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Anno II, n° 10 - Giugno 2008
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Riflessi d'autore (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno II, n° 10 - Giugno 2008

Zoom immagine La letteratura di Buzzati fra magia e inquietudine
di Roberta Santoro
Un saggio edito dall’Unical propone l’analisi di una tra le opere meno
note – ma pur sempre significative – del grande giornalista e scrittore


Angela Francesca Gerace, laureata in Scienze letterarie presso l’Università degli studi della Calabria, è autrice del testo Esperimento di magia di Dino Buzzati. Una proposta d’analisi (Centro Editoriale e Librario - Unical, pp. 146, € 10,00). La parola “analisi” appare del tutto appropriata, poiché quello che l’autrice fa è penetrare nell’opera, prendendo in considerazione e studiando il testo nella sua totalità.

Esperimento di magia, così poco considerato dalla critica, anzi, in alcuni casi addirittura stroncato, rappresenta in realtà un organismo variegato che trova nel concetto di magia il punto di partenza da cui si snodano i diciotto racconti della silloge. L’elemento magico è dunque una componente significativa della narrazione: esso rappresenta lo specchio al di là del quale poter riconoscere una realtà che molto spesso è solo percepita, scorta, mai davvero afferrata.

Non è però la magia il fulcro narrativo del libro di Buzzati, ma piuttosto l’inquietudine. Un’inquietudine che si presenta come perdita di tranquillità, di serenità, senza mai tradursi in un vero e proprio nemico da combattere: l’inquietudine di Buzzati non ha nome.

 

L’azione magica

«La magia in quanto nodo tematico percorre tutta la storia della narrazione breve buzzatiana, da I sette messaggeri sino a Le notti difficili, scandendo passaggi sia di notevole rilevanza, sia di funzione marginale», afferma la Gerace.

La stessa figura del mago, presenza costante delle storie ambientate in atmosfere fatate, è delineata attraverso l’emergere di tratti tipici, avvolti tuttavia da un alone di mistero che genera attorno a questo personaggio situazioni inedite, difficilmente incanalabili in schemi precisi.

La donna è rappresentata come strega, in quanto può prevedere e sentire gli inavvertibili segnali di quel Luogo, in costante opposizione alla realtà in cui lei stessa opera.

Il magico, dunque, seppur non sempre e non esplicitamente menzionato nella narrazione, è una presenza assidua e percepibile anche all’interno delle storie riferite dai protagonisti dei racconti.

La magia rompe gli argini del consueto, genera scompiglio nel quotidiano, irrompe e riempie le ordinarie inquietudini e angosce dell’individuo, in primo luogo quella della morte. È questa la magia contemporanea alla quale Buzzati ci conduce. Una magia lontana dagli antichi riti di stregoneria.

E in Esperimento di magia il gesto magico è descritto dall’autore con parole emblematiche: «L’azione magica scardina ogni certezza. Diviene pericolosa poiché la sua sfera d’azione rompe le rigide opposizioni e quindi le certezze determinate che ci guidano in questa vita. Allude al manifestarsi di un’altra dimensione; quella che destituisce ogni “alterità” – da questo il suo mistero».

 

Esperimenti di un giornalista “incapace”

La “proposta d’analisi” della Gerace si basa sulla valutazione di Esperimento di magia come corpus unico: non frazionando i singoli racconti, ma analizzando il testo globalmente.

La sua scelta è stata essenzialmente quella di non privilegiare alcuna storia in particolare e quindi di non scartarne nessuna dallo studio dell’opera. I racconti sono stati posti tutti allo stesso livello. Tale atteggiamento le è stato in parte suggerito dallo stesso Buzzati: «abbiate ancora un briciolo di pazienza, ottimi signori, non scalpitate, non buttate via questo libretto per altri versi altamente benemerito, quello che è mio dovere esporre io espongo e tutt’al più voi potete scuotere il capo e commiserare».

Parole di eccessiva modestia? Non propriamente. Dino Buzzati era davvero una persona umile, non del tutto consapevole delle sue capacità e incline a sottovalutarsi. Soprattutto nei primi anni al Corriere della sera.

Nei diari di quel periodo si può chiaramente percepire la scarsa fiducia in se stesso, la convinzione che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto della sua “inettitudine”, cacciandolo via malamente. Ma questo “incapace” giornalista diventerà poi un inviato, sarà mandato in Etiopia e durante la Seconda guerra mondiale scriverà cronache prive di qualsiasi retorica.

 

Roberta Santoro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 10, giugno 2008)

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