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A. XVI, n. 178, luglio 2022
Presentato, al Senato, il saggio
sul “Golpe Borghese”
di Emiliano Peguiron
Edito Pellegrini, scritto dal direttore Fulvio Mazza,
il libro è stato dibattuto anche al Salone di Torino
A seguito del blocco delle manifestazioni culturali causato dalla pandemia, eventi come il Salone internazionale del libro di Torino o di più piccola ma fondamentale portata come le presentazioni in luoghi di associazione e aggregazione sociale, rappresentano una boccata d’aria fresca. Si spera che questo possa veramente essere l’inizio di una vera e propria ripresa di cui la cultura e l’interazione attiva tra individui ne siano i pilastri.
Il saggio storico del nostro direttore, in un contesto di tale nuovo fermento, non poteva fare eccezione. Infatti, il testo Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il golpista Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (Pellegrini, pp. 304, € 16,00) è stato presentato in tre diverse occasioni nel giro di poco più di due settimane. Dapprima al Salone di Torino presso lo stand della Fuis (Federazione unitaria italiana scrittori), poi alla Casa del Popolo di Torpignattara a Roma e, infine, nella prestigiosa Sala Zuccari del Senato della Repubblica.
Il Salone di Torino
Al Salone internazionale del libro di Torino il 21 maggio si è dunque tenuta presso lo stand della Fuis la prima delle tre presentazioni del saggio storico di Mazza. Circa il testo hanno dialogato con l’autore il presidente della Fuis, Natale Antonio Rossi e il consulente letterario Guglielmo Colombero.
La rassegna è iniziata con un’introduzione ai fatti storici e, in particolare, partendo con il ricordo di quella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 in cui un gruppo di neofascisti e di individui appartenenti ai reparti militari occuparono il Ministero dell’Interno. In seguito, si è svolto un assai partecipato dibattito (tant’è che i posti a sedere sono stati esauriti in poco tempo).
Il presidente Rossi ha effettuato ragionamento generale collocando il Golpe nell’ambito storico del momento che vedeva contrapposti gli Usa all’Urss con i rispettivi alleati.
Il consulente letterario Colombero si è soffermato invece sui singoli aspetti specifici dell’organizzazione e dell’estrinsecazione dell’attività golpista.
L’incontro si è concluso con l’autore che ha risposto alle domande poste dai vari partecipanti e con la pubblica declamazione del “Proclama agli Italiani” che Borghese aveva scritto per pronunciarlo subito dopo la riuscita del Golpe. Sono stati attimi di emozione al pensare che c’era stata una concreta possibilità che quel discorso fosse stato effettivamente pronunciato alla Rai da un Borghese tronfio per essere riuscito nel suo intento.
La voce dell’attrice Valeria Persi ha contribuito molto al determinarsi di questi momenti di pathos.
La Casa del Popolo di Roma a Torpignattara
La seconda presentazione si è tenuta, invece, presso la Casa del Popolo di Torpignattara il 27 maggio.
Nella sala principale, davanti a un cospicuo e interessato pubblico, Fulvio Mazza ha dialogato con Michela Arricale, avvocata del Cred (Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia), e con Giovanni Russo Spena, già segretario di Democrazia proletaria prima e di Rifondazione comunista poi. Cercheremo di sintetizzare solo un paio dei punti più salienti di questo nuovo evento, nonostante il dibattito sia stato estremamente denso oltre che coinvolgente.
A esordire è stata Arricale e tra le cose più interessanti su cui si è concentrata vi è sicuramente l’aspetto semantico della questione “Golpe”: riprendendo gli studi dello storico Aldo Giannuli, infatti, ha posto l’accento sulla povertà lessicale italiana in fatto di colpi di Stato. Il termine più idoneo per descrivere questo avvenimento storico, a suo avviso, sarebbe stato infatti quello di intentona, parola presente nello spagnolo (lingua che, per ovvi motivi, dispone di un gran numero di vocaboli in materia) designa un’azione golpista finalizzata non necessariamente al cambio violento del potere ma talvolta anche a una sorta di minaccia per un successivo Golpe.
Finito il suo stimolante intervento Arricale ha passato la parola a Russo Spena. In tal senso il responsabile del Dipartimento nazionale istituzioni e democrazia del Prc-Se si è concentrato, fra l’altro, su come importante merito dell’autore sia stato quello di aver svelato, e comprovato con inoppugnabile documentazione, una verità storica che vede coinvolta l’attività di decine di migliaia di soggetti e, quindi, di quella che può definirsi senza problemi un’operazione politica vera e propria. Russo Spena ha poi affermato, in accordo con l’interpretazione e la documentazione del volume di Mazza, che il Sid (Servizio informazioni difesa) era a conoscenza di tutta la vicenda riguardante il Golpe. E che, se non fosse stata censurata dai vertiti politici e istituzionali, (leggasi Andreotti e il vicecapo del Sid stesso, Gian Adelio Maletti, avrebbe certamente bloccato larga parte dello stragismo successivo. Ha poi riflettuto sul ruolo di Labruna, a partire dall’interrogatorio al quale venne sottoposto dal giudice Guido Salvini. Ha in tal senso evidenziato che su di lui vennero riversate una serie di accuse piuttosto inverosimili trasformandolo in una sorta di “capro espiatorio”. Russo Spena ha evidenziato nuovamente l’ottima fattura del lavoro di Mazza.
