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A. XV, n. 160, gennaio 2021
Il Golpe Borghese fra Andreotti,
Gelli, Maletti, Miceli e Vitalone
di Pierluigi Mele
In due fitte interviste su Rai News emerge
pure che il Sid osteggiò le indagini di Labruna
Per gentile concessione di Rai News, pubblichiamo un’intervista svolta da Pierluigi Mele al direttore Fulvio Mazza in occasione dell’uscita del suo nuovo libro sul Golpe Borghese (cfr. confini.blog.rainews.it/2020/12/17/il-golpe-borghese-un-colpo-di-stato-sotto-lo-sguardo-di-licio-gelli-e-giulio-andreotti-intervista-a-fulvio-mazza/).
Un’altra intervista, in questo caso in video, è stata effettuata dalla medesima testata Rai l’8 dicembre 2020; la si può vedere cliccando qui: Intervista Rai Fulvio Mazza - Golpe Borghese .
È stato uno dei più pericolosi tentativi, nella storia contemporanea italiana, di sovvertire la nostra repubblica democratica nata dalla Resistenza. Ci riferiamo al golpe Borghese, avviato in quella notte di cinquant’anni fa, l’8 dicembre del 1970. Junio Valerio Borghese, ex comandante della famigerata X flottiglia Mas (tra i più esaltati e sanguinari corpi militari fascisti), si mise alla testa di 20 mila cospiratori, reclutati tra i nostalgici di estrema destra, alte sfere militari, con l’obiettivo di instaurare un regime autoritario. Il proclama, un mix di esaltazione e retorica nazionalistica di stampo fascista, che Borghese avrebbe dovuto leggere dagli studi della Rai occupata dai golpisti è chiaro fin dalle prime righe: “Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere”. L’obiettivo del golpe, come già detto, è chiaro: instaurare un regime di destra totalitario.
Nell’opinione pubblica italiana di quei giorni non si parlò di questo tentativo di golpe, passarono, infatti, diversi mesi, grazie a Paese Sera, Per avere la notizia dell’azione dei neofascisti. Notizia che ovviamente suscitò grande impressione nel Parlamento e nel Paese. Successivamente alla scoperta incominciarono ad affiorare, nell’opinione pubblica, le prime domande sul disegno eversivo. Cinquanta dopo sappiamo molto di più, anche se alcuni passaggi restano poco chiari. Un contributo importante ci viene dal libro, appena uscito in libreria, del giornalista Fulvio Mazza: Il Golpe Borghese: Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” , Pellegrini editore. In questa intervista con Mazza approfondiamo alcuni aspetti importanti del golpe.
Dottor Mazza, il suo saggio è davvero interessante. Incominciamo con il titolo, “Quarto grado di giudizio”, che è giustamente provocatorio. Perché questo titolo?
Per due ragioni: la prima è per chiarire sin da subito che è un grado di giudizio non giudiziario ma storico, quindi arbitrario; la seconda è per far intendere che verrà ribaltata la verità scaturita dai tre gradi ufficiali.
Veniamo al golpe, in contesto nasce?
Dall’inquietudine del ceto dirigente d’allora, conservatore e spesso reazionario – formatosi prevalentemente durante il ventennio fascista – verso i movimenti sindacali, studenteschi e femministi e verso la loro concretizzazione politica a sinistra.
Quanti erano i golpisti? In quale ambiente erano stati reclutati?
Stime affidabili conducono a una cifra di circa 20.000 attivi e altrettanti pronti per essere attivati.
L’ambiente era la destra extraparlamentare del Fronte nazionale, di Avanguardia nazionale e di Ordine nuovo, gli ambienti frustrati delle Forze armate e dei nostalgici repubblichini.
Qual era l’obiettivo dei golpisti?
Bloccare l’evoluzione sociale dei movimenti e quella politica delle sinistre attraverso un governo autoritario civile-militare. Una soluzione simile a quelle che oggi chiamiamo “democrature”.
Il Sid, servizio segreto, di fronte al pericolo come si comportò?
Il Sid del generale Miceli fece finta di indagare: “fice ’a muina”. Ma né lui né il suo (in quel frangente temporaneamente) alleato, il generale Gian Adelio Maletti, riuscirono a bloccare le indagini di un altro ufficiale del Sid, il capitano Antonio Labruna, che riuscì a scoprire le trame golpiste.
Ora sappiamo che il golpe si bloccò per un contrordine di Borghese all’1.49 di quell’otto dicembre del 1970 (su questo punto ritorneremo tra poco). Nei mesi successivi furono effettuati tentativi di indagini. Ma non venne raggiunto alcun risultato. Ma, come lei scrive, appunto, il quadro cambiò con le indagini di un capitano dei carabinieri, Antonio Labruna, in servizio presso il Sid. Cosa aveva scoperto La Bruna?
Labruna si infiltrò fra gli ex golpisti e riuscì a registrare di nascosto i racconti di diversi cospiratori che dettagliarono per filo e per segno l’intero golpe.
Le prove raccolte da Labruna sono confluite nel, così lo chiama lei, il “Malloppo Originario”. “Malloppo” che venne fatto oggetto di una operazione di gravi tagli ad opera di Maletti e Andreotti. Al riguardo lei parla di una “Dottrina Maletti”. Può spiegare cos’è?
La “Dottrina Maletti” è stata delineata dal presidente della Commissione Stragi, Giovanni Pellegrino, e poi avallata dal generale Maletti. La denominazione, immodestamente, è mia. Tale “Dottrina” spiega/confessa che diversi golpisti furono coperti dai Servizi in generale e dal Sid in particolare, non tanto perché si condividevano finalità e mezzi di tali estremisti, quanto perché non si voleva far sapere all’opinione pubblica che tali golpisti erano collaboratori dei Servizi stessi.
Veniamo al ruolo di Gelli e Andreotti. C’era sintonia tra i due?
Oggettivamente sì. Entrambi volevano mantenere lo status quo sociale utilizzando anche mezzi politici non commendevoli.
Siamo nel periodo della strategia della tensione (o della strategia della paura). Il nemico da battere (o da annientare, distruggere) era il comunismo. In questo un ruolo determinante, ovviamente, lo giocheranno gli Usa. Qual è la partita giocata dall’amministrazione Nixon? Fa impressione vedere il governo degli Usa trattare con un ex repubblichino…
Sì, gli Usa non avevano scrupoli né a trattare con il repubblichino Borghese né con Adriano Monti, che aveva militato, come volontario, nelle SS tedesche.
Gli Usa, inizialmente scettici, decisero di appoggiare il golpe a condizione che il capo del governo fosse stato Andreotti e che si fossero tenute elezioni semilibere: democratiche ma senza liste comuniste.
Chi trattò con la ’ndrangheta e mafia siciliana?
Con la ’ndrangheta lo stesso Borghese. Con la mafia, invece, Salvatore Drago, che era un dirigente del Ministero dell’Interno.
Torniamo al “contrordine” di Borghese. Qual è l’ipotesi più accreditata sul misterioso autore della telefonata?
Alcune fonti conducono verso Licio Gelli, altre verso Giulio Andreotti. In ogni caso, va evidenziato che avevano linee politiche similari e potrebbe anche essere che abbiano agito congiuntamente.
Alla luce di quanto abbiamo detto, le chiedo: se fosse andato, malauguratamente, a buon fine gli altri paesi occidentali avrebbero accettato un Italia neofascista?
Temo di sì: così come avvenne in Grecia e, per diversi aspetti convergenti, poco dopo in Cile.
Pierluigi Mele
Sullo stesso argomento cfr. www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=257
(www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 160, gennaio 2021)