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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Stato di diritto, dove sei?
Più di 14 anni a processo
di Alessandro Milito
La storia dell’imprenditore Luigi Mazzei
e del suo calvario giudiziario per Pellegrini
Qualcuno doveva aver calunniato Luigi Mazzei, poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, venne indagato. Approcciandosi alla lettura di Giustizia è fatta (Luigi Pellegrini editore, pp. 144, € 14,00) non è un’operazione così ardita parafrasare il capolavoro kafkiano, Il processo, pur conservando il timore reverenziale che si ha di fronte ai grandissimi capolavori. Entrambe le opere hanno al centro un uomo per bene, schiacciato dalla macchina pachidermica, irrazionale e oscura, della giustizia. Un vortice di norme e procedure che, una volta messosi in moto, travolge senza pietà il protagonista, reo di una colpa che non è nemmeno in grado di riconoscere e alla ricerca dell’unica via di salvezza: una sentenza di piena assoluzione.
La storia, vera, di Luigi Mazzei non è quella immaginaria del signor K., le leggi e gli inquirenti non sono boemi ma calabresi. L’angoscia, il desiderio di riscatto e di liberazione da una spada di Damocle perennemente pendente, sono reali.
Un calvario lungo 14 anni e 5 mesi
Ricordate dove, e soprattutto chi, eravate 14 anni fa? Cosa avete fatto da allora fino a oggi, quanto siete cambiati, quali persone avevate al vostro fianco? Cosa vorreste dire al vostro io di 14 anni indietro? Riavvolgete tutto e fissate nella vostra mente questo concetto: 14 anni e 5 mesi da imputato in un procedimento penale. 14 anni e 5 mesi da accusati, sotto processo da parte dello Stato. Un’esistenza definitivamente cambiata una mattina con una perquisizione della Guardia di finanza sul vostro luogo di lavoro, la vostra azienda. Una vita che, da allora, assume tutto un altro tono, un altro significato, un altro ritmo. Improvvisamente non siete più la persona stimata, perfino amata, di prima. A parte qualche rara, e preziosissima, eccezione tutti iniziano a guardarvi sotto un’altra veste: siete già un criminale, un condannato. Del resto, se le forze dell’ordine e la magistratura insistono così tanto deve per forza esserci una ragione. Anche i vostri successi professionali vengono immediatamente rivalutati: senza dubbio c’era ben poco di meritevole, era tutto frutto di malaffare. L’unica alternativa che rimane è cercare di dimostrare la propria innocenza, in una logica al contrario rispetto a quanto previsto dalla Costituzione e dalla sua presunzione di non colpevolezza: è il cittadino a dover provare di non aver commesso il fatto, non lo Stato a dover dimostrare la colpevolezza dell’imputato.
Il problema è che questa strada è particolarmente tortuosa e, soprattutto, dannatamente lunga. Se anche la pandemia, con la sospensione e il rinvio delle udienze, si mette di mezzo, il risultato sono proprio 14 anni e 5 mesi di calvario.
Una lenta discesa negli inferi processuali
Ma chi è Luigi Mazzei? Giustizia è fatta è il diario-confessione di un imprenditore calabrese di successo a capo di un gruppo societario dall’elevata capitalizzazione. Un uomo che ha costruito la sua fortuna proprio a partire dalla sua regione, forse la meno attrattiva d’Italia dal punto di vista imprenditoriale, di certo tra le più difficili. Un lametino coriaceo e determinato, con tratti di megalomania fisiologici nelle persone con una visione e una ambizione ben precise. La storia di Mazzei, narrata attraverso un’intima e diretta prima persona, inizia proprio con il racconto dei successi dell’imprenditore. Il lettore potrà trovare poco interessanti alcuni dettagli e alcuni passaggi forse un po’ troppo autocompiaciuti ma potrà capirne il senso: rappresentano il naturale contraltare alla caduta, vera e propria protagonista dell’opera.
Una caduta che comincia a gennaio 2007 con la perquisizione della Guardia di finanza negli uffici della Cofain Srl, la società capofila del gruppo imprenditoriale di Mazzei. È il primo atto di un procedimento penale apparentemente infinito ma in grado di produrre effetti concreti, e devastanti, ben prima della sentenza di primo grado che arriverà solo diversi anni dopo. Le perquisizioni dei militari si susseguono una dopo l’altra e la credibilità di Mazzei viene messa a dura prova. Segue poi il sequestro preventivo dei beni, una vera e propria mannaia calata sulla sopravvivenza del gruppo societario. Del resto, le accuse avanzate dalla procura di Lamezia Terme sono gravissime: truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, evasione fiscale, esportazione di capitali all’estero, bancarotta fraudolenta.
