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A. XV, n. 165, giugno 2021
Il “Borgo Addormentato”,
in un sortilegio senza tempo
di Guglielmo Colombero
Da Armando editore un’opera ricca di ataviche
suggestioni: il nuovo libro di Marco Brusati
Osserva Marco Gatto, docente universitario di Teoria della Letteratura, nella sua Prefazione al romanzo d’esordio di Marco Brusati, Il bosco dei castagni (Armando editore, pp. 352, € 17,00): «La possibilità di un mondo diverso, in cui i rapporti umani siano regolati da un conflitto che diviene dialogo, da una specificità individuale che sa farsi armonia collettiva, come in un teorico contrappunto musicale, ha qui un luogo, come nella migliore tradizione utopistica». Originario di São Paulo del Brasile e residente in Italia dal 2017, l’autore è un fisico nel ramo fusionistico dedicatosi poi alla gestione di progetti in campo aeronautico e ha già pubblicato Le piccole storie di Giulia Camilla (Kimerik, 2015), una raccolta di racconti per l’infanzia. Il vero protagonista del suo primo romanzo, parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, è il Borgo Addormentato, un paesaggio desolato fra le colline umbro-marchigiane che appare remoto e senza tempo. Sottolinea Gatto che «Brusati è abile nell’offrirci una rappresentazione quasi misterica del luogo in cui tale possibilità va a depositarsi, senza mai trascinare il lettore su un terreno di blanda curiosità esoterica. Quel che emerge dalla narrazione, al contrario, è questo sforzo tutto umano di fare comunità, di incontrarsi per dar vita a una dimensione nuova dell’esistere». Cinque destini si intrecciano intorno al Borgo Addormentato: il misantropo Carlo («Periodicamente riaffiorava in lui il desiderio di contatto, di socialità, salvo ripiegare su se stesso all’ultimo momento, come affetto da una pigrizia della volontà»), il velleitario Ezio («un sognatore, soddisfatto delle scelte fatte e delle prospettive che il futuro gli riservava»), l’indolente Michele («una dose non trascurabile di egocentrismo senile che gli suggeriva che, tirati i remi in barca, ora poteva pensare a se stesso»), l’introverso Samuele («l’aspetto faceva pensare a un uomo di poche parole, con pensieri in larga parte tenuti per sé»), il pervicace Guido («era riuscito a superare vari scossoni professionali sempre con una buona dose di ironia, fatalismo e naturale ottimismo accompagnati da una forte determinazione a superare difficoltà apparentemente insormontabili»).
Vagando alla ricerca di una dimensione autentica del vivere
La narrazione coglie il respiro invisibile della natura che attornia i cinque esploratori, per i quali addentrarsi fra le rovine del Borgo Addormentato equivale a intraprendere una vera e propria odissea interiore. Nelle pagine di Brusati l’evocazione dei fantasmi del passato traspare da un minuzioso realismo descrittivo: il vagabondare dei cinque protagonisti è distillato attimo per attimo, sia attraverso i dialoghi, sempre intrisi di spontaneità, che nei loro diversi atteggiamenti e nelle loro diverse sfumature caratteriali: «La valutazione della vita che si srotola come una passatoia dal presente al futuro dipende ovviamente dall’accanimento del fato, ma anche dallo stato d’animo di chi la formula. E da come i colori della passatoia siano alterati dal passato». Inseguiti dai ricordi delle loro delusioni e dei loro fallimenti, i cinque personaggi elaborano ciascuno a modo proprio la scoperta dei remoti indizi sulla decadenza del Borgo. Nella visita successiva del luogo comincia a prendere forma, quasi per gioco, il progetto di un’ipotetica resurrezione di quei ruderi desolati: Brusati descrive la progressiva aggregazione dei cinque utopisti con estrema finezza introspettiva, sia illustrando le le loro esperienze trascorse con numerosi flashback sia tracciando un quadro esaustivo del loro retroterra umano e culturale. Notevole la padronanza della materia che dimostra l’autore, grazie a uno stile narrativo sobrio, incisivo, quasi cronachistico, in cui il punto di vista di ognuno dei cinque viene sviscerato in tutte le sue ramificazioni. Non mancano riferimenti e citazioni alla medievalistica romanzesca (il Baphomet e i Templari de Il pendolo di Foucault di Umberto Eco), ai miti esoterici (il quadrato di Sator), alle eresie sorte nel XIII secolo (i Catari). Quando i cinque amici si appassionano con impeto visionario all’utopia restauratrice del Borgo Addormentato, il loro entusiasmo acquista la valenza di una vera e propria rinascita spirituale, che infrange di colpo le invisibili catene che impedivano qualsiasi emancipazione da una quotidianità spesso sordida e frustrante.
