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Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XIX, n. 207, gen. 2025

sulla classe operaia. Ma non
sulla liberazione femminile
di Ivana Ferraro
Un’interpretazione errata affida alla donna
un ruolo rivoluzionario che nel quadro non c’è
Vogliamo oggi scrivere di una donna coraggiosa, che non temeva di porsi in contrasto dialettico con coloro i quali concordava sugli obiettivi di fondo del riscatto sociale, ma che si chiedeva, sola contro tutti, se la tattica adottata non fosse errata.
Non certo una antirivoluzionaria; era anche lei per la Rivoluzione socialista, ma era – altrettanto certamente – una donna riflessiva che soppesava i rischi e che non esitava a suggerire al capo (anzi: “al Capo”) di ragionare con calma su come porre le questioni del movimento operaio. Stiamo parlando di quella donna dipinta da Giuseppe Pellizza da Volpedo nel suo celeberrimo Quarto Stato, la cui esecuzione è avvenuta tra il 1898 e il 1901.
Una rappresentazione artistica che ha visto erroneamente diversi intellettuali e critici scegliere questa donna come emblema e della rivoluzione proletaria e del femminismo.
E invece no. Tale donna aveva altre caratteristiche, magari meno appariscenti, ma ugualmente di primaria importanza. Condivideva, sia ben chiaro, gli obiettivi di fondo dei manifestanti ma, si distaccava da questi nell’unanimismo acritico che li caratterizzava e nell’atteggiamento truce che rinveniva in alcuni di questi.
Quanto al femminismo, probabilmente era femminista appieno, ma nulla emerge in tal senso dall’analisi del quadro e non ci pare il caso di “tirarla per la giacchetta”.
Due premesse: la libera interpretazione di un interessante dipinto
Vanno poste due premesse. La prima è che, non siamo specialisti specifici della materia e non abbiamo velleità di polemiche più o meno accademiche. Esprimiamo solo la nostra posizione.
La seconda è che naturalmente non abbiamo utilizzato confidenze dei protagonisti (non fosse altro perché sono personaggi creati dai pennelli dell’autore…) ma, nel commentare la personalità e le azioni della donna, ci siamo basati solo sulla “lettura” del significativo dipinto.
Se guardiamo bene, al centro della composizione pittorica troviamo dunque una figura femminile che esprime dignità e consapevolezza, responsabilità e cautela.
Osservando, la postura fisica e l’espressione facciale della donna, registriamo una chiara personalizzazione della riflessività, della ponderazione. La donna rappresenta un elemento critico che si appalesa d’improvviso tra i manifestanti già organizzati e allineati. Lei, delicata quanto decisa, sembra quasi virtualmente tagliare loro il percorso.
Rivolge lo sguardo verso la sua destra ove, un passo più avanti rispetto a lei, camminano (meglio, “marciano”), due uomini che capeggiano una massa di braccianti prevalentemente giovani in cui pochissime sono le donne.
Si dirige verso il centro del corteo. Solleva la mano sinistra a mo’ di monito, preoccupata delle possibili evoluzioni negative che potrebbero essere determinate dalla manifestazione in atto.
La donna bisbiglia al Capo una preoccupazione: quella di valutare bene ogni possibile implicazione.
Un’immagine iconica tra protesta e speranza
Il Quarto Stato riproduce l’avanzata lenta ma inarrestabile di una massa di lavoratori che reclama diritti e dignità. Tra queste figure come accennato spicca la donna: non un’eroina mitologica, né un simbolo astratto, ma una madre, una lavoratrice. Appare però più un’alleata che una militante aggiuntiva.
Continuando a osservarla, la donna raffigurata è giovane ma con uno sguardo maturo e consapevole, indossa un abito semplice e tiene per mano un bambino. Questa scelta sembra non essere né casuale, né arbitraria. Pellizza da Volpedo raffigura la donna, plasticamente realizzata con dovizia di particolari, esteticamente e caratterialmente straordinari. Marcia a piedi nudi, accompagnandosi con uomini (tutti, tranne uno, regolarmente con le scarpe) testimoniando un equilibrio tra forza e fragilità, tra cura e mantenimento di atteggiamenti ponderati e di riflessività. Pellizza da Volpedo eleva la figura femminile a simbolo di continuità generazionale, di protezione e, allo stesso tempo, di coraggio.
L’immobilità dinamica: una donna convinta ma riflessiva
Nel contesto storico in cui fu eseguito il dipinto, la condizione femminile era marginalizzata, banalizzata e relegata in quell’atavico ruolo di “custode del focolare domestico” benché già i fermenti di movimenti di contestazione per l’affermazione dei loro diritti, iniziati in Nord America e sviluppatisi in Europa, cominciavano a farsi sentire.
L’emblematica iconografia della donna nel Quarto Stato è costruita su un equilibrio sottile e quasi ossimorico, pressoché antitetico tra dinamismo e staticità. Il suo sguardo è fermo.
Questa doppia simbologia epifanica – radice e movimento – eleva e pone in rilievo la centralità della donna nella costruzione di una società giusta.
Pellizza da Volpedo non dipinge una figura accessoria, secondaria ma un elemento imprescindibilmente essenziale della narrazione pittorica e sociale. È bene puntualizzare che secondo le tesi più accreditate della storia dell’arte, la donna dipinta altro non era che Teresa Bidone, moglie dell’artista.
Al di là del dipinto: il messaggio universale di Pellizza da Volpedo
Oltre la perfezione tecnica e la potenza simbolica dell’opera, in cui è visibile prepotentemente l’adesione totalizzante dell’autore alla scuola pittorica milanese del divisionismo – caratterizzato dall’appropriazione personalistica di un gesto pittorico intervenendo con tocchi di colore che fanno vibrare la luce grazie agli accostamenti cromatici – il Quarto Stato è un messaggio universale che supera i confini temporali e geografici.
Non si tratta soltanto di un dipinto: è un manifesto visivo che continua a interrogare chi lo osserva. La donna che va a posizionarsi figura centralmente nella scena, non è solo un particolare estetico che conferisce armonia all’insieme pittorico, ma una protagonista essenziale della mediazione, della riflessione moderatrice verso i nuovi accadimenti storici di quel momento.
Pellizza da Volpedo, con un tratto delicato ma deciso, ha saputo immortalare la mancata centralità sociale della donna come simbolo di resilienza e come colonna portante su cui poggia l’intera struttura del progresso sociale. Un messaggio che, oggi più che mai, risuona e riverbera potente e attuale.
A una donna siffatta, che ha, dunque, tutte queste caratteristiche positive, un’interpretazione superficiale ha voluto affermare un altro fattore che invece non presenta: quello di essere una rivoluzionaria mentre compie gli atti evidenziati in precedenza. Dunque, si trattava di una donna che, partendo dalle sue responsabilità di madre, motivava i suoi compagni alla moderazione e alla cautela.
A tali intellettuali sarebbe piaciuto che la donna di Pellizza da Volpedo fosse stata come Marianne di Delacroix che sulle barricate guida la lotta rivoluzionaria e lo fa da sola, l’unica donna fra tutti i rivoltosi. Sarebbe piaciuto anche a noi, ma così non è e non possiamo dunque inventarcela.
Ivana Ferraro
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIX, n. 207, gennaio 2025, modificato in data 10.01.2025)
Ilenia Marrapodi