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Anno II, n° 9 - Maggio 2008
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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno II, n° 9 - Maggio 2008

Zoom immagine Il ventesimo secolo:
l’incessante frenesia
con cui molte donne
fanno i conti ogni dì

di Arianna Calvanese
Un racconto ironico su pregi e difetti
della parità dei sessi. Il Filo Editore


Nel corso dei secoli il ruolo della donna nella società è profondamente cambiato. Infatti, fino a non molto tempo fa, la maggior parte delle donne impiegava il proprio tempo per occuparsi della casa e della famiglia. Invece, al giorno d’oggi, la donna oltre a essere mamma e padrona di casa, spesso è impegnata anche nel lavoro. Antonella Pedrinazzi descrive la nascita di una nuova categoria femminile, quella delle donne che corrono per svolgere tutti i loro doveri, avendo sempre meno tempo da dedicare a se stesse. Queste riflessioni danno vita alla prima esperienza letteraria dell’autrice, intitolata, appunto, Le donne che corrono (Edizioni il filo, pp. 68, € 13,00). In modo ironico e senza troppi giri di parole, nel testo si racconta di quella categoria di donne che ogni giorno cerca affannosamente di conformarsi al prototipo femminile che la società attuale propone e richiede. L’affermazione della donna in campo professionale, nonostante i tanti risvolti positivi, ha anche un drammatico rovescio della medaglia, che è ben visibile nella marea di donne stressate, trasandate, portate sull’orlo dell’esaurimento nevoso dalla necessità di districarsi tra lavoro, famiglia e figli... Ciò è maggiormente vero per quelle donne che hanno scelto una professione emotivamente e mentalmente impegnativa. Secondo l’autrice, molte donne si sentono sole anche a causa della scarsa collaborazione domestica dei loro consorti. Il cosiddetto sesso debole deve caricare sulle proprie spalle il peso della famiglia, della casa e del lavoro, spesso senza poter chiedere aiuto a nessuno. La donna dedita alla carriera si trova a dover essere comunque versatile, eccellente ed efficiente, barcamenandosi miracolosamente nel quotidiano di una complessa ubiquità. L’automobile è un prezioso strumento per questa tipologia di donna. Le sue ruote sono come una sorta di prolungamento delle gambi femminili, con cui è possibile fare più cose ottimizzando il tempo a disposizione.

La categoria delle donne moderne

In questo libro si articola un’aspra critica verso le casalinghe che, frequentemente, si lamentano del fatto che il loro duro lavoro non sia sufficientemente apprezzato dalla società. A tale proposito, l’autrice osserva che la maggior parte delle donne che lavorano, a meno che non possano permettersi una colf, sono anche casalinghe ed è proprio per questo che ella non vede il motivo per il quale le casalinghe, secondo alcuni, dovrebbero avere la pensione, mentre a tutte le altre donne, che ugualmente lavorano in casa, non dovrebbe spettare nulla. L’autrice scrive queste pagine per dare forma al profondo sentimento di solitudine, che la affligge. Il fatto di non appartenere a una categoria ben definita provoca in lei un sentimento di profonda solitudine, lenito solo dalla scrittura di questo testo attraverso cui difende le “donne che corrono”. Eh sì, secondo l’autrice, oggi siamo tutte donne frenetiche, abbiamo cento cose da fare, scadenze da rispettare, corsi da seguire; dobbiamo apparire sempre sorridenti, ben truccate, ben vestite e con la messa in piega, quasi fosse una parrucca, sempre fresca; dobbiamo occuparci della casa, del marito e magari, dopo una giornata passata a sbrigare tutte queste faccende, ovviamente iperstressate dal traffico cittadino, arriva la sera e vorremmo gettarci sul letto vestite e addormentarci così, perché ci sentiamo uno schifo, e invece dobbiamo prepararci a trascorrere una serata con nostro marito che, molto spesso, non ha la sensibilità di capire che siamo stanche a causa dell’infernale tran tran quotidiano a cui siamo sottoposte e pretende che ci trasformiamo in bombe sexy, anche se siamo morte di sonno.

Il riscatto ottenuto attraverso i figli

Infatti, nel suo libro scrive che quando si sente triste e amareggiata per tutti i suoi innumerevoli impegni, allora, guarda il volto di sua figlia e tutto scompare cedendo il posto a un amore immenso, che la ripaga di tutte le fatiche. Secondo l’autrice, la maternità è l’esperienza più piena e più profonda che una donna possa vivere. È quell’evento che permette a una donna di ascoltare veramente il proprio corpo, stabilendo, per la prima e unica volta nella vita, un’unità psico-corporea.

Arianna Calvanese

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 9, maggio 2008)

 

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