Le conseguenze economiche, e personali, subite già nella fase delle indagini preliminari, sarebbero di per sé in grado di abbattere lo spirito e la fiducia di chiunque. La gogna mediatica è lì per emettere la sua ennesima sentenza preventiva: «il mio nome è finito sui giornali e sulle televisioni, anche nazionali. Ho sperimentato per la prima volta sulla mia pelle il gigantesco senso di umiliazione e di impotenza che riescono a provocare. È davvero destabilizzante il meccanismo che i media sono capaci di mettere in moto, sul piano dei rapporti personali e dei legami familiari. Non riesco a farmi scivolare tutto addosso».
Ma non è tutto: Mazzei, ben quattro (!) anni dopo la prima perquisizione viene arrestato. Si tratta della pietra tombale sul futuro professionale dell’autore: uno stigma letale per il morale e la credibilità di Mazzei che inizia anche a subire pesanti conseguenze negative sulla sua vita familiare.
Un riscatto agrodolce
L’opera assume le sembianze di un diario: non è dato sapere se alcune delle pagine siano state scritte dall’autore proprio nei drammatici giorni del calvario giudiziario o successivamente. Di certo l’intento è quello di rendere il lettore partecipe del lato umano di tutta la vicenda: dietro il procedimento penale, al di là della narrazione dei media ci si imbatte pur sempre in un uomo, con tutti i suoi limiti ed il suo umore altalenante. Il risultato non è perfetto: l’alternanza tra il racconto dei fatti e le riflessioni intime, a tratti anche filosofiche e religiose, non riesce sempre. In alcuni punti l’autore sembra quasi uscire dal seminato, divagando verso mete non essenziali. Eppure, anche queste sviste si spiegano valutando l’opera complessivamente, accogliendo il suo significato ultimo: essere il manifesto vivente di un uomo che, con tutte le sue forze, ha cercato di dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli venivano contestati. Giustizia è fatta riesce meglio proprio nelle pagine in cui l’autore riesce a trasmettere con efficacia l’assurda, inaccettabile e incivile macchinosità della giustizia penale. Lo scorrere del tempo, e la pesantezza di ogni giorno passato sub iudice vengono trasmessi con efficace autenticità: il lettore potrà provare quasi una sensazione fisica di disagio, o comunque di sconcerto, nel riflettere sull’infinità del tempo trascorso dal primo atto di indagine fino alla sentenza di assoluzione.
Perché sì, Mazzei viene assolto dalla Corte d’appello di Catanzaro con formula piena, perché il fatto non sussiste, il 22 giugno 2021. Scrivere ciò non significa anticipare il finale, sminuendo l’opera; questo perché il cuore di Giustizia è fatta sta proprio nella testimonianza di una lunga traversata nel deserto. Il risultato finale, sebbene a lungo atteso, non riesce a essere completamente liberatorio e il lettore potrà agevolmente capirne le ragioni.
In memoria di Luigi Mazzei
Il vero finale purtroppo è un altro: Luigi Mazzei si è spento il 12 luglio 2022 all’età di 59 anni per un malore avuto mentre solcava il mare. Una di quelle passioni che non aveva abbandonato anche nei momenti più difficili e che traspare nel suo libro. Un libro che assume un valore ancora maggiore dopo questa scomparsa ma che da quest’ultima deve emanciparsi. Giustizia è fatta trascende la vicenda dell’uomo, in quanto narra di un tema troppo poco dibattuto se si considerano le conseguenze devastanti che può avere sui destini dei singoli e sullo stato di diritto. Allo stesso tempo, Giustizia è fatta è imprescindibilmente legato al suo autore, al suo tenace desiderio di veder riconosciuta la sua innocenza.
«Forse un giorno scriverò la mia storia, che è poi una storia come tante. La storia di un uomo che ha perso tutto, ma che è deciso a ricominciare».
È un bene che questa storia Luigi Mazzei, alla fine, abbia deciso di trascriverla per davvero.
Alessandro Milito
(www.bottegascriptamanent.it, anno XVI, n. 183, dicembre 2022)