nuova linfa (si pensi alla vittoria di Mao in Cina, alla tanto esaltata “parità atomica” e ai successi dei movimenti pacifisti in buona parte dell’Occidente), e questa fase si ripercuote decisamente anche a livello italiano.

La colomba e la spada sono quindi due metafore, della pace la prima e della forza militare la seconda, due simboli in contrapposizione ma che non si annullano a vicenda: anzi, spesso, tendono ad andare di pari passo cercando a loro volta di completarsi, l’uno con l’altro. «La colomba stilizzata disegnata da Picasso, simbolo dei Partigiani della Pace negli anni Cinquanta; la spada metafora delle virtù militari e spirituali del “partito di tipo nuovo” leninista, paragonato da Eric J. Hobsbawm all’invenzione degli ordini monastici e cavallereschi nel Medioevo cristiano».

 

Il Pci tra Urss e nazionalismo

Lo stalinismo diventa così una chiave centrale nel pensiero del Pci: elemento che va pian piano entrando sempre di più nella forma mentis dei militanti. Gli elementi utilizzati nella propaganda comunista, i documenti delle sezioni, i materiali provenienti dall’archivio e i documenti degli organi direttivi del Pci rappresentano un punto di partenza nuovo che Guiso ha saputo interpretare molto bene.

Una forte idealizzazione sovietica che ha senza dubbio inciso sulle coscienze dei militanti “bloccandoli” ideologicamente verso un modello di comunismo che rischiava di non evolversi di pari passo con il mondo di cui essi stessi facevano parte.

Altro elemento che sembra venire a galla nelle campagne comuniste in piena Guerra fredda è il valore patriottico che il Pci ha cominciato a portare avanti in maniera decisa: un valore proprio delle ideologie di destra che però, sull’onda dell’esaltazione dell’imperialismo sovietico, ha iniziato a prendere piede anche in Italia.

La ricerca di Guiso è piena di passione e onestà intellettuale. Un lavoro svolto con maestria che ci regala un saggio di alta valenza storiografica e che segna sicuramente, come dicevamo, un approccio nuovo alla storia politica del nostro paese. Lo studio del Partito comunista italiano non solo come elemento centrale della vita politico-istituzionale del nostro Paese, ma anche come fenomeno di massa, come “sentimento diffuso” di un’idea di sinistra ampiamente condivisa.

Lo studio di Guiso è anche, però, l’analisi della “cultura comunista” che ha fortemente inciso nella storia italiana ma anche internazionale, una ricca e precisa ricostruzione di un legame ideologico forte nell’asse Roma-Mosca.

 

Carmine De Fazio

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 12, agosto 2008)

 

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