L’Utopia germoglia, si espande e diventa realtà
Il Borgo Addormentato assume via via connotati sempre più ipnotici e fiabeschi, in armonia con il corso naturale delle stagioni: sul versante opposto, la tecnologia ispira il processo di recupero del territorio da tempo abbandonato. Ed è proprio durante i lavori di ristrutturazione che affiora un segno della presenza dei Templari nel paese di Rota, dove sorge il Borgo: cadenze da mystery story, che l’autore con sapiente dosaggio inserisce nelle pieghe del racconto. «All’immagine condita di misticismo, storia e leggenda che Rota proiettava si erano aggiunte strane voci sull’atmosfera che vi aleggiava. Fatti vaghi, niente di assodato, strane dicerie tutte da dimostrare»: nella seconda parte del romanzo un’indagine giornalistica (che introduce i personaggi del direttore di giornale Rodolfo e del reporter Luca) segna l’intrusione del mondo esterno nella singolare comunità di Rota, dove il “borgo risorto” acquista ben presto un alone mitologico. Il pellegrinaggio di Luca, alla ricerca di uno scoop che non appare troppo scontato, trova il suo momento culminante nell’incontro con i cinque fondatori della comunità di Rota, più Liliana, moglie di Ezio. È Michele, nel ruolo di portavoce del gruppo, a raccontare a Luca la genesi di Rota: «è stata un’immagine quasi magica, era una metà pomeriggio di marzo e tra gli alberi c’era già buio, sembrava l’ingresso in un altro mondo». L’autore stimola nei lettori parecchi spunti di riflessione: il confronto fra divergenti punti di vista che evolve in sintesi armonica e in progredire comune, l’attenzione verso le tematiche ambientaliste e l’esaltazione dello spirito solidale di accoglienza su cui si incardina il concetto di integrazione, la coralità della narrazione che non emargina i personaggi di contorno anzi li rende significanti, gli spaccati di vita vissuta che imprimono alla struttura del romanzo un “realismo poetico” intessuto di slanci ideali ma nel medesimo tempo vivo, palpabile, concreto.
L’originalità di Brusati narratore risiede proprio nella sua tendenza a non omologarsi in una letteratura di genere (in questo caso il rischio era quello di restare intrappolato nello schema prevedibile della parabola ecologista) ma nel sorprendere continuamente il lettore con iperboli ricorrenti che, attraverso gli snodi estemporanei della narrazione, contribuiscono a comporre un mosaico complesso quanto affascinante, un prisma sfaccettato e intrigante di elucubrazioni filosofico-politiche, di fermenti culturali, di modelli di convivenza alternativi rispetto al conformismo di massa e alla preconcettualità delle posizioni a prescindere. Nulla è lasciato al caso nella meticolosa ragnatela dialettica che l’autore ha intessuto per fornire a chi legge abbondante materia di meditazione, e in questo senso le parole di Michele risultano emblematiche: «Se sogni, e i tuoi sogni rimpiccioliscono i tuoi ricordi sei in grado di illuminare il cammino a molti e così lo illumini anche a tuo uso e consumo».
Guglielmo Colombero
(www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 165, giugno 2021)
Letizia Lamorea, Ilenia Marrapodi, Rosita Mazzei, Maria Chiara Paone