Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.
A. XVII, n. 184, gennaio 2023
Ucraina, Iran e Cina: i tre fronti
della libertà del 2022. E il 2023?
di Alessandro Milito
I tre fronti caldi dell’anno si chiudono
carichi di lezioni per l’Occidente
Il 2022 si chiude con tre fronti caldi in cui si combatte per la libertà. Non si tratta però della stessa libertà: diverse sono le aspirazioni e le ambizioni che il suo desiderio ha generato e continua ad infiammare.
In Ucraina continua la guerra di liberazione dall’invasore russo, con gli insperati e – fino a qualche mese fa – inimmaginabili successi sul campo dell’esercito di Kiev. Gli ucraini entrano nella stagione più dura, il gelido inverno dell’Est Europa, con la determinazione di chi non è più interessato alla mera sopravvivenza ma intende concretamente riprendersi il maltolto.
La società ucraina ha dimostrato di essere una vera comunità e non un aggregato artificiale tenuto in vita dall’Occidente con il solo scopo di indebolire la Russia. Un popolo con una ben definita identità nazionale, disposto a difendere la propria integrità non solo geografica ma anche storico-culturale.
In Iran si combatte sul corpo delle donne, contro la perversa volontà di controllo di un regime teocratico e sanguinario. La società iraniana sta provando giorno dopo giorno la sua vivacità e la sua maturità, insofferente verso un sistema istituzionale ormai logoro, fondato sull’ipocrisia di una classe dirigente che gode delle libertà di costumi e di consumi occidentali e le nega alle ragazze e ai ragazzi del popolo. L’assassinio di Stato di Jîna Amini – colpevole di non aver indossato correttamente il velo secondo i dettami della polizia morale – seguito dalla brutale repressione dei moti di piazza e dallo sterminio di un’intera gioventù, hanno fomentato la più grande rivolta popolare dal 1979. Una rivolta che nasce, si sviluppa e cresce con il protagonismo delle donne iraniane, desiderose di liberarsi dalla gabbia reazionaria e violenta del regime della Repubblica islamica.
In Cina la politica zero Covid del governo, basata su tamponi a tappeto e brutali lockdown di massa, ma un’inefficace campagna vaccinale, hanno evidenziato le prime vistose crepe nella gestione del dissenso da parte del partito comunista e del suo apparato repressivo. Gli episodi di insofferenza verso le politiche di contenimento del contagio, tanto radicali quanto inefficienti, si sono rapidamente tramutati in un’aperta contestazione del regime, fino a scalfire la stessa figura dell’intoccabile segretario generale e presidente Xi Jinping.
La censura ha toccato vette paradossali, fino a scadere nella ridicola goffaggine tipica di un potere in difficoltà: le immagini degli stadi dei Mondiali di calcio in Qatar, pieni di spettatori senza mascherine e restrizioni di alcun tipo, sono state oscurate selettivamente per nascondere una verità ormai difficile da negare. Il partito ha fallito nella gestione dell’emergenza sanitaria, utilizzata per stringere ancor di più il cappio sulle vite private dei cittadini, senza però dar loro in cambio la sicurezza di una seria copertura vaccinale e un ritorno alla vita pre-pandemia.
Libertà e dignità personale
Libertà di autodeterminazione dei popoli, libertà di costume e di manifestazione del pensiero, libertà personale. Sono tre diverse facce di un medesimo valore fondamentale, a sua volta imperniato sul concetto di dignità ed unicità del singolo. Lo spettatore occidentale di questi tre fronti, più o meno distrattamente, potrebbe cadere in due errori. Il primo: sottovalutare la portata di questi fenomeni e trattarli con sufficienza, come episodi estemporanei, privi di una reale efficacia duratura nel tempo. Il secondo: leggere questi tre diversi contesti con lenti esclusivamente occidentali, attribuendosi meriti e presunte superiorità morali.
L’occasione invece è ghiotta per poter riflettere sull’aspirazione alla libertà di popoli tanto diversi e distanti ma idealmente allineati verso una comune idea di dignità e indipendenza, sia come singoli sia come comunità politiche.
La resistenza ucraina insegna che ogni popolo ha il diritto a determinare da sé il proprio destino, scegliendo i valori e il tipo di società a cui vuole tendere così come la partecipazione ad alleanze e organizzazioni sovranazionali. Questo principio è valido e merita di essere difeso, anche e soprattutto di fronte al sopruso di chi, brandendo solo la rozza legge del più forte, pretende di voler sostituirsi alla normale – ancorché conflittuale – dialettica politica interna di uno stato confinante. La libertà di un popolo di scegliere il proprio destino è un prerequisito essenziale per qualsiasi altro diritto civile e sociale della sua cittadinanza.
Le proteste in Iran e Cina non possono che suscitare rispetto e profonda ammirazione verso chi è disposto a mettere letteralmente in gioco la propria vita per ideali – ma anche concreti miglioramenti del proprio quotidiano – che nelle società occidentali vengono dati per scontati e quindi sottovalutati e ignorati. Rischiare l’impiccagione per un taglio di capelli o per il vestito che si indossa, è un’immagine troppo forte per essere sottovalutata. L’Occidente deve dimostrarsi all’altezza delle aspettative di chi tende a un determinato stile di vita e di valori; un patrimonio che deve essere ritenuto tale, costantemente difeso, garantito e ampliato.
Anche il dibattito nostrano sulla pandemia e sulla normativa dell’emergenza, con le sue vette di assurdità e violenza verbale e non solo, vanno riletti come un elemento aggiunto di una società democratica. Specie se si considera ciò che è avvenuto in Cina, con la sbandierata infallibilità del partito comunista che ha impedito alla radice qualunque critica costruttiva, lasciando la popolazione in balia di una pandemia per nulla debellata. Ora il governo ha ordinato una netta quanto silenziosa inversione di rotta, preoccupato per la piega inedita delle proteste: non è dato sapere se questo sarà sufficiente a calmare gli animi, né a garantire un ritorno alla normalità preCovid.
br>
Un 2023 carico di difficili promesse
Il 2023 si apre con enormi incognite, tanto grandi quanto le aspettative generate da popoli vivi e in fermento. La nostra società, per certi versi malinconica e gerontocratica e dal lamento facile, deve prendere spunto da ciò che accade nel mondo. Il 2023 può essere l’occasione per una rinnovata consapevolezza di ciò che ci caratterizza come comunità nazionale, riconoscendo nei principi della Costituzione e delle carte dei diritti internazionali il nucleo fondamentale della nostra convivenza civile. A partire dalla scuola, e di seguito attraverso tutte le istituzioni, bisognerà potenziare le lenti in grado di far leggere il presente a tutti, i più giovani per primi.
Il momento storico in corso, con i popoli protagonisti di eventi enormi, non deve essere sottovalutato. La speranza è che la naturale propensione alla libertà, e di tutte le sue forme, raggiunga il suo obiettivo. Il suo percorso è e sarà attraversato da conflitti violenti e sanguinari, l’inevitabile motore della Storia. Ma, a inizio anno, è lecito e doveroso azzardare un certo ottimismo.
Alessandro Milito
br>
(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 184, gennaio 2023)