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A. XVI, n. 181, ottobre 2022
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Storia (a cura di La Redazione) . A. XVI, n. 181, ottobre 2022

Il voto 2022: il Sud
tra astensioni
e assistenzialismo

di Alessandro Milito
Sono dati preoccupanti. Come lo è
l’esegesi razzista del Meridione


Le elezioni politiche del 25 settembre hanno consegnato una mappa del paese per lo più dipinta con il “blu” del centrodestra, con significative macchie “gialle” cinquestelle interamente concentrate al Sud. Allo stesso tempo, la mappa dell’affluenza alle urne era per lo più colorata al Nord e decisamente più sfumata al Sud.
Un Meridione baluardo del Movimento 5 stelle, con un’affluenza bassa se non bassissima in alcune aree. Si tratta di due dati diversi, con ragioni e origini complesse, ma che buona parte del dibattito giornalistico e politico tende così a sintetizzare: il Meridione è irrecuperabile, politicamente ignorante e unito sotto l’insegna dell’assistenzialismo del reddito di cittadinanza.
Si tratta di una visione che unisce elementi di verità, per quanto opinabili, con un razzismo più o meno velato. Soprattutto, denota un modo di analizzare i processi politici e sociali affetto da pigrizia, disonestà intellettuale e superficialità.

Meridionali = reddito di cittadinanza: un’equazione da rivedere
Il buon risultato elettorale del Movimento 5 stelleal Sud deve sicuramente molto al tanto dibattuto reddito di cittadinanza. Trattasi di una misura che non ha raggiunto gli obiettivi che i suoi promotori – almeno a parole – si erano prefissati con la sua introduzione. Una misura azzoppata, basata sulla sola gamba del sostegno economico, priva dell’altra e fondamentale gamba che avrebbe dovuto operare come politica attiva del lavoro. Il reddito si è rivelato una misura statica, priva del motore propulsivo che avrebbe dovuto avere e del ruolo ultimo che avrebbe dovuto interpretare: uno stimolo alla ricerca di nuovo impiego. A questo evidente limite si accompagna un pregio altrettanto visibile: il reddito di cittadinanza ha rappresentato, e rappresenta tuttora, una valvola di sfogo a volte imprescindibile per situazioni familiari e individuali difficili se non disperate. Una seria valutazione “del reddito” non può che partire da questi due giudizi distinti ma collegati tra loro.
Una certa narrazione, fondata su pregiudizi duri a morire, vede il Sud Italia come il naturale e quasi ovvio destinatario di questa misura: dopotutto i meridionali non hanno sempre spremuto il più possibile la mammella dello Stato assistenzialista? La loro intrinseca incapacità di fare impresa, creare lavoro e, in definitiva, di lavorare seriamente, li renderebbe naturalmente portati a sostenere i partiti che gli promettono soldi facili senza sudore e fatica. Si tratta di una visione molto più diffusa di quanto si possa credere anche in certi ambienti che, almeno in teoria, si definirebbero progressisti e lontani dall’ideologia della fu Lega nord. Una tesi sostenuta implicitamente da chi, dopo aver ottenuto risultati deludenti o nulli al Sud, invece di interrogarsi sulle ragioni di un tracollo politico, si rifugia in una comoda scappatoia “antropologica”.
Lo stesso discorso può essere traslato sul piano dell’affluenza, drammaticamente bassa al Sud, con vette di aperta ribellione all’intero sistema politico-rappresentativo: i meridionali non votano, a meno che non si tratti di pacchetti di voti consolidati verso il signorotto locale di turno.

Comodi pregiudizi e assenza di politica
Senza cedere a propensioni vittimistiche e autoassolutorie – caratteristica costante della storia del Meridione – queste visioni vanno comunque rigettate per un semplice motivo: rappresentano risposte troppo semplici e totalizzanti e, dunque, proprio per questo errate.
Se è vero che spesso gli stereotipi hanno un’origine di verità, il pregiudizio semplificatorio non può mai essere elevato ad analisi o azione politica.
Una via fin troppo comoda, che non tiene conto di una drammatica realtà: da decenni manca una vera politica nazionale sul Mezzogiorno che vada oltre i semplici proclami e le percentuali del Pnrr. Si sprecano le analisi, i grafici e i dati sul drammatico impoverimento umano e materiale delle regioni del Sud a scapito di altre realtà più produttive e attrattive ma, in concreto, ben poco viene prodotto a livello politico, intellettuale e giornalistico come reazione e proposta.
Per esempio, ci si limita a gridare che Crotone è la provincia con l’affluenza più bassa d’Italia (36%, dato del Viminale pubblicato su Eligendo) e che nel capoluogo il Movimento 5 stelle ha ottenuto il 42,29% dei – magri – consensi, si uniscono entrambi i dati e si arriva alla nota conclusione: il Crotonese è una realtà persa, senza possibilità di riscatto. Trattasi di un’interpretazione irrispettosa del voto e che abdica a qualsiasi elaborazione politica. Da anni si è rinunciato a effettuare una vera e propria analisi del disagio economico-sociale e politico. Perché in quel territorio vanno a votare in così pochi? Perché il Movimento è stato riconfermato primo partito? A Crotone tutti i principali partiti di destra e di sinistra si sono alternati, a più livelli istituzionali, al governo del territorio: le responsabilità sono condivie. In che stato versano i circoli – se ancora esistenti – e le strutture dei partiti? Quali candidature hanno espresso e qual è stato il loro ricambio nel corso degli anni? Perché l’intellighenzia di quel territorio rinuncia a qualsiasi impegno politico? Sono domande enormi e complesse, con problemi che vengono da lontano: ma rimangono lì, far finta che non esistano non le sposta di un millimetro.
Con un’offerta politica ai minimi termini, la risposta dell’elettorato è la diserzione delle urne o il consenso all’unica misura che in concreto ha avuto un qualche risvolto nella vita quotidiana: il reddito di cittadinanza. L’insufficienza di questa politica e la scarsa preparazione del movimento che la propone sono universalmente riconosciuti: ma nella terra dei ciechi l’orbo è re. E tutto questo va studiato, capito e rispettato, non rispedito al mittente con arroganza e disprezzo.

Non siamo mica su Marte
Il Sud non è una terra straniera, abitata da un popolo inetto e irrazionale. I cittadini meridionali sanno benissimo valutare i loro interessi, giudicare la loro classe politica e trovano sempre e comunque un modo per esprimersi, votando o – forse ancor di più – non votando. Non riuscire a riconoscere i problemi ed i conflitti sociali, stabilire una scala di priorità e fornire una visione per il loro superamento – in definitiva “fare politica” – può essere persino comprensibile vista la complessità del fenomeno: non esistono soluzioni semplici e dietro l’angolo. Ciò che è davvero imperdonabile è rinunciare a priori, abbandonando gran parte del paese a se stesso sulla base di pregiudizi razzisti e vigliaccheria.

Alessandro Milito

(www.bottegascriptamanent.it, anno XVI, n. 181, ottobre 2022)

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