In seguito ai due interventi sopra riportati, ha preso la parola l’autore del saggio che ha approfondito i temi portati in superficie precedentemente e ha poi risposto alle numerose domande arrivate dal pubblico, arricchendo ulteriormente il dibattito. Tra gli interventi a cui ha risposto ve ne è stato uno particolarmente sottile: si tratta di quello circa l’eliminazione, nella seconda edizione ampliata e aggiornata, delle virgolette al vocabolo “golpista” in riferimento alla figura di Giulio Andreotti. Infatti, in questa nuova edizione del saggio l’autore ha tolto le virgolette in quanto appaiono dimostrate le responsabilità del leader della Democrazia cristiana.
La presentazione al Senato della Repubblica
Proprio di Andreotti (ma anche di molto altro) si è avuto modo di discutere nella terza e ultima presentazione del saggio di Mazza, tenutasi il 9 giugno in un contesto istituzionale e particolarmente prestigioso: stiamo parlando del Senato della Repubblica, nella splendida Sala Zuccari. A interloquire con l’autore ci sono stati il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta antimafia, Nicola Morra, e Michelangelo Di Stefano, alto funzionario della Polizia di Stato e consulente della Commissione antimafia.
A introdurre l’interessante dibattito è stato proprio il presidente Morra che ha tra l’altro evidenziato che la politica debba tornare a essere cultura, specialmente cultura storica. Morra ha poi affermato come l’autore abbia condotto un’indagine con cognizione di causa.
Di Stefano, subentrato nel discorso, si è invece concentrato sul concetto di “memoria” e su quanto sia importante rispettarla. Ha successivamente riepilogato gli eventi precedenti e inerenti al Golpe Borghese, ponendo particolare attenzione proprio sulla figura di Junio Valerio Borghese. Infine, ha espresso apprezzamento nei confronti del saggio per essere riuscito a realizzare un’esauriente appendice e un indice originali e efficaci.
L’intervento dell’autore è stato volto ad approfondire alcuni dei temi principali del volume e a rispondere ad alcune domande poste dai suoi interlocutori e da un pubblico fortemente interessato a ricevere ulteriori chiarimenti sulla questione.
Interessanti anche perché inaspettati sono infine stati tre elementi. Il primo è stato la lettura, da parte di Morra, del famoso articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974 da Pier Paolo Pasolini: Io so. in tal senso ha ricordando il delicato e fondamentale ruolo dell’intellettuale come ricercatore delle verità anche più scomode.
Quello che potremmo stabilire come il secondo “fuoriprogramma” è stata, come al Salone di Torino, la declamazione del “Proclama agli Italiani”.
L’attrice coinvolta questa volta è stata Sonia Topazio che ha saputo anche lei immergere sapientemente l’atmosfera nel clima del 1970.
Revocare, “post mortem” la nomina di Andreotti a senatore a vita
Dirompente è stato il terzo “fuoriprogramma”: tuttavia, a pensarci bene, si è trattato più di una presa di posizione perfettamente in linea con il libro in questione.
Ci riferiamo all’articolata dichiarazione del presidente Morra tendente alla revoca della nomina a senatore a vita a Giulio Andreotti, sebbene soltanto “post mortem”, per non aver servito, come avrebbe dovuto, lo Stato italiano e per averlo invece ostacolato e messo in pericolo.
Leggiamo dalla sua nota:
«Diventa doveroso revocare la nomina di Andreotti a Senatore a vita per alti servigi prestati alla Patria». Questa è stata la conclusione del Presidente Morra al termine di un convegno sul libro “Il Golpe Borghese. Quarto Grado di Giudizio”, dello storico Fulvio Mazza (edito da Pellegrini).
«In base agli studi ed alle ricerche sul Golpe Borghese – ha affermato Morra – credo che sia opportuno valutare la possibilità giuridica di una revoca, sebbene “post mortem”, della nomina a senatore a vita di Giulio Andreotti. Questo perché dalle fonti storiche, documentali e testimoniali, emerge che in quel preciso contesto eversivo Andreotti non avrebbe affatto difeso la Costituzione, accettando di fatto la possibilità di guidare l’esecutivo nato dal tentativo insurrezionale guidato da Borghese».
Ove non si dovesse giuridicamente riuscirci, il senatore Morra ha comunque evidenziato la necessità di effettuare un gesto anche solo politico di “revoca etica” dal forte valore simbolico e democratico.
Sempre a margine del convegno si è fatto notare che, dal punto di vista normativo, l’art. 59, 2º comma della Costituzione recita che possono essere nominati senatori a vita coloro che hanno «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario».
Andreotti non aveva i titoli per tal nomina: lo si sapeva ma non si avevano le prove storiche e giudiziarie. Ma ora le abbiamo.
Oggi, con questo libro sul “Golpe Borghese”, sappiamo che non fu solo un soggetto vicino fino al 1980 ad ambienti mafiosi, ma anche un eversore “potenziale” della Repubblica. Ciò in quanto non osteggiò chi tramava contro lo Stato, realizzando, attraverso comportamenti omissivi, scelte che avvantaggiarono ambienti eversivi.
Emiliano Peguiron
(www.bottegascriptamanent.it, anno XVI, n. 178, luglio 2022)