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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Diritti d’autore: decisa l’aliquota
per i ricavi pubblicitari online
di Alessandro Milito
Approvato il regolamento Agcom che vuole far fronte
al dislivello contrattuale fra editori e giganti del Web
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha approvato il regolamento per la definizione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Si tratta dell’ultimo tassello del recepimento della cosiddetta Direttiva copyright, ovvero la più recente e ambiziosa normativa Ue in materia di tutela del diritto d’autore. Un percorso già seguito attentamente da questa rivista negli articoli pubblicati nel 2019 a firma di Michela Mascarello, e nel 2021 e che, con l’approvazione del regolamento dell’Autorità garante, approda a un punto di svolta.
Il duplice ruolo dell’Agcom
Va dato atto che il compito assegnato all’Agcom non era dei più semplici; con il decreto legislativo che recepiva la normativa Ue, e aggiungeva l’art. 43-bis alla legge n. 633 del 1941 sul diritto d’autore, il legislatore incaricava l’autorità di svolgere un duplice ruolo: quello di regolatore e di arbitro. Da una parte le si chiedeva di specificare i criteri per la definizione dell’equo compenso per l’utilizzo online dei contenuti giornalistici; dall’altra parte la stessa Autorità avrebbe dovuto quantificare l’equo compenso qualora le parti in causa, e cioè gli editori e le piattaforme/prestatori di servizi online, non fossero riusciti a raggiungere un accordo.
Di fatto l’intervento dell’Agcom disegnato dal legislatore italiano è sussidiario e di supporto alla contrattazione tra le parti che deve sempre e comunque essere protagonista, nel rispetto del principio della libertà negoziale. Solo il fallimento del negoziato giustifica – e in un certo senso richiede – l’intervento dell’arbitro amministrativo, che agisce per tutelare altri principi e interessi pubblici meritevoli di tutela quali la libertà di espressione, il pluralismo dell’informazione e il mantenimento della sostenibilità economica delle imprese che operano in un contesto editoriale in crisi.
Alla ricerca dell’equo compenso
L’obiettivo principale dell’Agcom è la riduzione del cosiddetto value gap e cioè la differenza di valore economico generato dalle opere di carattere giornalistico, protette da copyright e pubblicate online, e l’effettivo guadagno ottenuto dal titolare del diritto d’autore. Questo perché le piattaforme online (quali Google, Facebook, YouTube) che ospitano i contenuti giornalistici, attraverso i ricavi pubblicitari, riescono a incassare cifre ben maggiori rispetto agli autori di quegli stessi contenuti. Un compenso può essere ritenuto effettivamente equo solo se annulla o riduce il più possibile questo divario.
Il regolamento dell’Agcom stabilisce che l’equo compenso è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari derivanti dall’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte delle piattaforme online, al netto dei ricavi ottenuti dagli editori derivanti dal traffico internet generato dal reindirizzamento sul proprio sito web: gli editori, infatti, ottengono pur sempre una quota di visibilità dal reindirizzamento delle piattaforme.
Sui ricavi pubblicitari delle piattaforme così determinati potrà essere applicata un’aliquota fino al 70%, sulla base di criteri indicati con rilevanza decrescente dallo stesso regolamento dell’Agcom.
In sintesi andranno considerati:
- il numero di consultazioni online delle pubblicazioni di carattere giornalistico;
- la rilevanza dell’editore sul mercato in termini di audience;
- il numero di giornalisti contrattualizzati impiegati dall’editore;
- i costi comprovati sostenuti dall’editore per gli investimenti tecnologici e infrastrutturali;
- i costi comprovati sostenuti dal prestatore di servizi online per investimenti tecnologici e strutturali dedicati alla riproduzione delle pubblicazioni diffuse in rete;
- l’adesione di editore e prestatore a codici di condotta e codici etici in materia di qualità dell’informazione;
- gli anni di attività dell’editore, anche in relazione alla storicità della testata in ambito nazionale e locale.
Parametri con una logica simile vengono indicati per la determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo delle pubblicazioni da parte delle imprese di media monitoring e rassegne stampa.
Ma qual è il procedimento da seguire?
Quindi la strada per raggiungere l’equo compenso è stata definita ma, affinché quest’ultimo non assuma le sembianze di un Sacro Graal irraggiungibile, alla definizione devono seguire un procedimento e delle garanzie tangibili. Su questo il regolamento non manca di fornire degli elementi apprezzabili, quali l’obbligo di comunicazione e di informazione, in capo alle piattaforme, di tutti i dati necessari per applicare i criteri (come, per esempio, quelli relativi al numero di visualizzazioni e al traffico internet.). In caso contrario, l’Autorità può in qualsiasi momento acquisire d’ufficio ogni elemento necessario alla determinazione dell’equo compenso.
Una determinazione che in prima battuta spetta agli editori e alle piattaforme online: l’Autorità interviene solo se invocata dalle parti che non sono riuscite a raggiungere un accordo entro trenta giorni dall’avvio del negoziato. In questo caso l’Agcom interviene entro sessanta giorni per accogliere una delle proposte di equo compenso presentate dalle parti o per indicarne una propria.
Un primo giudizio
Il regolamento dell’Agcom è da accogliere positivamente sotto diversi aspetti, non ultimo la sua forma: con quindici articoli e un’esposizione relativamente lineare se paragonata ad altri testi legislativi e regolamentari, rappresenta una gradita eccezione. L’Autorità non ha scelto di assumere un ruolo eccessivamente ingombrante e interventista, strutturando il suo intervento più come un supporto eventuale che una sorveglianza invadente. Con tutti i limiti tipici dell’intervento pubblico in dinamiche di mercato, si può riconoscere che su questo fronte l’ordinamento italiano dimostra di cogliere seriamente la direttiva europea sul copyright.
Certo, i dubbi rimangono: l’Agcom dispone delle risorse per poter svolgere questa ulteriore funzione? Lo squilibrio contrattuale tra i giganti del Web e gli editori (soprattutto i piccoli) verrà effettivamente limitato dalle nuove regole? La qualità dell’informazione verrà tutelata o si insisterà con la riconcorsa al facile clickbait, ovvero alla creazione di contenuti concepiti solo per acchiappare visualizzazioni?
Non resta che aspettare e osservare fiduciosi, con una buona dose di sano scetticismo.
Alessandro Milito
(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 186, marzo 2023)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi