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Anno II, n° 11 - Luglio 2008
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Editoria varia (a cura di Anna Guglielmi) . Anno II, n° 11 - Luglio 2008

Zoom immagine “La tredicesima luna”: mite balsamo carismatico
di Monica Murano
Il richiamo della Bleu moon ha ispirato uomini e donne di tutti i tempi.
Il fascino dei sentimenti ricercati in un libro della Pellegrini editore


La quotidianità lascia passare inosservato il senso della semplicità della vita, dei desideri da alimentare intimamente, che riescono a trasmettere alle nostre giornate toni diversi dal bianco o dal nero. Patrizia Fulciniti e Gianni Paone si nutrono costruttivamente di sogni e li impilano solidamente sul piano degli affetti, del lavoro e del mondo che li circonda, inebriando gli animi con il loro ultimo lavoro La tredicesima Luna, pubblicato dalla Pellegrini editore (pp. 126, € 12,00), di cui scrivono anche la breve Introduzione.

Il libro è una raccolta di racconti ricchi di profonda introspezione, in cui la luna diviene musa ispiratrice di due viaggiatori, una donna e un uomo, che stabiliscono un patto: ogni volta che fanno l’amore scrivono una pagina, alla quale ne segue un’altra e un’altra ancora, da cui nascono tredici trame, tessute da tredici lune, quelle speciali, che splendono alte nel cielo in tutta la loro pienezza. Nel rispetto del loro accordo e grazie alla magia della luna, l’amore detta loro, mese per mese, una storia da narrarsi. I protagonisti, come scrivono Fulciniti e Paone nell’Introduzione

«cominciarono ad associare le parole all’amore […] con la luna piena di maggio. […]», riuscendo a guardare con occhi veri la natura umana e tutto ciò che nella e della natura appartiene loro, avvolgendoli e ravvivandoli con un calore e un fascino travolgenti.

 

Un lievito singolare: il sentimento

Il linguaggio degli autori è curato da parole morbide e fiorite, ricercate e coscienziose, che rendono coinvolgente e curiosa la lettura: un esempio di narrativa che potrebbe definirsi “favola per adulti”.

Nei racconti si riscontra il dolce peso di un’umanità viva, che niente trascura e niente lascia al caso. Si incontrano parole che si intrecciano con l’incantevole fantasia di visioni sempre diverse, ma con un unico sfondo e un’unica morale che arricchisce le anime di quel lievito singolare, l’amore, capace di favorire l’accesso al vivo del mondo. Da entrambi gli autori emerge la fiabesca ma reale certezza degli strumenti narrativi, per mezzo dei quali vengono descritti paesaggi, voci e odori, suoni e oggetti, spazio e tempo, situazioni, sentimenti e figure con una precisione quasi pittorica, come si può “osservare” in Pezzi di vetro: «La camera da letto aveva una grande vetrata. Una finestra all’inglese che occupava quasi l’intera parete. Novantasei rettangoli di vetro rosa dalle infinite sfumature, incorniciati da legno noce tanganica, che trasformavano in un mosaico i gesti e gli oggetti della stanza. […] Fu così che comprendemmo la relazione esistente tra la vita e il suo riflesso. […]».

A tratti ci si sente come di fronte a una pellicola che scorre senza la necessità di uno schermo su cui posare lo sguardo.

Fulciniti e Paone indagano la psiche umana con un dinamismo mentale multiforme, addentrandosi in personalità dalle strutture molteplici, come, ad esempio, quella che si conosce nel racconto Letto di Parole: «Era la ventisettesima notte del Ramadan, la notte sacra della Rivelazione primordiale e, come tutte le notti, Aziza udì le voci. […] erano le stesse che avevano accompagnato tutte le notti della sua infanzia e della sua adolescenza: quella del nonno e della nonna. […] Sentì le labbra del nonno baciarle la fronte e quelle della nonna baciarle le palpebre. Sentì le loro mani posarsi sulle spalle ma già non erano più mani, erano ali. […] Fu grazie a queste carezze e questi baci che Aziza riuscì a conservare integro il suo spirito beduino e ad infonderlo nelle sue rime fluenti e appassionate», le quali trasmisero «a piccoli e grandi che l’Altissimo non impone a nessuno più di quanto possa sopportare».

Gli autori “vedono” e “sentono” la dimensione e il linguaggio della natura, in cui ogni cosa che li attiri e sprigioni la loro immaginazione ed espressione ha un senso determinato e determinante nella vita dei protagonisti. Questo si scopre anche nella lettura del racconto Pietra di Luna «Nel museo geopaleoantropologico di Cava è custodita una pietra ovale, leggermente convessa, […] che reca impressa l’impronta fossile del volto di un uomo. […] Nessuno è riuscito a spiegare il mistero. […] La pietra di Luna contiene l’uomo […] Fin da piccola Petra sentì che le pietre non le erano indifferenti […] aveva quasi vent’anni e non aveva ancora trovato la pietra che racchiudeva la sua anima. […] Quando lui arrivò a Cava, era una giornata di primavera […] in tasca aveva un cristallo di rocca […] trasparente e capace di specchiare i colori d’intorno e a lui sembrava anche quelli di dentro, per cui cambiava colore secondo gli umori. Si avvicinò alla ragazza e le mostrò il cristallo, che nel frattempo era divenuto luminoso. Dal monte stava spuntando la luna. Era piena […]».

Il senso degli elementi, delle situazioni e delle casualità che prendono vita nei loro racconti, è carico di un contenuto reale e, al contempo, mistico e divino, che accompagna i protagonisti – così come i lettori – per mano, proprio come si fa con i bambini, con la stessa delicatezza, la stessa cura, col fine ultimo di mostrare la chiave fondamentale di lettura, ovvero la consapevolezza di se stessi, della propria esistenza e dell’importanza dei sentimenti: «le ragioni che agitano il cuore degli uomini e delle donne».

Perché la vita ci porta verso la direzione che, giorno per giorno, continuiamo a tracciare? Perché ci capitano delle cose e non delle altre? Degli incontri e non degli altri? Viviamo davvero le nostre relazioni o finiamo con lo “sviverci” dentro e con lo “svivergli” accanto? Quanta anima impegniamo verso le persone che diciamo di amare? Quanto tempo dedichiamo loro? In che misura e qualità?

Le domande non avrebbero fine, si sa. Ma, nonostante la coscienza bussi a pugni ostinatamente chiusi, capita troppe volte di trascurare il senso della semplicità della vita, in una quotidianità in cui i sentimenti e i loro frutti sono gli unici ingredienti genuini di un pasto nutriente in un banchetto al quale non si vuole più gustare “cuore freddo”.

 

Monica Murano

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 11, luglio 2008)
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